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A questo approdo era gia’ giunto il Tribunale quantunque in un momento in cui la prescrizione non era ancora maturata.
Il tribunale, che pure aveva ritenuto la natura permanente del reato, ha infatti affermato (v. sentenza di primo gradg pag. 15) che, “benche’ nel capo di imputazione si era indicata la data dell’ottobre 2005, il reato di cui trattasi deve ritenersi consumato nell’autunno del 2008, in coincidenza con l’esecuzione del provvedimento di sequestro dell’imbarcazione a (OMISSIS), ove la stessa era stata nel frattempo trasferita”.
Se quindi il reato si perfeziona quando la merce viene indebitamente sottratta al pagamento dell’imposta al momento dell’importazione, ma la consumazione perdura nel tempo perche’ il tributo grava sulla merce, la quale percio’ continua a mantenere la sua condizione di illegittimita’ anche dopo l’introduzione nel territorio dello Stato, si deve allora ritenere che, nel caso di sequestro della merce, la permanenza del reato cessa, venendosi a verificare una delle ipotesi in cui si esaurisce la lesione all’interesse protetto dalla norma incriminatrice, dovendo escludersi che l’adempimento dell’obbligazione mediante pagamento dell’imposta o la sentenza di condanna in primo grado costituiscano fatti idonei ad interrompere la permanenza del reato.
Ne consegue che deve rimanere ferma la statuizione contenuta in parte qua nella sentenza impugnata, derivando il rigetto del primo motivo di ricorso proposto dal Procuratore generale.
3. E’ infondato anche il secondo motivo di impugnazione proposto dal Procuratore generale che si duole del fatto che la Corte di appello abbia escluso, nel caso in esame, l’applicabilita’ della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande sezione, Taricco ed altri del 8 settembre 2015, C105/14, con conseguente disapplicazione delle norme sulla prescrizione.
Secondo il ricorrente, oltre al vizio di contraddittorieta’ infratestuale della motivazione (la frode contestata all’imputato (OMISSIS) al capo 2, reato presupposto della responsabilita’ della societa’, e la frode di cui al capo 1 sarebbero sostanzialmente di pari entita’ ma la prima, diversamente dalla seconda, sarebbe stata stimata di grave entita’), si verterebbe in un caso di frode grave alla semplice condizione che, alla violazione degli interessi economici e fiscali, corrisponda nel paese membro una reazione sanzionatoria affidata all’applicazione di norme penali e, comunque, sarebbe grave, avuto riguardo alle norme del trattato indicate nel ricorso, ogni frode che riguardi un importo superiore a 50.000 Euro e, nel caso di specie, la frode di cui si discute, e’ stata quantificata nella misura di 420.000 Euro.
La Corte di appello ha chiarito che la Corte di Giustizia, con la “sentenza Taricco”, ha stabilito che la disciplina risultante dall’articolo 160 c.p., u.c., e articolo 161 c.p., e’ idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE (trattato funzionamento unione Europea), nell’ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’unione Europea, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono i soli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione piu’ lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea, statuendo che spetta al giudice nazionale verificare di volta in volta se tale contrasto sussiste e, in caso affermativo, disapplicare le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE.
La Corte di appello, nel procedere all’esame della questione commessa al giudice nazionale dai Giudici Europei, ha ritenuto che, nel caso in esame, non ricorresse alcuna delle situazioni cui fa riferimento la decisione della Corte di giustizia.
La pronuncia, infatti, individua il contrasto suindicato e la necessita’ di disapplicazione degli articoli 160 e 161 c.p.: a) nei casi di frode grave che ledano gli interessi finanziari dell’unione Europea; b) quando, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, siano previsti termini di prescrizione piu’ lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’unione Europea.
Quindi, la Corte di appello ha affermato come dovesse escludersi l’ipotesi sub b) perche’ il reato di truffa aggravata previsto dall’articolo 640 c.p., comma 2, n. 1), in danno dello Stato o di altri enti pubblici risulta punito con la pena massima di cinque anni di reclusione ed e’ anch’esso soggetto, in base agli articoli 160 e 161 c.p., al termine prescrizionale massimo di sette e anni e mezzo.
La Corte del merito ha poi anche escluso la ricorrenza dell’ipotesi sub a) perche’, nonostante l’ammontare considerevole dell’IVA evasa, il carattere episodico del reato sub iudice, connesso alla vicenda, singolare, dell’acquisto e dell’importazione dell’imbarcazione in oggetto e commesso dall’ (OMISSIS) e dal coimputato (OMISSIS) senza l’ausilio di alcuna struttura organizzativai potesse rientrare in un caso di frode grave.
Nel pervenire a tale conclusione, la Corte di appello si e’ allineata, sul punto, al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale, in materia di reati tributari, l’applicazione dei principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande sezione, Taricco ed altri del 8 settembre 2015, C-105/14, in ordine all’obbligo di disapplicazione della disciplina della prescrizione prevista dagli articoli 160 e 161 c.p., se ritenuta idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea, presuppone, da un lato, l’esistenza di un procedimento penale riguardante “frodi gravi”, da intendersi con riferimento sia alle fattispecie espressamente connotate da fraudolenza, sia a quelle che, pur non richiamando espressamente tale requisito della condotta, siano dirette all’evasione dell’Iva, la cui gravita’ va desunta da tutti i criteri previsti dall’articolo 133 c.p., comma 1; dall’altro, l’ineffettivita’ della complessiva disciplina sanzionatoria in un “numero considerevole di casi di frode grave”, da valutarsi in relazione alle fattispecie concrete oggetto del singolo giudizio, considerando il numero e la gravita’ dei diversi episodi di frode per i quali si procede, nonche’ il contesto complessivo e le ragioni di connessione fra gli stessi (Sez. 3, n. 44584 del 07/06/2016, Puteo, Rv. 269281).
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