Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 18 novembre 2015, n. 23570
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24056-2010 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;
– intimato –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la decisione n. 575/2010 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di MILANO, depositata il 24/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/2015 dal Consigliere Dott. Liana Maria Teresa ZOSO;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il resistente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta e chiede l’inammissibilita’;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con scrittura privata autenticata del 27 agosto 1992 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sul presupposto della sussistenza tra loro di una societa’ di fatto costituita con scrittura privata registrata il 25 gennaio 1978, procedevano alla regolarizzazione della societa’ di fatto in societa’ in nome collettivo sotto la denominazione sociale ” (OMISSIS) SNC”. Nell’atto si dichiarava l’appartenenza al patrimonio sociale di un immobile sito in (OMISSIS). L’ufficio del registro, ritenendo che cio’ costituisse aumento di capitale con conferimento di bene immobile appartenente pro’ quota ai soci uti singuli, rideterminava le imposte dovute facendo applicazione dell’aliquota proporzionale dell’8% sulla plusvalenza, le nuove imposte ipocatastali, le soprattasse e gli interessi per l’importo complessivo di lire 14.330.000. Proposto ricorso da parte degli odierni ricorrenti dinanzi alla commissione tributaria di primo grado di Bergamo, esso veniva accolto. La commissione tributaria di secondo grado, decidendo sull’appello dell’ufficio, accoglieva l’impugnazione sul rilievo della inapplicabilita’ della Legge n. 947 del 1982 in quanto norma non retroattiva. Proposto ricorso da parte dei contribuenti, la commissione tributaria centrale confermava la decisione della commissione tributaria di secondo grado motivando la decisione nel senso che i beni immobili potevano risultare legalmente di proprieta’ della societa’ di fatto solo qualora fossero stati strumentali poiche’, diversamente, essi dovevano essere considerati di proprieta’ dei soci. Avverso la decisione della commissione tributaria centrale hanno proposto ricorso i contribuenti svolgendo un unico motivo. L’amministrazione finanziaria si e’ costituita ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’articolo 370 c.p.c., comma 1.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorrenti, con l’unico motivo di ricorso, deducono violazione di legge in relazione agli articoli 2297, 2266 e 2267 cod. civ. nonche’ in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 634 del 1972, articolo 4, lettera a), n. 1 e lettera d) dell’allegato A, parte prima, sostenendo che il bene immobile sito in (OMISSIS) risultava essere stato acquistato, con atto per ministero del notaio (OMISSIS) del 23 giugno 1980 n. 12466 rep. e 2340 racc, di cui hanno trascritto il contenuto essenziale nel ricorso, dalla societa’ di fatto (OMISSIS) a mezzo dei soci (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Risultava, dunque, che il bene era intestato non gia’ ai soci uti singuli ma alla societa’ di fatto dagli stessi costituita con scrittura privata registrata il 25 gennaio 1978, per il che, a seguito della regolarizzazione della societa’ di fatto in societa’ in nome collettivo, non si era verificato l’aumento di capitale della s.n.c. con conferimento di bene immobile ma la mera ricognizione del patrimonio della societa’ che, per effetto della regolarizzazione stessa, era stato sottoposto al vincolo previsto dalle norme di cui agli articoli 2303 e 2306 cod. civ..
Ora, e’ stato piu’ volte affermato dalla corte di legittimita’ il principio secondo il quale l’atto di regolarizzazione di una societa’ di fatto in societa’ in nome collettivo, il quale includa, nel patrimonio sociale, anche beni immobili in precedenza acquistati, anche in virtu’ del principio dell’accessione, dai soci uti singuli, senza spendita del nome della societa’, e’ soggetto, con riguardo a tali beni, a tassazione proporzionale di registro, atteso che, per effetto della non riferibilita’ di detto pregresso acquisto alla societa’, l’atto in questione realizza il conferimento, in proprieta’, dei suddetti beni immobili alla societa’, con conseguente efficacia incrementativa – e non meramente ricognitiva – del patrimonio sociale (Cass. n. 11817 del 19/05/2006, Cass. n. 5076 del 12/03/2004, Cass. n. 2705 del 26/03/1997, Cass. n. 11962 del 04/11/1992).
Da tale principio, che questa corte condivide, deriva che, laddove il bene risulta essere stato acquistato dalla societa’ di fatto, come nel caso che occupa ove nell’atto di acquisto e’ stata fatta menzione della societa’ di fatto quale parte acquirente, per effetto della regolarizzazione della societa’ medesima in societa’ in nome collettivo non si realizza un conferimento, come si avrebbe nel caso in cui il bene fosse intestato ai soci uti singuli, ma la mera ricognizione del patrimonio della societa’ di fatto che viene ad essere sottoposto ai vincoli previsti per la societa’ in nome collettivo.
Il richiamo operato dalle commissioni di primo e di secondo grado alla Legge n. 947 del 1982, seppure i due giudici ne hanno tratto diverse conclusioni, costituisce un fuor d’opera. Invero l’articolo 1 della legge stessa stabilisce “Le societa’ di fatto o irregolari esistenti alla data del 30 giugno 1982 possono essere regolarizzate entro il 31 dicembre 1984 in una delle forme previste dai capi 3 e 4 del titolo 5 del libro quinto del codice civile con atto sottoposto a registrazione con l’applicazione dell’imposta di registro nella misura dell’1 per cento e senza applicazione di sanzioni. L’imposta e’ ridotta allo 0,50 per cento per la regolarizzazione delle societa’ aventi sede ed operanti nei territori di cui al testo unico approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, e successive modificazioni. Le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura fissa. La base imponibile e’ costituita dal patrimonio netto della societa’ quale risulta dalla situazione patrimoniale alla data della regolarizzazione, da allegarsi all’atto, redatta sulla base delle scritture contabili obbligatorie anche se ai soli fini fiscali o, in mancanza, di documenti aventi data certa. Nella situazione patrimoniale e’ consentito comprendere anche i beni immobili e mobili iscritti nei pubblici registri, o loro quote, comunque utilizzati come beni strumentali nell’esercizio dell’impresa societaria ancorche’ intestati ai soci o ad alcuno di essi”. Ora, a tacer del fatto che la norma non e’ applicabile al caso di specie ratione temporis, essa ha introdotto una particolare agevolazione per effetto della quale anche i beni intestati ai soci uti singuli, purche’ si tratti di beni strumentali per la societa’, vengono considerati, ai fini fiscali, patrimonio della societa’ di fatto si’ da scontare la tassazione proporzionale di registro con l’aliquota dell’1 per cento e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa. Neppure la commissione centrale ha colto nel segno poiche’ la circostanza che la societa’ di fatto risultasse essere la proprietaria del bene per effetto dell’atto di compravendita del 23 giugno 1980 costituiva il solo presupposto necessario per affermare la natura ricognitiva dell’atto di regolarizzazione della societa’ che contemplava il bene stesso e superflua era, a tal punto, l’indagine circa la strumentalita’ di esso.
Il ricorso va, dunque, accolto, la sentenza impugnata va annullata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento dell’originario ricorso dei contribuenti. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per la particolarita’ della questione trattata e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario dei contribuenti. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere ai ricorrenti le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi euro 1.500,00, oltre agli accessori di legge.
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