Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 24 luglio 2015, n. 15635
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCININNI Carlo – Presidente
Dott. BIELLI Stefano – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 228 del ruolo generale dell’anno 2010 proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
– ricorrente –
contro
s.p.a. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), domiciliato presso lo studio del primo, in (OMISSIS);
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione 29, depositata in data 12 novembre 2008, n. 270/29/08;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 25 maggio 2015 dal Consigliere Dott. Angelina Maria Perrino;
uditi per l’Agenzia delle entrate l’avvocato dello Stato (OMISSIS) e per la societa’ l’avv. (OMISSIS);
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
In relazione all’anno d’imposta 2003, in esito a verifica fiscale ed a processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate ha notificato alla societa’ un avviso di accertamento col quale ha contestato, per quanto ancora d’interesse, la deduzione fiscale di perdite su crediti, ai fini Irpeg, Irap ed Iva, in quanto, ha sostenuto, non emergeva che le perdite fossero definitive e consolidate. A seguito d’impugnazione, la Commissione tributaria provinciale ha parzialmente annullato l’avviso, quanto al recupero in questione.
Quella regionale ha sul punto respinto l’appello dell’ufficio, sostenendo che la societa’ nell’anno 2002 aveva portato a fondo rischi l’importo di euro 162.936,52, di cui euro 20.690,15 fiscalmente deducibili ed euro 142.246,37 ripresi a tassazione; l’intero fondo, ha proseguito il giudice d’appello, e’ stato utilizzato nel 2003 per far fronte a perdite su crediti per l’importo di euro 319.499,03, con l’iscrizione in bilancio delle residue perdite, fiscalmente deducibili per euro 156.562,51. Corretta e’, dunque, per conseguenza, secondo la Commissione, la condotta della societa’, che ha dedotto l’ammontare delle perdite eccedente le svalutazioni e gli accantonamenti gia’ operati.
Ricorre l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il ricorso a due motivi, cui la societa’ reagisce con controricorso.
DIRITTO
1.- Con i due motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente, perche’ connessi, l’Agenzia lamenta:
– ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 66, comma 3 (nel testo antecedente alla rimunerazione dovuta al Decreto Legislativo 12 dicembre 2003, n. 344) nonche’ dell’articolo 2697 c.c., la’ dove il giudice d’appello, in luogo di verificare che il contribuente avesse fornito prova della certezza e dell’inesigibilita’ di ciascun credito portato in deduzione, ha affermato la deducibilita’ delle perdite sui crediti, considerando che le relative somme sarebbero integralmente coperte dall’ammontare di un fondo rischi all’uopo previsto e che l’ufficio avrebbe implicitamente riconosciuto le condizioni di deducibilita’ per una serie di crediti d’importo complessivo superiore a quello portato in deduzione – primo motivo;
– ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in ordine al fatto controverso e decisivo dell’effettiva ed integrale copertura dell’ammontare dei crediti inesigibili da parte dei fondi di riserva creati dalla societa’ -secondo motivo.
1.1.- Infondata e’ l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso, proposta dalla contribuente in base al rilievo che questo tende a procedere al riesame nel merito della documentazione che assiste i singoli crediti. La societa’ fa leva all’uopo sull’affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui “tra la lista dei crediti per i quali l’Ufficio ha ritenuto non sussistere i requisiti per una loro non deducibilita’, ci sono alcuni per i quali sono presenti gli elementi certi e precisi richiesti dalla normativa (decreto ingiuntivo, non reperibilita’ del debitore, intracciabilita’ anagrafica, pignoramento negativo, ecc.)”, puntando sull’intangibilita’ dell’accertamento delle condizioni di deducibilita’, che anche la Corte ha ricondotto ad una valutazione di fatto incensurabile in sede di legittimita’ (Cass., ord. 14 gennaio 2015, n. 403).
Indipendentemente dalla ravvisabilita’, nelle affermazioni riportate, di un accertamento di fatto in senso proprio, l’eccezione non coglie nel segno, in quanto il ricorso dell’Agenzia e’ calibrato sulla rilevanza, ai fini della riconoscibilita’ dei presupposti per la deduzione delle perdite su crediti, della loro inclusione e della misura di essa, nei fondi rischi costituiti dalla contribuente; statuizione, questa, che identifica la ratio decidendi della sentenza impugnata.
1.2.- L’Agenzia rimarca difatti, anzitutto, che la deducibilita’ delle perdite e’ stata ancorata dalla Commissione ad una mera operazione aritmetica, data dalla sottrazione dall’ammontare complessivo delle perdite su crediti riscontrate al termine dell’esercizio dell’importo delle perdite coperto dai fondi di riserva, senza conferire peso alcuno alla dimostrazione della certezza e della definitivita’ di ciascuna delle perdite dedotte. Inoltre, aggiunge, anche l’individuazione di sottraendo e minuendo della sottrazione e’ incerta e segnata da insanabile contraddizione, in quanto il giudice d’appello, dopo avere affermato che i fondi rischi “sono stati utilizzati nel successivo anno 2003 per far fronte a perdite su crediti per l’importo di euro 319.449,03 con l’iscrizione nel bilancio delle residue perdite fiscalmente deducibili per euro 156.562,51”, ha poi considerato che “non si capisce come mai l’Ufficio si sia comportato in tale modo dal momento che l’importo da esso recuperato era totalmente coperto dai fondi rischi su crediti accantonati nell’anno precedente”: non e’ chiaro, in definitiva, se il fondo fosse totalmente capiente (evenienza, questa, che di per se’ escluderebbe la deducibilita’ delle perdite), oppure no.
2.- La censura e’ fondata e va in conseguenza accolta.
In fatto, le richiamate affermazioni della sentenza stridono tra loro, non consentendo di riconoscere un tranquillante accertamento di fatto in ordine alla copertura delle perdite, ed alla sua misura, ad opera del fondo rischi.
In diritto, la prova della deducibilita’ delle perdite non puo’ essere affidata puramente e semplicemente all’operazione aritmetica di sottrazione compiuta con la sentenza impugnata.
2.1.- Anzitutto, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 66, comma 3, ammette la deduzione delle perdite su crediti qualora queste risultino da elementi certi e precisi; e la Corte (vedi, in particolare, Cass. 14 gennaio 2015, n. 447) ha chiarito che grava sul contribuente l’onere di fornire la prova della deducibilita’ delle perdite su crediti ritenuti dal fisco indeducibili, dimostrando la natura di componenti negative del reddito d’impresa, sulla base di elementi certi e precisi, dovendosi ritenere, al contrario, insuperabile l’accertamento da parte del fisco della indeducibilita’, particolarmente se basato su contestazioni specifiche e minuziose in ordine a crediti specificamente determinati. Il che e’ giustappunto quel che si e’ verificato nel caso in esame, in cui il fisco aveva analizzato credito per credito, evidenziandone lo stato della procedura di recupero, per giungere alla conclusione della carenza dei requisiti di certezza e definitivita’ delle perdite per euro 158.967,50 (vedi lo stralcio del processo verbale di constatazione, che riporta anche parte della tabella riassuntiva concernente i singoli crediti, trascritto alle pagine 4-5 del ricorso introduttivo, sull’esistenza del quale non v’e’ contestazione della controparte, nonche’, quanto all’importo richiamato, il testo della sentenza impugnata).
Al cospetto di tali contestazioni, del tutto irrilevante e’ l’osservazione del giudice d’appello, concernente il fatto che in relazione all’ammontare di euro 160.531,53 (dato dalla differenza tra l’importo complessivo delle perdite contabilizzate e quello per il quale l’ufficio ha escluso le condizioni di deducibilita’) l’Agenzia non dubitasse della certezza e della definitivita’ delle perdite; cio’ in quanto non v’e’ allegazione alcuna (e in conseguenza, nessuna prova) che l’importo di euro 160.531,53 comprendesse giustappunto i crediti delle perdite relative ai quali si discute. L’argomento speso in sentenza si traduce in un’affermazione apodittica, che si pone in contrasto con l’esigenza, posta dal richiamato articolo 66, dell’allegazione e della prova della certezza e definitivita’ di ciascuna perdita. Il che evidenzia altresi’ l’ininfluenza delle considerazioni del giudice d’appello riportate sub 1.1., perche’ generiche e non partitamente riferite a ciascuna perdita.
2.2.- Inoltre, del successivo articolo 71, comma 1 (nel testo antecedente alla rinumerazione dovuta al Decreto Legislativo n. 344 del 2003) stabilisce che le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio (per l’importo non coperto da assicurazione) e gli eventuali accantonamenti ad apposito fondo di copertura di rischi su crediti, sono deducibili, in ciascun esercizio, nel limite dello 0,50% del valore nominale o di acquisizione del credito: scopo della norma e’ di escludere la deducibilita’ per i soli crediti tutelati contro il rischio dell’insolvenza, e non anche per quelli per cui tale rischio rimane a carico esclusivo del titolare (Cass. 14 febbraio 2014, n. 3490). In particolare, il comma 2 di quest’ultima norma circoscrive la deducibilita’ delle perdite su crediti alla parte eccedente l’ammontare complessivo delle deduzioni su svalutazioni e accantonamenti operate ai sensi dell’articolo 71, comma 1. Meccanismo, questo, che realizza il coordinamento sotto il profilo della “sostanza fiscale” rappresentato in controricorso.
2.3.- In definitiva:
– in primo luogo, occorre, ai fini della deduzione, che sia specificamente dimostrata dal contribuente la certezza e la definitivita’ delle perdite su crediti;
– inoltre, la deduzione delle perdite delle quali sia acclarata certezza e definitivita’, e’ cumulabile con le deduzioni ex articolo 71, comma 1, non per l’intero ammontare delle perdite, bensi’ nei limiti della parte eccedente l’importo complessivo delle deduzioni su svalutazioni e accantonamenti operate ex articolo 71, comma 1 (in termini, Cass. 19 gennaio 2007, n. 1227; vedi anche 21 luglio 2000, n. 9600 nonche’, in motivazione, 11 dicembre 2000, n. 15563). E l’onere di fornirne la prova spetta al contribuente che intende giovarsi della deduzione.
3.- La sentenza impugnata non si e’ attenuta a questi principi.
Il ricorso va in conseguenza accolto, con cassazione della sentenza e rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame nonche’ per la regolazione delle spese ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana.
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