Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 20 ottobre 2015, n. 21249

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9967/2009 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) C/O STUDIO (OMISSIS)- (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonche’ da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) C/O STUDIO (OMISSIS)- (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 238/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 21/04/2008 R.G. N. 639/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/07/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Il sig. (OMISSIS) evocava in giudizio innanzi al Tribunale di Torino la (OMISSIS) S.p.A. esponendo di essere stato formalmente assunto dalla convenuta il 1.3.1992, ma di aver di fatto lavorato fin dal 1.6.1984 alle dipendenze della stessa, presso (e sue consociate estere, di aver sempre prestato la propria attivita’ lavorativa all’estero (dal 1.3.1992 prima in Belgio, poi in Turchia, poi in Brasile, poi nuovamente in Turchia, ed infine in Cina), di essere rientrato dalla Cina il 18.6.2004 e che il rapporto di lavoro si era risolto per mutuo consenso il 31.8.2004; di non aver percepito il T.F.R. nel giusto importo (in funzione della maggiore anzianita’ rivendicata e della retribuzione effettivamente percepita, comprensiva di trattamento estero, benefit auto, benefit alloggio, premi in denaro e rimborso delle tasse pagate in Cina) e di non aver percepito nella giusta misura l’indennita’ di prima sistemazione ex articolo 14 CCNL Dirigenti di Aziende Industriali (sulla base della retribuzione globale effettivamente percepita). Pertanto, affermava di aver diritto alla complessiva somma di euro 702.177,42 e chiedeva la condanna della societa’ convenuta al pagamento della stessa.

Il Tribunale, con sentenza 24.5.2006, ha riconosciuto il diritto all’inclusione nella base di calcolo del t.f.r. del trattamento estero, del rimborso tasse cinese e benefit auto in Cina, in ragione della natura retribuiva degli emolumenti, ed ha invece negato il diritto del lavoratore ad ottenere il ricalcolo del T.F.R. sulla base della maggiore anzianita’ dedotta, della corresponsione dell’indennita’ di prima sistemazione, del benefit alloggio e auto per i periodi lavorati in Turchia e Brasile.

Ha quindi ritenuto l’imputabilita’ al T.F.R. complessivamente dovuto dalla (OMISSIS) delle somme erogate al lavoratore al termine del periodo di distacco in Brasile dal Fundo de Garantia do Tempo de Servicio sulla base delle norme di diritto brasiliano.

La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 21.4.2008, ha riformato la sentenza di primo grado proprio su tale ultimo punto, negando l’imputazione in quanto il trattamento del Fundo trova fondamento e causa nella cessazione di un rapporto di lavoro intercorso con societa’ brasiliana, e risponde a disciplina dettata con carattere pubblicistico dal diritto brasiliano.

La Corte ha quindi condannato la (OMISSIS) a pagare al lavoratore la somma di euro 98.103,51.

Avverso tale sentenza ricorre il datore di lavoro con un motivo, cui resiste con controricorso il lavoratore che ha presentato ricorso incidentale per sette motivi. Le parti hanno presentato memorie ex articolo 378 c.p.c..

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Con unico motivo di ricorso il datore di lavoro deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 5, vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla non imputabilita’ alla (OMISSIS) italiana ma solo alla consociata estera distaccataria (OMISSIS) s.a., dei trattamento di diritto brasiliano denominato Fundo de garantia do tempo de servicio, per avere la corte affermato contraddittoriamente che il lavoratore era dipendente della societa’ italiana e solo distaccato all’estero e nel contempo escluso che il trattamento di fine rapporto percepito dai lavoratore in Brasile potesse essere compensato con quanto dovuto dal datore di lavoro italiano.

La (OMISSIS) in sostanza lamenta una indebita duplicazione della corresponsione del tfr e delle somme erogate dal Fundo: a fronte di un rapporto lavorativo unico, le somme retributive percepite in Brasile hanno prima costituito base di calcolo per accantonamenti effettuati presso il Fundo dalla (OMISSIS) brasiliana e successivamente per gli accantonamenti effettuati in Italia dalla (OMISSIS) italiana.

Il motivo e’ infondato.

In realta’, il lavoratore si avvale di benefici derivanti da due istituti – simili ma non identici – previsti da due ordinamenti distinti.

La corte territoriale ha rilevato che il FGTS e’ istituto di diritto brasiliano di diritto pubblico che, sulla base della contribuzione obbligatoria dei datori, eroga ai lavoratore una somma vincolata alla cessazione del rapporto e che le relative prestazioni vanno distinte da quelle proprie del TFR. Il rilievo e’ pertinente, atteso che la prestazione corrisposta dal Fundo ed il TFR disciplinato dalle norme italiane sono istituti diversi, con aliquote contributive diverse e con importi di ammontare differente, e sono regolati da ordinamenti diversi e quindi disciplinati da fonti normative distinte e congiuntamente applicabili, sulla base del criterio territoriale (Cass. 16244/2012).

Con riferimento alla contribuzione, la situazione puo’ essere paragonata a quella relativa alla doppia imposizione di imposte in ordinamenti diversi, situazione che puo’ essere esclusa solo da specifica pattuizione (convenzione contro (a doppia imposizione) che elide l’effetto che deriva dall’applicazione separata e cumulativa delle norme di ordinamenti eterogenei.

Analogo discorso vale nei caso di specie, ove non solo manca ogni riferimento ad eventuale convenzione internazionale in materia, ma manca anche qualsiasi pattuizione individuale volta a regolamentare la fattispecie. Per altro verso, nessun elemento puo’ evincersi a sostegno della pretesa della ricorrente, che non ha prodotto nemmeno la disciplina de Fundo ne’ ha indicato eventuali norme stranieri pertinenti, dalle regole di funzionamento del Fundo o dal diritto brasiliano (non e’ in atti neanche la legge brasiliana 5107/66, che si afferma sub doc. 17, e che neanche sarebbe conoscibile d’ufficio, dato che di essa non deve farsi “applicazione” diretta).

Con riferimento all’emolumento corrisposto al lavoratore, questo non e’ stato pagato dalla societa’ estera dei gruppo (OMISSIS), ma da un soggetto pubblico qual e’ il Fundo, del tutto estraneo alla compagine societaria della ricorrente.

Non si vede come la (OMISSIS) possa invocare una compensazione del proprio debito verso il lavoratore con quanto a quest’ultimo e’ stato erogato da un terzo in forza di un titolo specifico di natura pubblicistica correlato al rapporto di lavoro con la societa’ brasiliana.

Ne’ il pagamento da soggetto diverso puo’ riguardarsi come adempimento parziale del terzo (la consociata brasiliana) di obbligo altrui (relativo al pagamento del TFR), trattandosi come detto di istituto straniero avente carattere pubblicistico sulla base del quale, sulla base dei contributi versati dalla consociata estera, un soggetto pubblico eroga un trattamento di fine rapporto a lavoratore che ha svolto per dato periodo servizio all’estero, a prescindere dal titolo di tale servizio.

La circostanza evidenziata dalla ricorrente secondo cui mai un rapporto di lavoro e’ sorto (o cessato) con societa’ brasiliana, trattandosi di distacco, non fa che avvalorare la soluzione indicata: in proposito, (a ricorrente sostiene addirittura che l’assenza di tale rapporto impedirebbe la nascita del diritto a percepire l’emolumento previsto dal Fundo.

Cio’ pero’, con l’ipotizzare un carattere indebito delle prestazioni del trattamento estero e quindi la sua ripetibilita’, non fa che accrescere i dubbi sopra evidenziati circa la rilevanza del pagamento del trattamento e la sua scomputabilita’ dal trattamento italiano.

In conclusione, il lavoratore beneficia legittimamente di due istituti giuridici, diversamente regolati, previsti da diversi ordinamenti (e proprio per cio’ concorrenti, congiuntamente applicabili, in assenza di disposizioni diverse).

Il ricorso principale deve essere dunque rigettato.

Il ricorso incidentale e’ del pari infondato. Con il primo motivo si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione degli articoli 2099 e 2120 c.c., per aver affermato la natura di rimborso spese dell’indennita’ per alloggi assegnati all’estero al lavoratore, trascurando che la retribuzione puo’ essere anche in natura e che comunque indennita’ ha natura retribuiva in quanto in rapporto di corrispettivita’ con la prestazione. Con il secondo motivo si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione del Regio Decreto n. 12 del 1941, articolo 65, per le ragioni di cui al motivo che precede, in ragione della giurisprudenza di legittimita’ affermativa della natura retributiva del benefit alloggio.

Con il terzo motivo si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c., nell’interpretazione della clausola contrattuale che prevede l’erogazione del contributo alloggio “in considerazione della particolare condizione di espatriato del lavoratore e a copertura dei maggiori oneri derivanti dal suo insediamento”.

Con il quarto motivo si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato rispetto alla domanda del lavoratore, che riguardava il ricalcolo ex articolo 14 ccnl dell’indennita’ cambio residenza e prima sistemazione e non la corresponsione di una diversa prestazione.

Con il quinto motivo si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., per aver omesso di pronunciare sulla domanda di ricalcolo dell’indennita’ cambio di residenza sulla base della retribuzione effettivamente percepita e non su quella convenzionale di riferimento.

Con il sesto motivo si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c., nell’interpretazione della clausola contrattuale che prevede il riconoscimento del concorso spese di cambiamento di residenza comprensivo dell’indennita’ una tantum ex articolo 14 ccnl, per aver trascurato che il richiamo si estende alle modalita’ di determinazione dell’indennita’ previste dall’articolo 14.

Con il settimo motivo si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c., nell’interpretazione della clausola contrattuale che prevede la corresponsione dell’indennita’ in correlazione quale unico presupposto con l’insediamento del lavoratore all’estero.

I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, atteso che con essi la parte censura la sentenza impugnata essenzialmente per aver escluso l’incidenza sul t.f.r. del contributo alloggio, ritenendo che detto emolumento non abbia natura retributiva: i motivi sono infondati.

Giova premettere – come in piu’ occasioni affermato da questa Corte – che il trattamento economico aggiuntivo (cosiddetta indennita’ estero) corrisposto al lavoratore che alle dipendenze di datore di lavoro italiano presti la sua opera all’estero puo’ – in base alle particolari pattuizioni che lo prevedono ed alla stregua delle circostanze del caso concreto – avere sia natura riparatoria, assolvendo la funzione risarcitoria delle maggiori spese connesse alla prestazione lavorativa all’estero, sia natura retributiva, assolvendo la funzione compensativa del disagio ovvero della professionalita’ propria di detta prestazione lavorativa sia, infine, natura composita (o mista) (Cass. sez. lav., 3.11.2000 n. 14388).

Alla stregua di quanto sopra deve ritenersi che la corresponsione di una determinata somma con continuita’, quale rimborso di spese necessarie incontrate dal lavoratore per svolgere la propria attivita’ e quindi, sia pur indirettamente, per adempiere agli obblighi della prestazione lavorativa contrattuale, costituisce in genere elemento sufficiente a far ritenere il carattere retributivo di siffatta erogazione, in quanto corrispettivamente collegato con la prestazione lavorativa, svolgendo siffatta erogazione una funzione di salvaguardia della retribuzione, e cioe’ di adeguamento di questa alle maggiori spese in considerazioni delle condizioni ambientali in cui il lavoratore, dislocato all’estero, presta fa sua attivita’. Per contro, il rimborso spese ha natura riparatoria e costituisce una reintegrazione a una diminuzione patrimoniale, conseguente ad una spesa che il lavoratore sopporta nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, tenuto percio’ a riparare la lesione subita, ed e’ normalmente collegato ad una modalita’ della prestazione lavorativa, richiesta per esigenze straordinarie, che trova fondamento in una causa autonoma rispetto a quella della retribuzione: le erogazioni effettuate dal datore di lavoro hanno la natura di rimborso di spesa precisamente quando, non rivestendo i suddetti caratteri della continuita’ e determinatezza (o determinabilita’), consistono nella reintegrazione di somme effettivamente spese dal dipendente medesimo nell’interesse dell’imprenditore e non attinenti, percio’, all’adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli e’ contrattualmente tenuto (Cass. sez. lav., 25.2.1987 n. 2015).

Nel caso, la corte territoriale ha evidenziato che l’elemento in discorso e’ corrisposto in misura non predeterminata, fissa e continuativa, ma in modo variabile ed in relazione alle spese sostenute dai dipendente: conseguentemente, la corte territoriale ha ritenuto la natura di rimborso spese, come tale escluso dalla base di calcolo del TFR per espressa previsione.

La valutazione e’ corretta, atteso che nella specie non si trattava di erogazione determinata in misura fissa e predeterminata (cfr. Cass. n. 4341/2005) ma di un rimborso spese quantitativamente determinato sulla scorta dei giustificativi documentali dei costi effettivamente sostenuti: ed il lavoratore non ha provato il contrario (Cass. 22546, 6332 e 3038 del 2014).

Per altro verso, le sentenze richiamate dai controricorrente – che hanno affermato la natura retribuiva del beneficio alloggio – riguardano fattispecie diverse, nelle quali si prevedeva la concessione gratuita in uso al dipendente di alloggio di proprieta’ del datore o l’erogazione di un contributo alloggio senza necessita’ di documentazione della spese sostenuta.

E’ peraltro consolidato il principio secondo il quale l’accertamento circa il carattere risarcitorio, retributivo o misto di detta indennita’ e’ riservato al giudice del merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ solo sotto il profilo della violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti o per vizi di motivazione (tra le tante, Sez. L, Sentenza n. 6563 del 18/03/2009).

Nel caso, la sentenza non e’ stata impugnata per vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, ma solo per violazione di legge e di contratto collettivo, che non sussiste per le ragioni dette.

I motivi seguenti dai quarto ai settimo possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, essendo essi attinenti al ricalcolo dell’indennita’ di cambio di residenza e prima sistemazione: anche tali motivi sono infondati.

La corte territoriale – pronunciando su tutta la domanda, come dalla stessa correttamente qualificata, ed esaminandola compiutamente nei suoi diversi aspetti – ha sottolineato il carattere proprio del distacco quale temporanea assegnazione del dipendente a svolgere le mansioni presso un terzo per un periodo limitato e ha evidenziato la previsione di specifica indennita’ con le quali le parti hanno affermato che fa stessa ricomprende anche l’indennita’ ex articolo 14, prevenendo in tal modo richieste a quel titolo.

Dai documenti in atti si desume il regime del distacco ed il connesso carattere della temporaneita’ dell’assegnazione all’estero, sicche’ la previsione dell’eventualita’ della protrazione della missione all’estero era inidonea a spezzare il legame del dipendente con la sede di provenienza. In tale contesto, fa sentenza e’ in linea con gli insegnamenti di questa Corte, secondo i quali (Sez. L, Sentenza n. 18479 dei 01/09/2014), nei caso di assegnazione dei lavoratore all’estero, non osta alla temporaneita’ della trasferta il protrarsi “dello spostamento del lavoratore per un lungo periodo di tempo (nella specie, per alcuni anni), poiche’ l’elemento qualificante della trasferta e’ dato dal permanere di un legame funzionale dei prestatore di lavoro con l’originaria sede di servizio, mentre, nel trasferimento, in ragione della definitivita’ della nuova collocazione aziendale, tale legame viene meno. Ne’ e’ decisivo che la destinazione all’estero derivi da una perdurante esigenza aziendale di coprire una determinata posizione lavorativa, in quanto detta necessita’ puo’ essere soddisfatta sia con reiterate assegnazioni in trasferta di uno stesso o di altro dipendente sia con l’assegnazione fissa di un unico lavoratore.

Resta fermo, peraltro, che l’accertamento delle condizioni temporali della prestazione e’ compito del giudice di merito, incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato (Sez. L, Sentenza n. 14470 del 19/11/2001). Nello stesso senso, si e’ affermato (Sez. L, Sentenza n. 18479 del 01/09/2014) che la qualificazione dell’assegnazione di un lavoratore ad una sede estera in termini di trasferta o trasferimento, ai pari di quella relativa alla natura retributiva, risarcitoria o mista dei trattamenti economici aggiuntivi attribuiti, e’ riservata al giudice di merito, la cui valutazione costituisce giudizio di fatto che, se congruamente motivato, non e’ censurabile dai giudice di legittimita’.

Corretta e’ dunque i’affermazione dei giudici di merito secondo i quali il richiamo alla norma dell’articolo 14 ccnl non equivaleva affatto al riconoscimento dell’indennita’ dalla stessa prevista, ma valesse unicamente a evitare che il dipendente potesse avanzare pretese a quei titolo in caso di protrazione dei distacco oltre la durata contrattualmente prevista in via presuntiva, essendo gia’ adeguatamente compensato il lavoratore per altro verso (con indennita’ di concorso alle spese di cambio residenza, quale trattamento economico avente propria disciplina solo nelle lettere-contratto).

La novita’ delle questioni esaminate e la soccombenza reciproca da ragione della compensazione integrale delle spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi e compensa le spese.

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