L’errore di qualificazione sulla “causa petendi” e sul “petitum”, viene a tradursi in un vizio di nullità afferente l’attività processuale del Giudice d’appello il quale ha definito il giudizio senza risolvere la controversia -come individuata dalla domanda- relativa a “vendita di bene mobile di consumo”, stipulata tra acquirente-consumatore e professionista-venditore, omettendo di pronunciare sulla stessa, laddove ha rigettato una domanda (azione di garanzia per vizi della cosa ex art. 1490 c.c.) che non era stata, invece, proposta.
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 4 settembre 2017, n. 20744
Fatto e diritto
Premesso:
– In riforma della decisione di prime cure la Corte d’appello di Palermo in data 17.12.2015 n. 1862 rigettava la domanda proposta da C.G. nei confronti di CAI Commercio Auto Iblea s.r.l. e volta a far valere la garanzia per vizi relativa ai difetti riscontrati sul tettuccio dell’autovettura oggetto di compravendita;
– Il Giudice di appello accoglieva la impugnazione della società ritenendo che erroneamente il Tribunale aveva condannato la venditrice alla sostituzione della vetture ex art. 1512 c.c. in quanto la domanda attorea doveva inquadrarsi nella fattispecie di cui all’art. 1490 c.c. con conseguente alternativa rimessa al contraente danneggiato tra la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo: non avendo la C. formulato alcuna delle indicate domande, rimaneva soccombente anche in punto di risarcimento danni non avendo indicato il Tribunale i criteri di liquidazione.
– La sentenza è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla C. che ha dedotto un unico motivo relativo a violazione dell’art. 112 e 113 c.p.c. nonché dell’art. 130 Codice del consumo.
– CAI s.r.l. cui il ricorso è stato notificato in data 27.1.2016 non ha svolto difese.
Ritenuto:
– il motivo è fondato.
La Corte territoriale è incorsa nella palese violazione della norma che impone al Giudice di decidere su tutta -e non oltre- la domanda che si articola nelle due componenti strutturali della causa petendi e del petitum.
Nella specie la ricorrente aveva allegato con l’atto di citazione proposto in primo grado che il veicolo acquistato da CAI s.r.l. presentava vizi consistenti in fessurazioni del tettuccio dalle quali si infiltrava l’acqua piovana (causa petendi) ed aveva quindi chiesto “la condanna della convenuta alla sostituzione della vettura ed il risarcimento dei danni per mancato utilizzo della stessa in via equitativa”.
Sulla scorta di tali elementi la Corte territoriale, ritenuta correttamente radicata la competenza territoriale in base al “foro del consumatore”, ai sensi degli artt. 33co2 lett. U), 34co5 e 36co1 Dlgs 6.9.2055 n. 206, ha inteso qualificare la domanda come garanzia per vizi della cosa venduta, ritenendo applicabile la disciplina normativa del codice civile (artt. 1490-1495 c.c.) in luogo di quella, più favorevole al consumatore, prevista dal Dlgs 6 settembre 2005 n. 206, nel testo vigente “ratione temporis”.
Orbene dalla domanda emergeva che: 1-oggetto della compravendita era un bene di consumo secondo la definizione propria data dall’art. 128 comma 2 del Dlgs 6 settembre 2005 n. 206; 2-che il fatto allegato a fondamento della domanda integrava un vizio originario che lo rendeva non conforme alle specifiche del contratto di vendita in difetto della coesistenza delle circostanze indicate nell’art. 129, comma 2, lett. a-d) del medesimo decreto legislativo; 3-che l’attrice aveva espressamente richiesto la condanna della società convenuta alla sostituzione del veicolo oltre che al risarcimento dei danni per dimidiato utilizzo del bene, domanda -la prima- espressamente contemplata dall’art. 130, commi 2 e 3, del Dlgs n. 206/2005.
Nella specie la diversa qualificazione giuridica della domanda, ai fini della applicazione della disciplina di cui agli artt. 1490 ss. c.c., operata dal Giudice di appello appare del tutto errata in considerazione del rapporto di specialità che intercorre tra la disciplina generale del tipo contrattuale della vendita di cosa mobile, contenuta nel codice civile, e le norme speciali, contenute invece nel Codice del consumo, che attribuiscono al consumatore diritti inderogabili (art. 134 comma 1; art. 143 comma 1 Dlgs n. 206/2005) e sono “integra bili” da altre discipline normative solo se più favorevoli al consumatore ovvero se regolano aspetti del contratto di vendita che non ricevono diretta normazione nel Codice del consumo (art. 135).
Incontroverso il contenuto dell’atto introduttivo (non venendo pertanto in questione un vizio inerente la interpretazione della volontà espressa dalla parte, ridondante nel vizio di motivazione: Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 2630 del 05/02/2014), l’errore di qualificazione sulla “causa petendi” e sul “petitum”, viene a tradursi in un vizio di nullità afferente l’attività processuale del Giudice d’appello il quale ha definito il giudizio senza risolvere la controversia -come individuata dalla domanda- relativa a “vendita di bene mobile di consumo”, stipulata tra acquirente-consumatore e professionista-venditore, omettendo di pronunciare sulla stessa, laddove ha rigettato una domanda (azione di garanzia per vizi della cosa ex art. 1490 c.c.) che non era stata, invece, proposta.
In conclusione il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata in parte qua e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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