Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 13 ottobre 2014, n. 21596

Il Tribunale di Trieste, con sentenza in data 6/8/2010, dichiarava la separazione giudiziale tra) B.A. e C.C., con addebito al marito.
La Corte di Appello di Trieste, con sentenza in data 4/8/2011, confermava la sentenza di primo grado.
Ricorre per cassazione il marito.
Resiste con controricorso la moglie.
Il ricorrente deposita memoria difensiva, che nulla in sostanza aggiunge alle argomentazioni del ricorso.
Appare infondata l’eccezione di inammissibilità del gravame per nullità della procura speciale. Questa è inserita in calce al ricorso con l’indicazione specifica della sentenza impugnata ( data di deposito, pubblicazione, numero d’ordine e data di notifica ); non rilevado tal senso che non vi sia indicazione dell’organo giudiziario che ha emesso la sentenza, pacificamente risultante dal ricorso. Quanto ai motivi del ricorso, no si ravvisano violazioni di legge. Il giudice a quo valuta le argomentazioni del primo giudice e risponde adeguatamente alle censure formulate in atto di appello; dopo aver riportato vari passi della sentenza impugnata , sostiene che non vi sono ragioni per dubitare dell’attendibilità dei testi che si sono riferiti alla relazione extramatrimoniale del marito, iniziata nel 2003, poi cessata e ripresa in prossimità della separazione. Al contrario la relazione della moglie appare ” relativamente giustificata “, alla luce di quella più duratura, ostinata e risalente del marito, essendo iniziata quando ormai si era deteriorato il rapporto coniugale ( al riguardo, giurisprudenza consolidata di questa Corte: tra le altre, Cass. N. 27730/2013).
Del resto non era stata neppure allegata dal marito la circostanza di una situazione di crisi tra i coniugi anteriore alla sua relazione, che – secondo la pronuncia impugnata – provocò una c isi tra i coniugi di cui la successiva relazione della moglie appunto costitutiva una diretta conseguenza.
Va pertanto rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in €. 4.000,00 per compensi, €. 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

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