La giurisdizione penale, in relazione alla “frode” può attivarsi prima che sia disposta da parte degli organi fallimentari la revoca del concordato preventivo
Suprema Corte di Cassazione
sezione V penale
sentenza 29 novembre 2016, n. 50675
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUMO Maurizio – Presidente
Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere
Dott. MORELLI Francesca – Consigliere
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SOCIETA’ (OMISSIS) SPA;
avverso l’ordinanza del 10/02/2016 del TRIB. LIBERTA’ di PISTOIA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE;
Lette le conclusioni del Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, Dott. Giovanni Di Leo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Pistoia, decidendo in sede di appello avverso il provvedimenti emessi, in materia di misure cautelari reali, dal Giudice per le indagini preliminari, ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) srl avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di dissequestro – avanzata dalla societa’ suddetta – della somma di Euro 1.999.564,82, gia’ oggetto di sequestro preventivo disposto in data 10 ottobre 2015.
Dalla ricostruzione operata dal Tribunale si evince che la (OMISSIS) spa presento’, nel 2012, domanda di concordato preventivo, omologato dal Tribunale di Pistoia in data 16/11/2013. La domanda di concordato prevedeva la cessione alla (OMISSIS) srl, appositamente costituita, dell’azienda di proprieta’ della societa’ concordataria, per il prezzo di Euro 1.890.000. Nonostante il parere contrario del commissario giudiziale (che aveva valutato l’azienda Euro 3.889.564,82), la proposta di concordato fu approvata dai creditori e, per l’effetto di cio’, omologata dal Tribunale fallimentare. A giudizio del Pubblico Ministero, condiviso dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale di Pistoia, fu distratta o dissipata, in tal modo, una parte rilevante di attivo (la differenza tra il valore di stima dell’azienda, operata dal commissario giudiziale, e il prezzo effettivo della cessione), nell’ambito di un piu’ ampio disegno distrattivo – portato avanti dagli amministratori della societa’ concordataria – che aveva visto la (OMISSIS) spa azzerare – nella proposta di concordato – due importanti posizioni creditorie: una, di Euro 7.303.684,10, vantata verso la (OMISSIS) di diritto turco; un’altra, di Euro 3.530.000, vantata verso la (OMISSIS) di diritto greco. In piu’, era stata completamente svalutata la partecipazione – del valore nominale di Euro 6.093.600 – detenuta nella corrispondente societa’ turca. Il tutto per “inconsistenza e inesigibilita’ derivante dalle avverse condizioni di dissesto economico-finanziario di entrambe le societa’ estere” (cosi’ nella domanda di concordato preventivo).
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) srl con tre motivi.
Col primo lamenta la violazione degli articoli 273 e 321 cod. proc. pen., derivante dal fatto che e’ stato confermato il sequestro preventivo – che colpisce, oltretutto, beni di un terzo – laddove sono stati esclusi, dal Tribunale del Riesame di Firenze – investito dell’impugnativa avverso il provvedimento applicativo di misura custodiale a carico degli amministratori della (OMISSIS) spa – i gravi indizi di colpevolezza, per la “inidoneita’ delle condotte contestate all’indagato ad integrare il reato ipotizzato”, posto che la cessione dell’azienda al prezzo sopra specificato era avvenuta nell’ambito della procedura di concordato preventivo.
Col secondo motivo lamenta la violazione degli articoli 216, 223 e 236 della legge fall. per la ragione che una ipotesi del tutto normale e tipizzata dal legislatore all’articolo 186-bis legga fall. (“concordato con continuita’ aziendale”) e’ stata sussunta nella fattispecie delle condotte distrattive.
Col terzo motivo lamenta che il Tribunale di Pistoia abbia confermato il decreto di sequestro preventivo con motivazione apparente, limitandosi a richiamare il contesto in cui sarebbe avvenuta la cessione e senza tener conto del fatto che si e’ trattato di una cessione avvenuta nell’ambito di una procedura concordataria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I tre motivi di ricorso investono la medesima questione di diritto e vanno, pertanto, esaminati congiuntamente. Il ricorso e’ fondato.
1. La nuova disciplina del concordato preventivo, introdotta dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, conv., con mod., dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, prevede espressamente che l’imprenditore in stato di crisi possa proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che “puo’ prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie” (articolo 160 legge fall.). Tale norma e’ unanimemente interpretata nel senso che l’imprenditore puo’ (anzi poteva, all’epoca di presentazione della domanda di concordato da parte della (OMISSIS) spa, essendo, ad oggi, la situazione parzialmente mutata per effetto del Decreto Legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132) fare ai creditori qualsiasi proposta idonea a risolvere la crisi e che l’approvazione della proposta e’ rimessa alla volonta’ dei creditori, restando in capo al Tribunale fallimentare il compito di assicurare il rispetto dei principi che regolano la materia concordataria, tra cui, principalmente, quello che ai creditori venga fatta una proposta chiara, sulla base di una veridica rappresentazione della situazione aziendale, e venga proposto un piano fattibile.
In particolare, all’imprenditore e’ data facolta’, per effetto del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 33, comma 1, lettera h), come modificato dalla L. di conversione 7 agosto 2012, n. 134 – che ha introdotto nel corpo della legge fallimentare l’articolo 186/bis – di presentare un piano che preveda “la prosecuzione dell’attivita’ di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o piu’ societa’, anche di nuova costituzione”, sulla base di criteri e valori determinati dal proponente e asseverati da un professionista abilitato.
2. Cio’ chiarito in diritto, la questione posta dal Pubblico Ministero ricorrente e’ se, attraverso un plano di tal fatta, l’imprenditore possa compiere atti dissipativi o distrattivi del proprio patrimonio, rilevanti ai sensi dell’articolo 216, richiamato dall’articolo 236, legge fall., nonostante l’approvazione del piano da parte dei creditori e l’omologa del Tribunale. Al quesito occorre dare, in linea di principio, risposta affermativa, nel senso che l’approvazione dei creditori e l’omologa del Tribunale non escludono, in astratto, che la procedura concordataria venga utilizzata in frode al ceto creditorio, per la realizzazione di un interesse illecito del soggetto proponente. L’articolo 236 cit., nel prevedere l’applicazione degli articoli 223 e 224 legge fall. “nel caso di concordato preventivo”, si riferisce non solo ai fatti commessi ante procedura, ma – com’e’ desumibile dallo stesso tenore letterale della norma – anche ai fatti commessi “attraverso la procedura”, indebitamente piegata a fini illeciti. Perche’ cio’ si verifichi occorre, pero’, che il piano sia congegnato in maniera frodatoria, per la realizzazione di interessi diversi da quelli sottesi alla normativa concordataria, pensata e voluta dal legislatore per favorire il risanamento delle imprese o la loro liquidazione: sempre, pero’, nel rispetto dei principi che sovrintendono all’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale e alla definizione concordata delle crisi. Cio’ comporta che l’imprenditore, il quale si rivolga al ceto creditorio per coinvolgerli nella gestione della propria crisi, anche attraverso la rinuncia, totale o parziale, ai loro crediti, debba farlo in maniera trasparente e attraverso la rappresentazione della reale situazione aziendale, per consentire ai creditori l’espressione di un voto consapevole e al Tribunale l’adempimento della sua funzione di verifica. Tanto, e’ dimostrato – se ci fosse mai stato qualche dubbio – dalla previsione della “revoca dell’ammissione al concordato” – ove venga posto in essere uno degli atti previsti dall’articolo 173 legge fall. – e dalla recente introduzione, nell’ordinamento penale, dell’articolo 236-bis legge fall., che punisce, in maniera severa, il professionista che, nelle relazioni o attestazioni di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d), articolo 161, comma 3, articoli 182/bis, 182/quinquies, 182/septies e 186/bis (vale a dire, in tutti i casi in cui e’ richiesta la sua opera “attestatrice”), esponga informazioni false od ometta di riferire informazioni rilevanti in funzione del corretto svolgimento delle procedure di risoluzione della crisi d’impresa (in questo senso si e’ gia’ pronunciata questa Corte con sentenza del 12/4/2016, n. 18997, in un caso che riguardava lo stesso soggetto ricorrente).
3. Il carattere frodatorio del piano va accertato in concreto e deve consistere in una chiara e indiscutibile manipolazione della realta’ aziendale, tale da falsare il giudizio dei creditori e orientarli in maniera presumibilmente diversa rispetto a quella che sarebbe conseguita alla corretta rappresentazione della situazione aziendale. La “frode” non puo’ consistere, quindi, in una diversa lettura dei dati esposti nel piano da parte dei soggetti cui e’ demandata la funzione di verifica, ma presuppone una rappresentazione non veritiera della realta’ aziendale, attuata attraverso la volontaria pretermissione – nel piano – di cespiti rilevanti (beni strumentali, crediti, ecc.), attraverso l’indicazione di attivita’ o l’esposizione di passivita’ inesistenti, ovvero in presenza di qualunque altro comportamento obbiettivamente idoneo ad ingannare i creditori e che legittimerebbe la revoca del concordato, ex articolo 173 legge fall.. L’indicazione legislativa contenuta nella norma suddetta costituisce, infatti, valido riferimento per giungere non solo alla risoluzione del concordato preventivo, ma anche per punire, sub specie di distrazione o dissipazione, condotte che tradiscono, in modo indiscutibile e non congetturale, lo spirito e la funzione degli istituti di “risoluzione della crisi d’impresa”, pensati dal legislatore per favorire la salvaguardia di valori aziendali inevitabilmente compromessi dal fallimento e non certo per consentire all’imprenditore di avvantaggiarsi, a danno dei creditori, delle “crisi” cui ha dato luogo; sempreche’, ovviamente, le condotte censurate determinino una distrazione o dissipazione di attivita’ aziendali.
La questione vera, in realta’, che comporta notevoli ricadute sul piano pratico, consiste nello stabilire se la giurisdizione penale possa attivarsi prima che sia disposta, da parte degli organi fallimentari, la “revoca” del concordato, ex articolo 173 cit. A tale quesito non puo’ darsi che risposta affermativa, data la tendenziale autosufficienza della giurisdizione penale, che le consente di risolvere ogni questione da cui dipenda la decisione (articolo 2 cod. proc. pen.). E poiche’ nello specifico del concordato preventivo l’articolo 236 legge fall. fa salva espressamente l’applicabilita’ degli articoli 223 e 224, ne consegue che ogni condotta rivolta a commettere i reati previsti dalle nome suddette, in qualunque momento posta in essere (prima dell’ammissione alla procedura concordataria, durante lo svolgimento della procedura o dopo la revoca del provvedimento di ammissione), diviene perseguibile dal giudice penale.
4. Alla luce di tali principi deve censurarsi la motivazione posta a base della decisione impugnata, la quale ha attribuito valore distrattivo alla cessione preceduta da contratto di affitto – dell’azienda alla (OMISSIS) spa “ad un valore commerciale sottostimato di circa 2.000.0000 di Euro”; cessione avvenuta – si dice – nell’ambito di una procedura di concordato preventivo volta a svuotare la (OMISSIS) spa in favore di altre entita’ societarie riferibili allo stesso soggetto giuridico, indagato nel procedimento principale ( (OMISSIS)). Cio’, a prescindere dal fatto – si legge nel provvedimento impugnato – che la cessione “sia stata accettata dal comitato dei creditori e autorizzata dal Giudice delegato”, non avendo “molta importanza quanto deciso nella procedura suddetta”. Ora, a parte tali erronei rilievi, giacche’ nel concordato preventivo la proposta concordataria viene approvata – mediante votazione – dai creditori, e non dal comitato dei creditori, e al Giudice delegato sono attribuiti poteri esecutivi della proposta concordataria, resta il fatto che nessun dato incontrovertibile di frode e’ stato segnalato, essendosi il Tribunale (e, prima ancora, il Giudice per le Indagini Preliminari) affidati, per le loro valutazioni, alla stima dell’azienda operata dal commissario giudiziale, ed avendo da cio’ dedotto che il bene sia stato ceduto ad un prezzo decisamente inferiore al valore reale. Ma e’ palese che non puo’ essere la diversa valutazione di un cespite – da chiunque effettuata – ad attribuire carattere fraudolento alla valutazione operata dal debitore concordatario e ritenuta congrua – o almeno confacente ai loro interessi – dai creditori, nell’ambito di una procedura sottoposta al controllo di legalita’ del Tribunale fallimentare, sia per l’enorme varieta’ di valutazione che puo’ subire un’azienda (ci sono almeno quattro diversi metodi di valutazione di un’azienda, e tutti portano a conclusioni molto diverse tra loro), sia perche’ la valutazione di un cespite non esaurisce il giudizio che – intorno alla convenienza della proposta concordataria – sono chiamati ad esprimere i creditori. Questi, infatti, possono, nella loro autonomia, accontentarsi di un valore predeterminato dal debitore, ancorche’ contenuto, allorche’ la proposta contenga profili di convenienza destinati a sfumare nel fallimento, e possono dare preferenza alla continuita’ aziendale, prospettata dal debitore, piuttosto che a quella di realizzare, subito, tutto o parte del proprio credito. Ne’ la situazione cambia se l’operazione cui ha partecipato (OMISSIS) spa venga letta nel piu’ ampio “contesto” dissipativo ipotizzato dal Tribunale, giacche’ – a parte il fatto che nessun argomento e’ stato speso per dar corpo all’ipotesi che le societa’ estere collegate alla (OMISSIS) spa non si trovassero in quella situazione di “inconsistenza e inesigibilita’ derivante dalle avverse condizioni di dissesto economico-finanziario” con cui e’ stata giustificato, dal debitore, l’azzeramento delle posizioni creditorie verso le societa’ suddette – resterebbe pur sempre da dimostrare, per suffragare l’ipotesi distrattiva contestata al capo C1), che l’attribuzione, all’azienda, del valore ritenuto incongruo sia da attribuire a manovre decettive dell’imprenditore, che abbia “montato” una realta’ diversa da quella effettiva, celando valori aziendali, enfatizzando le passivita’ o compiendo altri atti di frode (per esempio, subornando i creditori con promesse illegittime). In mancanza di una siffatta, rigorosa dimostrazione, la contestazione, recepita dal giudicante, del carattere distrattivo dell’operazione proposta dal debitore, condivisa dai creditori e avallata dal Tribunale fallimentare, si rivela, per quanto detto, indebitamente lesiva delle prerogative dei creditori e delle attribuzioni del Tribunale fallimentare, sicche’ va censurata per violazione degli articoli 182 e 186/sexies legge fall.
Consegue a quanto sopra l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Pistoia, che si atterra’, nella valutazione dell’operazione contestata, agli esposti principi di diritto.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia, Sezione del Riesame
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