cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 20 ottobre 2015, n. 21209

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21093/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2245/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 16/05/2013, depositata il 04/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E RAGIONI DELLA DECISIONE

 

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’avv. (OMISSIS) otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di (OMISSIS), ex articolo 68 legge professionale, per il pagamento degli onorati a lui dovuti per l’attivita’ professionale prestata in favore del suo cliente (OMISSIS) in una causa con l’ (OMISSIS) definita con transazione stragiudiziale (alla quale l’avvocato non aveva partecipato) cui aveva fatto seguito una pronuncia di cessazione della materia del contendere.

L’ (OMISSIS) si opponeva al decreto chiamando in causa il (OMISSIS) ai fini di esercitare il regresso nei suoi confronti.

Il Tribunale di Sorrento rigettava sia la opposizione a decreto ingiuntivo che la domanda di regresso dell’ (OMISSIS).

La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 2245 del 4.6.2013 qui impugnata, accoglieva in parte l’appello del (OMISSIS) sulle spese, ed accoglieva l’appello incidentale della (OMISSIS), condannando il (OMISSIS) a rivalere l’ (OMISSIS) di quanto da questa versato al (OMISSIS).

Avverso la decisione della Corte d’Appello di Napoli ha proposto tempestivo ricorso per cassazione (OMISSIS), formulando sei morivi.

Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensive.

Il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

Con il primo motivo, il (OMISSIS) assume la violazione e falsa applicazione dell’articolo 269 c.p.c., articolo 2969 c.c., e articolo 24 Cost., per non aver la corte d’appello rilevato l’irritualita’ della sua chiamata in giudizio in primo grado.

Il ricorrente propone i motivi successivi in via subordinata rispetto al primo, deducendo con il secondo motivo la violazione sempre dell’articolo 269, e inoltre degli articoli 645, 167, 165 e 106 c.p.c., e articolo 24 Cost..

Con il terzo, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 68 legge professionale e dell’articolo 1299 c.c..

Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta sempre la violazione dell’articolo 1299 c.c., ed anche dell’articolo 2697 c.c., articoli 112, 113, 114, 115 e 184 c.p.c., e articolo 24 Cost., in relazione all’articolo 360, nn. 3 e 5.

Infine, con i motivi quinto e sesto, lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92, e con il quinto anche degli articoli 101 e 345 c.p.c..

Preliminarmente, va detto che il ricorrente, per tutti e sei i motivi, prospetta la sussistenza sia della violazione e falsa applicazione di legge, sia del vizio di motivazione. Tuttavia, i rilievi relativi al dedotto vizio di motivazione appaiono complessivamente inammissibili in quanto non e’ mai neppure prospettato da quale, delle varie ed alternative ipotesi di vizio di motivazione sarebbe affetta la sentenza impugnata ne’ i motivi di ricorso-sono idoneamente sviluppati sotto questo profilo.

Il primo e il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi ed appaiono infondati avendo la corte d’appello rilevato la formazione del giudicato sulla questione della irregolarita’ della chiamata in causa del (OMISSIS), non avendo questi proposto appello incidentale sul punto. Di fronte al giudicato, si arresta anche il potere del giudice di rilevare d’ufficio la questione.

Con il terzo motivo, il (OMISSIS) ripropone la questione per cui la domanda del proprio avvocato di farsi pagare l’onorario professionale dalla (OMISSIS) sarebbe stata improponibile in quanto, essendo stata la causa definita con una decisione di cessazione della materia del contendere, e non per l’inattivita’ delle parti, si farebbe fuori dall’ambito di applicazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, articolo 68, (legge professionale forense).

Il motivo e’ infondato.

Il precedente di questa Corte citato dal ricorrente, ovvero l’ordinanza n. 14193 del 2010, non massimata, puntualizza che:

– l’articolo 68 della legge professionale forense, stabilendo che tutte le parti che hanno transatto sono solidalmente obbligate al pagamento degli onorari e al rimborso delle spese in favore degli avvocati che hanno partecipato al giudizio definito con quella transazione, si riferisce ad ogni accordo mediante il quale le parti facciano cessare, senza la pronuncia del giudice, una lite gia’ cominciata;

– che, affinche’ possa sussistere l’obbligazione solidale prevista dalla citata norma e il difensore possa richiedere il pagamento degli onorari ed il rimborso delle spese nei confronti della parte avversa al proprio cliente, e’ necessaria la definizione del giudizio con una transazione (o con un accordo equivalente) che sottragga al giudice la definizione del giudizio e la pronuncia in ordine alle spese (Cass., Sez. 2 , 13 settembre 2004, n. 18343, in motivazione);

– che la norma citata non e’ applicabile allorquando la causa sia stata definita direttamente dal giudice con una sentenza che, oltre a disporre la cessazione della materia del contendere a seguito della sopravvenuta transazione, abbia pronunciato sulle spese.

Cio’ che rileva quindi, ai fini ostativi all’applicabilita’ dell’articolo 68 legge professionale, non e’ se la definizione della causa sia avvenuta con una pronuncia, che non tocca il merito della controversia, intervenuta per abbandono piuttosto che per cessazione della materia del contendere, ma che la decisione contenga una statuizione del giudice in ordine alla liquidazione delle spese. Difatti, in tal caso, manca il presupposto stesso per l’applicazione del citato articolo 68, il quale implica l’esistenza di un accordo diretto, appunto, a sottrarre al giudice anche la pronuncia sulle spese.

Il ricorrente, pero’ non prospetta neppure che la decisione di cessazione della materia del contendere contenesse anche la pronuncia alle spese.

Con il quarto motivo, il (OMISSIS) deduce di aver pagato all’avv. (OMISSIS) quanto a questi dovuto per l’attivita’ professionale svolta, e di averne offerto la prova,sia in primo grado che in appello, con la comparsa conclusionale.

Dalla stessa formulazione del motivo si evince che non esisteva un motivo di appello sulla omessa ammissione delle prove in primo grado, e che la reiterazione della richiesta in comparsa conclusionale d’appello fosse tardiva.

Con il quinto motivo critica la sentenza impugnata laddove lo ha condannato al pagamento delle spese di lite, in solido con l’ (OMISSIS), in favore dell’avv. (OMISSIS).

Il motivo e’ infondato, la condanna alle spese del (OMISSIS) in favore del (OMISSIS) non e’ che il portato dell’accoglimento, anche sotto il profilo delle spese processuali, dell’azione di regresso proposta nei suoi confronti dalla (OMISSIS), sua controparte nella transazione, condannata a pagare in virtu’ dell’articolo 68 legge professionale per le prestazioni erogate dal (OMISSIS) in favore del solo (OMISSIS).

Infine, si appalesa infondato anche il sesto ed ultimo motivo, con il quale il (OMISSIS) contesta che non siano state compensate le spese legali nei confronti del (OMISSIS), e che non siano state compensate le spese legali tra lui e la (OMISSIS). Tuttavia, la sentenza appare aver correttamente in entrambi i casi applicato il principio della soccombenza.

La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente”.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, preso atto che non sono state depositate memorie, ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva.

Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18; deve darsi atto pertanto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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