cimitero bari

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 18 febbraio 2014, n. 3839

Ritenuto

che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione; che la relazione ha il seguente contenuto:
«1. Il Giudice di Pace accolse la domanda di risarcimento proposta da N.M. nei confronti del Comune di Bari per i danni personali subiti in esito ad una caduta nel cimitero comunale e condannò il Comune al pagamento di euro 2.024, 55.
Il Tribunale, accogliendo l’appello incidentale tempestivo del Comune – dopo aver dichiarato inammissibile l’appello principale del danneggiato – rigettò la domanda (sentenza del 22 maggio 2012).
2. Avverso la suddetta sentenza, M. propone ricorso per cassazione con due motivi.
Il Comune di Bari, ritualmente intimato, non svolge difese.
E’ applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69.

Proposta di decisione

1. Ai fini che ancora rilevano, la Corte di merito, riformando totalmente la decisione del primo giudice, ha rigettato la domanda, ritenendo la responsabilità del custode esclusa dal caso fortuito, costituito dalla condotta disattenta del danneggiato, valutata idonea ad interrompere il nesso causale tra la cosa e l’evento. In particolare, sulla base delle foto in atti, ha ritenuto che la tubazione idrica, che fuoriusciva dalla sede stradale, determinante la caduta secondo il giudice di pace, fosse costituita da un rubinetto per attingere acqua, «collegato a un tubo a gomito attaccato al cordolo di un’aiuola, sporgente all’altezza di una ventina di centimetri da terra e perfettamente visibile» alle 10 di mattina. Individuato l’ostacolo e la sua posizione – non sulla sede stradale, ma al margine, attaccato al cordolo dell’aiuola, ha messo in evidenza che lo stesso attore aveva ammesso di camminare rasente il cordolo, dove la presenza di fiori poggiati aveva impedito di vedere l’ostacolo e che la circostanza era stata confermata dall’unico teste.
2. A fronte di tale motivazione, esente da vizi logico-giuridici, anche rispetto alla ricostruzione della responsabilità da cosa in custodia elaborata dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, il ricorrente denuncia, con due motivi strettamente connessi, che nella parte esplicativa spesso si sovrappongono, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ. e dell’art. 2697 cod. proc. civ., unitamente a vizi motivazionali.
2.1. I motivi sono privi di pregio.
Da un lato, estrapolando dal contesto motivazionale della sentenza impugnata alcune espressioni quali «anche a voler ammettere che si verta in ipotesi rientrante nel paradigma dell’art. 2051 cod. civ.» e l’utilizzo del termine «insidia o trabocchetto», censura la sentenza impugnata come se avesse deciso la domanda sulla base della risalente giurisprudenza, che inquadrava la responsabilità della pubblica amministrazione nell’orbita di applicazione dell’art. 2043 cod. civ. e limitava la responsabilità all’ipotesi di insidia o trabocchetto.
Il tutto, all’interno in una lunga parte esplicativa caratterizzata da duplicazioni ed elencazioni di massime delle decisioni di legittimità.
Dall’altro, non censura la ricostruzione dell’ostacolo (rubinetto per attingere acqua, «collegato a un tubo a gomito attaccato al cordolo di un’aiuola, sporgente all’altezza di una ventina di centimetri da terra e perfettamente visibile, in vicinanza del quale era passato il M., calpestando i fiori che lo nascondevano) come effettuata dal giudice del Tribunale sulla base delle foto, e determinante per desumerne la mancata diligenza di chi vi passava vicino, e continua ad argomentare nel senso di una tubazione idrica, coperta da fiori abbandonati da terzi, che fuoriusciva nella sede stradale come fonte di pericolo oggettivo insito nella cosa oggetto di custodia, rispetto alla quale il Comune, onerato in quanto custode, non avrebbe provato l’accidentalità dell’accaduto.
In conclusione, le censure vanno rigettate.»;
che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite;

Considerato

che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione;
che le parti non hanno mosso rilievi;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che, non avendo il Comune intimato svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

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