Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza  3 settembre 2015, n. 17542

Ritenuto in fatto

1. Con atto di citazione notificato il 28.7.2010, A.J.T. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 341/2010, emesso su istanza dell’ex marito T.U. dal presi­dente dei Tribunale di Tempio Pausania, e fondato sulle scritture private dei 20.12.2005 e del 14.9.2009, contenenti una ricognizione di debito a favore di quest’ultimo.
1.1. In corso di causa, l’opponente proponeva querela di falso, ai sensi degli artt. 221 e ss. c.p.c., contro le suddette scritture, assu­mendo che le firme in calce ai documenti in questione sarebbero state da lei apposte su fogli in bianco, poi riempiti abusivamente dall’U. senza alcuna autorizzazione della querelante. 1.2. Con sentenza n. 300/2011, il Tribunale di Tempio Pausania ac­coglieva la domanda, dichiarando la falsità delle scritture private impugnate.
2. L’appello proposto da T.U. avverso tale decisione veni­va, altresì, rigettato dalla Corte di Appello di Cagliari, sezione di­staccata di Sassari, con sentenza n. 100/2013, depositata il 7.3.2013.
2.1. Con tale decisione il giudice di seconde cure riteneva compro­vata la disponibilità, da parte dell’U., di fogli firmati in bianco dalla T., e reputava che costituisse onere dell’appellante dimo­strare il rapporto fondamentale sottostante alla ricognizione di debi­to ex art. 1988 c.c., contenuta nelle scritture in questione, si da consentire all’organo giudicante di escludere che vi fosse stato un abusivo utilizzo, da parte dell’appellante, di eventuali fogli sotto­scritti in bianco dalla T.. In difetto di tale dimostrazione, la falsità di dette dichiarazioni veniva, di conseguenza, confermata dal giudice dei gravame.
3. Per la cassazione della sentenza n. 100/2013, ha proposto, quin­di, ricorso T.U. nei confronti di T. Aleksandra Julianna, affidato a tre motivi, illustrati, altresì, con memoria ex art. 378 c.p.c. La resistente ha replicato con controricorso.

Considerato in diritto

1. Con il primo motivo di ricorso, U. T. denuncia la violazio­ne degli artt. 71 e 221 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Rileva, invero, il ricorrente che al processo di appello non avrebbe partecipato – né sarebbe stato posto in condizioni di parte­cipare, non essendogli stata comunicata la pendenza dei giudizio – il Pubblico Ministero presso il giudice di seconde cure, sebbene fosse stata proposta in corso di causa una querela di falso, per la quale la partecipazione di tale organo pubblico è obbligatoria ai sensi dell’ari. 221, co. 3, c.p.c.
1.2. Il motivo è fondato.
1.2.1. Va – per li vero – osservato, al riguardo, che, nel giudizio di appello relativo alla querela di falso, mentre non è necessario che il gravame sia proposto anche nei confronti del P.M. presso il giudice “a quo”, in quanto egli non può considerarsi parte nel processo e non è legittimato a proporre impugnazione, è ~ per contro – necessario che la pendenza del giudizio venga comunicata al P.M. presso il giudice “ad quem”, affinché egli sia posto in grado di inter­venire, ai sensi dell’art. 221, co. 3,, c.p.c. Ne discende che il proce­dimento di appello, nel caso di omissione di tale comunicazione, de­ve ritenersi affetto da nullità (cfr., ex plurimis, Cass. 15504/2002; 18051/2004; 21092/2007; 22232/2014).
1.2.2. Ebbene, nel caso concreto, dall’esame della decisione impu­gnata non si evince in alcun modo l’adempimento di tale obbligo da parte della Corte di Appello, e neppure l’indicazione dell’Ufficio in questione risulta dal[” intestazione della medesima sentenza. 1.3. La censura suesposta va, di conseguenza, accolta. 2. Restano assorbiti il secondo e terzo motivo di ricorso ~ concer­nenti il merito della vicenda – con i quali, denunciando la violazione e falsa applicazione degli att. 1218 e 1988 c.c., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, l’U. si duole dei fatto che il giudice di seconde cure, a fronte della disponibilità, da parte dell’appellante, di fogli in bianco sottoscritti dalla allora coniuge, abbia posto a carico deli’U. — senza adeguata motivazione al riguardo — l’onere di provare l’esistenza di una “reale causale rispetto al riconoscimento di debito”, contenuto nelle scritture impugnate con querela di falso. 3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazio­ne dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Ca­gliari in diversa composizione, che dovrà provvedere ad effettuare la dovuta comunicazione della pendenza dei giudizio di querela di falso al P.M., ai fini della sua partecipazione al procedimento. A tal fine, il giudice di rinvio farà applicazione dei seguente principio di diritto:
“nel giudizio di appello relativo alla querela di falso e necessario che
la pendenza del processo venga comunicata al P.M. presso il giudice “ad quem”, affinché egli sia posto in grado di intervenire, ai sensi dell’art. 221, co. 3, c.p.c., derivandone, in mancanza, la nullità dei procedimento”.
4. II giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese dei presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 dei 2002, dà atto della non sussistenza dei presuppo­sti per Il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile. il 26.6.2015.

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