Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 21 febbraio 2018, n. 4154. Non compete ai creditori finali bensì esclusivamente all’ente incaricato della riscossione unitaria (agenzia delle Entrate) il ricupero del credito d’imposta utilizzato attraverso l’indebita compensazione nel modello F24 in misura eccedente rispetto a quella effettivamente spettante

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L’annullamento dell’atto di recupero poggia dunque, da una parte, su un vizio di forma, ossia la omessa motivazione dell’atto impugnato, tanto che la C.T.R. ha fatto espresso riferimento alla L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 421 e, dall’altra parte, su motivi che attengono al rapporto tributario, avendo il giudice di secondo grado ritenuto che alla Agenzia delle Entrate non competesse il potere impositivo, trattandosi di importi di competenza di soggetti diversi, e che, avendo la medesima Agenzia gia’ provveduto al recupero delle medesime somme mediante iscrizione a ruolo, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis, essa avesse – di fatto – duplicato la pretesa impositiva.

6. Il quarto motivo, con il quale e’ stata dedotta “omessa, insufficiente ed illogica motivazione su fatti decisivi e controversi della causa, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. e all’articolo 62, primo comma, d.lgs. 546/2002”, ed il settimo motivo, con cui si censura la sentenza impugnata per motivazione insufficiente ed illogica su fatti controversi e decisivi della causa, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. ed all’articolo 62, primo comma, d.lgs. n. 546/2002, possono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi.

6.1. I motivi sono fondati, risultando la motivazione della sentenza contraddittoria.

La C.T.R., dopo avere dato atto che la (OMISSIS) s.r.l., ancor prima che la Agenzia delle Entrate procedesse alla redazione del processo verbale di contestazione, aveva presentato istanze di annullamento dei modelli F24 in quanto si era resa conto “dell’errore commesso”, ossia di avere operato compensazioni indebite, utilizzando un credito di imposta eccedente rispetto alla misura effettivamente spettante, ha comunque disposto l’annullamento dell’atto di recupero limitandosi a rilevare un vizio di forma della procedura seguita dall’Amministrazione finanziaria, non tenendo conto del fatto che l’Amministrazione, richiamando sia la L. n. 388 del 2000, articolo 8, che le istruzioni adottate in materia (Risoluzione n. 73/98 e Circolare n. 5/2002), aveva spiegato che le istanze di annullamento non potevano essere accolte in assenza di un contestuale versamento degli importi dovuti e, soprattutto, senza considerare che la stessa istanza di annullamento presentata dalla contribuente dimostrava la fondatezza della pretesa tributaria.

Le argomentazioni svolte dal giudice di appello risultano dunque illogiche, in quanto la C.T.R., piuttosto che limitarsi ad un esame formalistico della procedura adottata dalla Agenzia delle Entrate e del conseguente atto di recupero, avrebbe dovuto rilevare se la prova della illegittimita’ della compensazione potesse trarsi dallo stesso comportamento della contribuente, la quale, presentando le istanze di annullamento dei modelli F24, aveva implicitamente riconosciuto di avere, in parte, utilizzato un credito di imposta inesistente.

La motivazione della sentenza risulta, peraltro, insufficiente anche nella parte in cui si afferma che la Agenzia delle Entrate, relativamente alle medesime somme, ha provveduto al recupero delle stesse mediante iscrizione a ruolo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis, in quanto la C.T.R., sul punto, addiviene a ritenere che la Agenzia delle Entrate abbia di fatto duplicato una pretesa impositiva “a fronte di un riconoscimento di debito da parte della odierna appellata ( (OMISSIS) s.r.l.) nei confronti di altri soggetti”, senza tuttavia esplicitare le ragioni sulla base delle quali ha ritenuto sussistente la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 67.

7. Il quinto motivo, con il quale la Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 18, comma 2, lettera e) e articolo 57, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ed al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 62, comma 1, e’ fondato.

La ricorrente lamenta che il Giudice di appello, al fine di avvalorare la propria decisione, ha ritenuto che l’Ufficio era incompetente al recupero delle somme, dato che gli importi per i quali era stato chiesto il recupero erano di competenza di soggetti diversi dalla Agenzia delle Entrate.

La C.T.R. ha, al riguardo, motivato che l’amministrazione era incompetente al recupero dei crediti indebitamente utilizzati, trattandosi di importi di spettanza di soggetti diversi dall’Agenzia delle Entrate, e precisamente dei Monopoli di Stato, dell’Inps e della Regione, sottolineando al riguardo “e’ necessario ricordare che dal 1 aprile 2003, proprio per i Monopoli di Stato, ai sensi e per gli effetti Decreto Legge 24 dicembre 202, n. 282, convertito in L. 21 febbraio 2003, n. 27, “le funzioni dell’Amministrazione finanziaria in materia di amministrazione, riscossione e contenzioso dell’Entrate tributarie riferite ai giochi…. concorsi pronostici, alle scommesse ed apparecchi da divertimento sono esercitate dall’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato…”.

Come rilevato dalla ricorrente, i motivi di doglianza fatti valere dalla (OMISSIS) s.r.l. con il ricorso depositato dinanzi alla C.T.P. e con i motivi di appello non investivano la questione concernente la spettanza dei tributi a soggetti diversi dall’Agenzia delle Entrate, quali i Monopoli dello Stato, l’Inps e la Regione; tale questione, infatti, non e’ stata eccepita ne’ con il ricorso che ha introdotto il giudizio di primo grado, ne’ con il successivo ricorso in appello e, pertanto, trattandosi di eccezione di merito nuova, tardivamente introdotta solo con le memorie conclusive del 12.1.10 depositate dalla contribuente, e come tale inammissibile in appello, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 57, essa non avrebbe potuto costituire oggetto della pronuncia.

8. Con il sesto motivo di ricorso la Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 421, Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articoli 21 e 22 e della L. n. 300 del 1999, articolo 62, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 62, comma 1.

8.1. Il motivo e’ fondato.

Le argomentazioni della C.T.R. che riguardano la asserita incompetenza dell’Agenzia delle Entrate a recuperare le somme non versate relative a contributi Inps e tributi spettanti alla Regione o gestiti dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato contrastano nettamente con la disposizione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 421, che attribuisce esclusivamente alla Agenzia delle Entrate, e non anche ad altri Enti o istituzioni, il potere di procedere alla riscossione di tributi indebitamente utilizzati, anche in compensazione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17.

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