Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 7 dicembre 2017, n. 29499. Rinvio alle Sezioni unite sul quesito relativo al sistema di preclusioni in appello introdotto dal Dl 432/1995 per chiarire se la domanda di garanzia o di regresso condizionata dall’accoglimento della principale…

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3. Per fornire risposta al suddetto interrogativo nella fattispecie in esame si deve premettere che la causa de qua e’ assoggettata ratione temporis alle norme codicistiche introdotte con la riforma del Decreto Legge 18 ottobre 1995, n. 432, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 dicembre 1995, n. 534 e applicabili ai giudizi instaurati dopo il 30 aprile 1995, mentre non possono essere invocate le disposizioni del codice di rito nel testo modificato dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, che si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo del 2006.
E’ necessario, pertanto, ricostruire il quadro normativo vigente al momento dell’appello per stabilire se l’ordinamento processuale allora vigente gia’ individuava nel termine ex articoli 347 c.p.c., comma 1, e articolo 166 c.p.c. una barriera preclusiva alla proposizione delle difese dell’appellato.
Come noto, la novella del 1995 ha introdotto un sistema basato su rigide preclusioni le quali comportano la decadenza della parte da varie prerogative processuali (la proposizione di domande nuove o riconvenzionali o di eccezioni di rito e di merito) oltre determinate scansioni temporali.
L’articolo 346 c.p.c., articolo 347 c.p.c., comma 1, articolo 166 c.p.c., nella formulazione vigente dal 1995, non hanno subito modifiche nel 2005, mentre il testo dell’articolo 167 c.p.c. anteriore alla novella entrata in vigore il 1 marzo 2006 sanciva: “Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali. Se e’ omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullita’, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione. Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269.”. Quanto alle eccezioni, l’avvio del processo in primo grado era scandito, fino alla novella del 2006, dall’udienza di prima comparizione ex articolo 180 c.p.c. e dalla prima udienza di trattazione ex articolo 183 c.p.c. ed era necessariamente assegnato “al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza (di trattazione) per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio”.
Riassumendo:
– nel sistema processuale vigente tra il 30 aprile 1995 e il 1 marzo 2006, costituendosi in primo grado il convenuto era tenuto a “proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda” ed aveva l’onere di costituirsi tempestivamente (almeno 20 giorni prima dell’udienza di prima comparizione) per proporre domande riconvenzionali e chiamare in causa terzi, mentre la barriera preclusiva per le eccezioni non rilevabili d’ufficio era fissata al termine (ex articolo 180 c.p.c.) anteriore di 20 giorni alla prima udienza di trattazione;
– dopo la novella del 2005-2006 (che ha unificato le udienze ex articoli 180 e 183 c.p.c.) la barriera preclusiva per tutte le difese del convenuto (domande riconvenzionali, chiamate in causa, eccezioni in rito e di merito) coincide col termine per la costituzione tempestiva, fissato a 20 giorni prima dell’udienza di trattazione.
4. Con specifico riferimento alle disposizioni introdotte nel 1995, questa Corte ha affermato che l’appellato ha la facolta’ di riproporre le domande e le eccezioni a norma dell’articolo 346 c.p.c. sino all’udienza di precisazione delle conclusioni: “Per sottrarsi alla presunzione di rinuncia di cui all’articolo 346 c.p.c., la parte vittoriosa in primo grado ha l’onere di riproporre, a pena di formazione del giudicato implicito, in modo chiaro e preciso le domande e le eccezioni (in senso stretto) respinte o ritenute assorbite, in qualsiasi momento del giudizio di secondo grado, fino alla precisazione delle conclusioni, non essendo applicabile al giudizio di appello il sistema di preclusioni introdotto per il giudizio di primo grado, con il Decreto Legge n. 432 del 1995, convertito dalla L. n. 534 del 1995” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15427 del 10/08/2004, Rv. 575944-01; analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15223 del 19/07/2005, Rv. 582973-01, in cui, pero’, l’affermazione costituisce un mero obiter dictum posto che il Collegio osserva che “nella specie, peraltro, la ricorrente nella comparsa di costituzione in appello… ha fatto specifico richiamo alla domanda subordinata di garanzia, avanzata in citazione… assolvendo in tal modo pienamente all’onere sancito dall’articolo 346 c.p.c., che presuppone appunto una riproposizione chiara e precisa della domanda proposta in via subordinata in prime cure”).
La menzionata sentenza n. 15427 del 10/08/2004 – dopo aver rilevato che “da tempo, ad una giurisprudenza pressoche’ consolidata secondo la quale la riproposizione e’ ammissibile fino alla precisazione delle conclusioni… si contrappone una forte corrente dottrinaria (sorta soprattutto dopo la novella del 1995: Decreto Legge 18 ottobre 1995, n. 432 convertito con modifiche nella L. 20 dicembre 1995, n. 534) la quale, sia pure proponendo soluzioni non sempre coincidenti, si pone comunque in posizione fortemente critica, sostenendo la necessita’ di evitare disparita’ di trattamento tra appellato ed appellante (al quale e’ inibita la proposizione di censure successive e diverse rispetto a quelle contenute nell’atto di appello); e di evitare inoltre disparita’ di trattamento tra il convenuto in primo grado (assoggettato alle rigorose norme contenute nell’articolo 167 c.p.c., articolo 171 c.p.c., comma 2, articoli 180 e 183 c.p.c.) ed il convenuto in secondo grado” – fonda la propria decisione, di continuita’ coi precedenti nonostante l’introduzione del regime delle preclusioni, su varie motivazioni:

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