Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 21 febbraio 2018, n. 4154. Non compete ai creditori finali bensì esclusivamente all’ente incaricato della riscossione unitaria (agenzia delle Entrate) il ricupero del credito d’imposta utilizzato attraverso l’indebita compensazione nel modello F24 in misura eccedente rispetto a quella effettivamente spettante

Non compete ai creditori finali bensì esclusivamente all’ente incaricato della riscossione unitaria (agenzia delle Entrate) il ricupero del credito d’imposta utilizzato attraverso l’indebita compensazione nel modello F24 in misura eccedente rispetto a quella effettivamente spettante perché è l’unico soggetto istituzionalmente incaricato di controllare i pagamenti effettuati suddividendoli in base alla loro destinazione e di verificare altresì le operazioni di compensazione effettuate. Pertanto nel caso di mancato versamento di un contributo previdenziale, di un’addizionale regionale o anche di un tributo gestito dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato, proprio per effetto della sua compensazione con un credito d’imposta di altra natura da parte del contribuente, non impone all’ente creditore di procedere al recupero se la compensazione è stata operata in assenza dei presupposti.

Sentenza 21 febbraio 2018, n. 4154
Data udienza 6 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2112/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per legge;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) del foro di (OMISSIS) e con lui elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/9/2010 della Commissione Tributaria regionale della Puglia depositata il 12/04/2010;

e sul ricorso iscritto al n. 8023/2013 R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 52/6/12 depositata il 6/9/2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6/12/2017 dal Consigliere Dott. Pasqualina Anna Piera Condello;

udito il difensore della Agenzia delle Entrate Avv. (OMISSIS);

udito il difensore della (OMISSIS) s.r.l., Avv. (OMISSIS) anche per delega dell’avv. (OMISSIS);

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso iscritto al n. 2112/11 R.G. ed il rigetto del ricorso iscritto al n. 8023/13 R.G..

FATTI DI CAUSA

La societa’ (OMISSIS) s.r.l. in data 7.2.08 impugnava, dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale di Bari, l’avviso di recupero di credito imposta n. (OMISSIS) emesso dalla Agenzia delle Entrate nel 2007, con il quale era stato parzialmente revocato, per un importo pari ad Euro 115.000,00, il credito calcolato dalla societa’ sulla base del valore delle opere murarie da essa eseguite su immobile di proprieta’ di terzi condotto in locazione, in quanto, secondo l’Amministrazione, dette opere non rientravano tra i beni agevolabili di cui alla L. n. 388 del 2000, articolo 8 e con il quale era stato accertato, per l’anno di imposta 2005, l’utilizzo in compensazione di un importo in eccedenza rispetto alla misura del credito spettante, pari ad Euro 5.953.669,34.

Nell’anno 2009, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi 2006, presentata per l’anno di imposta 2005 dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l., la Agenzia delle Entrate procedeva a nuova iscrizione a ruolo, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis, per indebite compensazioni di credito di imposta avvenute nell’anno 2005, cui seguiva la emissione di cartella di pagamento n. (OMISSIS), che veniva impugnata dalla (OMISSIS) s.r.l. dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale di Bari per a) illegittima duplicazione di imposta, in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 67, atteso che con la cartella di pagamento erano state richieste somme che avevano gia’ formato oggetto dell’avviso di recupero n. (OMISSIS), emesso in precedenza dalla Agenzia delle Entrate, al quale aveva fatto seguito la cartella di pagamento n. (OMISSIS), b) mancanza di motivazione c) infondatezza della pretesa fiscale.

I ricorsi proposti dalla contribuente avviavano distinti procedimenti.

Con la sentenza n. 105/04/08 la C.T.P. dichiarava la inammissibilita’ del ricorso proposto dalla contribuente nel 2008, perche’ depositato presso la segreteria della Commissione tributaria oltre il termine perentorio, e con distinta sentenza n. 43/09/11 accoglieva parzialmente il secondo ricorso proposto dalla societa’, con conseguente annullamento della cartella impugnata limitatamente al recupero del credito di imposta compensato, ritenendo che la cartella costituiva duplicazione di quella emessa a seguito di avviso di recupero, poiche’ l’importo totale delle compensazioni effettuate nel 2005, pari ad Euro 6.300.699,00, appariva sia nell’avviso di recupero sia nella procedura di liquidazione automatizzata della dichiarazione dei redditi.

Avverso la prima sentenza proponeva appello la (OMISSIS) s.r.l., la quale ribadiva i motivi gia’ fatti valere in primo grado e depositava memorie conclusive sottolineando, con riguardo al maggior credito di imposta, che la utilizzazione in compensazione era avvenuta per mero errore e che, resasi conto dell’errore, aveva richiesto l’annullamento dei modelli F24, ma la istanza non era stata accolta dall’Agenzia delle Entrate.

La C.T.R. della Puglia accoglieva l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. e l’annullava l’avviso di recupero.

Avverso la sentenza n. 43/09/2011 proponeva appello la Agenzia delle Entrate, ribadendo che la cartella di pagamento impugnata derivava dalla liquidazione della dichiarazione dei redditi 2005, avvenuta ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis e, quindi, a prescindere dal recupero dei crediti di imposta che, sulla base del controllo sostanziale circa la sussistenza dei presupposti previsti dalla L. n. 388 del 2000, svolto nel 2007, erano risultati indebitamente usufruiti.

La C.T.R. della Puglia, con sentenza n. 52/6/12, accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate e, annullando la decisione impugnata, confermava la validita’ della cartella esattoriale gravata, argomentando che l’atto oggetto di impugnativa evidenziava imposte e contributi dovuti e non versati, riscontrati in sede di liquidazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2005 effettuata ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis e sottolineando che il giudice di prima istanza aveva erroneamente deciso sulla base di valutazioni di merito che riguardavano altra vicenda (l’avviso di recupero e la relativa cartella di pagamento), in ordine alla quale era ancora pendente il giudizio.

Avverso le decisioni del Giudice di appello sono stati proposti separati ricorsi per cassazione; la Agenzia delle Entrate ha iscritto ricorso recante n. 2112/11 R.G., affidandosi a sette motivi, e la societa’ contribuente ha iscritto ricorso recante n. 8023/13 R.G., affidandosi a tre motivi.

Nel primo giudizio la (OMISSIS) s.r.l. ha svolto le proprie difese depositando controricorso e nel secondo giudizio ha depositato controricorso la Agenzia delle Entrate.

Entrambe le cause sono state quindi chiamate alla odierna udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deve, preliminarmente, essere disposta la riunione del ricorso iscritto al n. 8023/13 R.G. a quello recante il piu’ antico numero di ruolo, in ragione della evidente connessione sussistente tra i due giudizi, i cui ricorsi, pur relativi a sentenze diverse, riguardano atti di recupero di crediti di imposta relativi alla stessa annualita’ e, nella prospettazione della societa’ contribuente, costituenti l’uno la duplicazione dell’altro.

2. La eccezione di inammissibilita’ del ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, per violazione dell’articolo 369 c.p.c. e dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, sollevata dalla (OMISSIS) s.r.l., e’ infondata.

2.1. Con riguardo al primo profilo di inammissibilita’, deve rilevarsi che la ricorrente non e’ tenuta, in ragione della indisponibilita’ del fascicolo di parte, che resta acquisito, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 25, comma 2, al fascicolo d’ufficio del processo svoltosi dinanzi alla Commissione tributaria, ad un nuovo onere di produzione documentale, risultando a tal fine sufficiente la richiesta di trasmissione, ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., comma 3, del fascicolo alla segreteria della Commissione Tributaria regionale (Cass. n. 22726 del 3.11.2011, Cass. n. 16813 del 24/7/2014).

2.2. Quanto, inoltre, all’onere previsto, a pena di inammmissibilita’, dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la (OMISSIS) s.r.l. ha eccepito che il ricorso non e’ rispettoso del principio di autosufficienza, in quanto l’Agenzia delle Entrate si e’ limitata ad allegare alcuni atti ed a riprodurre il contenuto del ricorso di primo grado e del ricorso in appello, senza trascrivere il contenuto degli altri atti processuali.

La eccezione, anche sotto tale profilo, non e’ fondata.

Come gia’ statuito da questa Corte, la tecnica di redazione dei cd. ricorsi “assemblati” o “farciti”, che implica una pluralita’ di documenti integralmente riprodotti all’interno del ricorso, senza alcuna rielaborazione sintetica dei loro contenuti, sicuramente non soddisfa la richiesta di una concisa rielaborazione delle vicende processuali contenuta nel codice di rito per il giudizio di cassazione ed impedisce di cogliere le problematiche della vicenda con conseguente “mascheramento” dei dati effettivamente rilevanti per le argomentazioni svolte, sicche’ integra un difetto di autosufficienza del ricorso stesso (Cass. n. 18363 del 18/9/2015).

Nel caso di specie, tuttavia, i documenti riprodotti nel corpo del ricorso sono facilmente individuabili e separabili dal restante contenuto del ricorso ed in ogni caso il collegamento tra gli atti finalizzato alla ricostruzione della vicenda processuale ed alla articolazione dei motivi esclude il difetto di autosufficienza del ricorso e delle stesse censure in cui esso e’ articolato, perche’ i motivi risultano adeguatamente formulati mediante la chiara enunciazione delle censure proposte (Cass. del 19/5/2017 n. 12641).

2.3. Nel controricorso (pag. 18) la (OMISSIS) s.r.l. ha anche eccepito la inammissibilita’ del ricorso per omessa impugnazione della statuizione contenuta nella sentenza della C.T.R. in ordine all’annullamento dei modelli F24 e, quindi, per intervenuta formazione del giudicato circa la mancata utilizzazione da parte della contribuente del corrispondente credito di imposta recuperato dall’Agenzia delle Entrate.

2.4. La eccezione e’ infondata.

Anche se nella sentenza impugnata si legge “ad avviso di questo Collegio, la istanza con la quale viene richiesto l’annullamento del modello F2 ha una duplice valenza: A) ritiro degli F24 con effetto immediato B) richiesta di annullamento dello stesso modello cui deve seguire l’atto dell’Amministrazione con cui si annulla l’F24…”, tale affermazione, resa solo incidentalmente al fine di giustificare l’annullamento dell’atto di recupero, e’ inidonea a determinare la formazione del giudicato sul punto e non puo’ conseguentemente far ritenere non piu’ contestabile, da parte della Agenzia delle Entrate, la mancata utilizzazione del credito di imposta per l’importo corrispondente alle somme indicate nei modelli F24 da parte della contribuente e, quindi, ormai definitivamente accertata la inesistenza dei presupposti per procedere al recupero del credito di imposta.

3. Con il primo motivo del ricorso la Agenzia delle Entrate, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, articolo 8, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 62, comma 1, si duole del fatto che la C.T.R. ha erroneamente affermato che possano essere ammessi al contributo agevolativo, sotto forma di concessione di credito di imposta, gli oneri sostenuti dalla societa’ su beni di proprieta’ di terzi che non siano dotati di autonoma funzionalita’.

3.1. Il motivo e’ fondato.

In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, gli investimenti consistenti in spese incrementative di beni non di proprieta’ dell’impresa – che li utilizza in virtu’ di un contratto di locazione o di comodato – possono ugualmente beneficiare del credito d’imposta previsto dalla L. n. 388 del 2000, articolo 8, purche’ a) le opere abbiano una loro individualita’ ed autonoma funzionalita’ b) al termine del periodo di locazione o di comodato possano essere rimosse dall’utilizzatore ed avere un impiego a prescindere dal bene a cui accedono e c) siano iscritte in bilancio tra le “immobilizzazioni materiali”; viceversa, qualora si tratti di opere non separabili dal bene altrui, devono essere iscritte tra le “immobilizzazioni immateriali” e non possono beneficiare dell’agevolazione, trattandosi di costi e non di beni (Sez. 5, Cass. n. 15572 del 27/07/2016, Cass. n. 20814 del 6/9/2017).

Nel caso di specie, trattandosi di opere murarie eseguite dalla (OMISSIS) s.r.l. su immobile di proprieta’ di terzi concesso in locazione, non separabili dall’immobile cui accedono alla scadenza del contratto di locazione, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento in favore della contribuente della agevolazione tributaria prevista dalla L. n. 388 del 2000, articolo 8.

La sentenza impugnata e’, quindi, viziata nella parte in cui si afferma che dette opere, eseguite dalla contribuente, in quanto funzionali allo svolgimento della attivita’, consentono il riconoscimento della agevolazione e del relativo credito di imposta maturato in favore del contribuente, ai sensi della L. n. 388 del 2000, articolo 8, comma 5.

4. Il secondo motivo di ricorso, con il quale la Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 2 e dei principi generali sul contenzioso tributario, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 ed del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 62, comma 1, e’ inammissibile.

4.1. La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui afferma la illegittimita’ del recupero del credito di imposta indebitamente utilizzato per complessivi Euro 7.904.467,31, a fronte di una disponibilita’ massima di Euro 2.065.798,00, ed evidenzia che le argomentazioni svolte dai giudici di appello avvalorano la fondatezza e legittimita’ del recupero tributario, atteso che la contribuente, dopo avere avuto conoscenza di un accertamento a suo carico, ha chiesto l’annullamento dei modelli di compensazione F24 dalla stessa in precedenza presentati con la esposizione di controcrediti superiori alla misura effettivamente spettante.

Ha inoltre sottolineato che la C.T.R. avrebbe violato l’obbligo di estendere il proprio giudizio anche al merito del rapporto tributario e non solo all’esame dei profili di legittimita’ formali dell’atto impugnato.

4.2. Il richiamo del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2, contenuto nella rubrica del secondo motivo di ricorso, e’ del tutto inconferente, in quanto tale disposizione normativa disciplina esclusivamente l’oggetto della giurisdizione tributaria e non ha dunque alcuna attinenza con la presunta violazione, da parte della C.T.R., dell’obbligo di pronunciarsi “nel merito” della pretesa tributaria.

5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, articolo 8, in relazione all’articolo 1421 c.c. ed al Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 62, comma 1.

A sostegno del motivo ha dedotto che l’annullamento del recupero a tassazione degli importi indebitamente compensati viola i principi generali stabiliti dall’articolo 1241 c.c., atteso che la compensazione delle somme dovute a titolo di imposta e per gli altri titoli previsti dal Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17, con i contributi concessi ai sensi della L. n. 388 del 2000, articolo 8, sotto forma di credito di imposta puo’ avvenire solo entro i limiti dei controcrediti effettivamente spettanti, con la conseguenza che la compensazione operata oltre tali limiti con un controcredito dichiarato nei mod. F24, ma inesistente, si traduce in un omesso versamento degli importi dovuti.

5.1. Il motivo e’ infondato.

Nella sentenza impugnata si legge “…Anche per quanto attiene il credito di imposta utilizzato in eccedenza rispetto alla misura spettante, questo Collegio ritiene fondato l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.r.l.. La societa’, infatti, resasi conto dell’errore commesso, operando in perfetta buona fede e parecchi mesi prima della redazione del p.v.c., aveva avanzato istanze di annullamento dei modelli F24 Ad avviso di questo Collegio, la istanza con la quale viene richiesto l’annullamento del modello F24 ha una duplice valenza: A) ritiro degli F24 con effetto immediato; B) richiesta di annullamento dello stesso modello cui deve seguire l’atto dell’Amministrazione con cui si annulla l’F24. Non solo, a seguito di quella istanza, cosi’ come per qualsiasi altra istanza avanzata dal contribuente, secondo la piu’ recente ed univoca giurisprudenza sul punto, l’Amministrazione aveva il dovere e l’obbligo di promuovere un contraddittorio che necessariamente doveva concludersi con la emissione, da parte della stessa Amministrazione, di un atto motivato. Tutto questo nel caso di specie non e’ avvenuto, anzi l’Ufficio ha dato seguito al p.v.c. e solo a distanza di oltre un anno e comunque in data successiva alla emissione dell’avviso di recupero, ha comunicato che le istanze non potevano essere accolte senza, pero’, motivare in alcun modo le ragioni del rigetto e senza porre a base dello stesso alcun riferimento normativo. Ai sensi e per gli effetti della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 421 (Finanziaria 2005), l’atto di recupero emanato dall’Agenzia delle Entrate, per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati e riguardanti le entrate tributarie, deve essere necessariamente motivato”.

Con la motivazione sopra richiamata il giudice di appello non ha affermato, in violazione dell’articolo 1421 c.c., che fosse possibile, per la contribuente, operare la compensazione di un credito tributario con un controcredito di imposta inesistente, ma ha piuttosto ritenuto, con riferimento al credito di imposta utilizzato in eccedenza rispetto alla misura spettante, che, a fronte della presentazione di istanze di annullamento dei modelli di pagamento F24 da parte della (OMISSIS) s.r.l., l’Agenzia delle Entrate aveva l’obbligo di provocare un contraddittorio con la contribuente, all’esito del quale, in presenza dei relativi presupposti, avrebbe potuto emettere un atto di recupero motivato che tenesse conto dei chiarimenti e delle controdeduzioni svolte dalla societa’.

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