Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 17 dicembre 2014, n. 26493
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11760/2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL in persona dell’Amm.re e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) con studio in (OMISSIS) (avviso postale ex articolo 135) giusta delega in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4/2009 della COMM.TRIB.REG. della VALLE D’AOSTA/VALLE D’AOSTA, depositata il 10/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/05/2014 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
La Commissione Tributaria Regionale della Valle d’Aosta/Valle D’Aosta rigettava l’appello principale ed accoglieva quello incidentale proposto dalla contribuente in relazione alla questione preliminare. Motivava il giudice di appello nel senso che fondata era l’eccezione di mancato rispetto del termine dilatorio previsto dall’articolo 12. Concludeva nel senso che l’accoglimento dell’appello incidentale determinava l’assorbimento dell’esame dei motivi dell’impugnazione principale.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la contribuente.
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, si denuncia la violazione della Legge n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Deduce la ricorrente che alla violazione della previsione citata non consegue l’invalidita’ dell’atto impositivo.
Nel controricorso e’ stata eccepita l’inammissibilita’ del ricorso non avendo la ricorrente impugnato l’omessa pronuncia in ordine all’appello principale, ed essendosi sul merito formato il giudicato. L’eccezione e’ infondata. Mentre il giudicato interno si forma anche sui capi della sentenza che siano stati oggetto di decisione implicita, ove la stessa non sia stata impugnata, nel caso di assorbimento c.d. improprio (il quale ricorre allorche’ una domanda viene rigettata in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo che rende vano esaminare le altre), sul soccombente non grava l’onere di formulare sulla questione assorbita alcun motivo di impugnazione, essendo sufficiente, per evitare il giudicato interno, censurare o la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento, contestando i presupposti applicativi e la ricaduta sulla effettiva decisione della causa (Cass. 9 ottobre 2012, n. 17219). L’assorbimento non comporta infatti un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realta’, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione e’ proprio quella dell’assorbimento (Cass. 27 dicembre 2013, n. 28663).
Il primo motivo del ricorso e’ fondato. Come affermato da questa Corte, le garanzie previste dalla Legge n. 212 del 2000, articolo 12, sono apprestate esclusivamente a favore del contribuente sottoposto a verifica presso i locali di sua pertinenza destinati all’esercizio dell’attivita’, e non anche del terzo a carico del quale possano emergere dalla detta verifica dati, informazioni od elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento nei suoi confronti (Cass. 26 settembre ” 2012, n. 16354; 2 aprile 2014 n. 7598; si veda anche Cass. 19 dicembre 2013, n. 28390). La giurisprudenza di legittimita’, anche laddove abbia esteso le garanzie in discorso all’ipotesi della mera richiesta di documentazione al contribuente, ha comunque mantenuto fermo come presupposto di applicazione della norma l’accesso presso i locali aziendali del contribuente sottoposto a verifica (Cass. 11 settembre 2013, n. 20770). Il Collegio intende dare continuita’ a questo orientamento.
Va riaffermato che presupposto di applicabilita’ della norma di cui alla Legge n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7, e’ il fatto che gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali, contemplati dalla norma, siano effettuati nei locali di pertinenza del contribuente, nei cui confronti l’avviso di accertamento non puo’ dunque essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni da rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle dette operazioni. In tal senso milita non solo il chiaro tenore del primo comma della disposizione in esame, ma l’intero impianto della norma. Quest’ultima descrive in termini di articolazione procedimentale, data la previsione di un complesso di diritti e garanzie, le operazioni di verifica fiscale presso la sede del contribuente, e copia del processo verbale viene rilasciata, ai fini delle osservazioni e richieste, al soggetto nei cui confronti sono state compiute le dette operazioni. E’ vero che, su richiesta del contribuente, l’esame della documentazione puo’ essere effettuata nell’ufficio dei verificatori, ma si tratta di incidente nell’ambito di un procedimento che muove dal compimento di verifiche presso i locali di pertinenza del contribuente. Del resto l’intero spettro di diritti e garanzie ha come presupposto l’esecuzione delle verifiche presso la sede del contribuente, e l’esame presso l’ufficio dei verificatori, una volta che la verifica sia iniziata presso i locali di pertinenza del contribuente, puo’ aversi solo su richiesta del contribuente medesimo. La sequenza procedimentale che si conclude con l’emanazione dell’atto impositivo, nel rispetto del termine previsto, presuppone quindi che si tratti del medesimo contribuente che dapprima subisce la verifica presso i propri locali e che in seguito, decorso il termine di legge dal rilascio di copia del processo verbale relativo alla verifica, diventa soggetto passivo dell’atto impositivo.
La non estensione al terzo delle garanzie previste dalla norma in esame discende, sul piano della ratio legis, non solo dal fatto che il contribuente subisca un accesso presso i locali di propria pertinenza, ma anche dalla non coincidenza del processo verbale relativo alla verifica, avente ad oggetto i dati acquisiti a seguito dell’accesso, con il processo verbale nel quale vengono formulati i rilievi o gli addebiti (Cass. 12 maggio 2011, n. 10381). L’eventuale coincidenza rappresenta una circostanza fattuale, che non fa venir meno la distinzione logico-giuridica.
Nei confronti del terzo rispetto alle verifiche fiscali il p.v.c. puo’ quindi fungere da segnalazione, proveniente da soggetto esterno all’Ufficio finanziario, ai fini dell’accertamento. Quale atto cui si fa riferimento nella motivazione dell’atto impositivo, deve essere allegato a quest’ultimo ai sensi della Legge n. 212 del 2000, articolo 7, comma 1. Il terzo, proprio perche’ tale, resta in conclusione estraneo alla sequenza procedimentale prevista dall’articolo 12.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo.
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