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Al contrario, nella fattispecie in esame, la Corte d’appello di Trento ha ampiamente illustrato le ragioni per cui ha ritenuto di non accogliere la tesi prospettata da (OMISSIS), secondo la quale “il vero motivo del recesso di (OMISSIS) e’ stato rappresentato dall’allarme, e dalla sfiducia, in lei suscitate dall’operato della APSS”.
In particolare, la motivazione prende le mosse da una circostanza di fatto (documentalmente provata e non contestata), costituita dalla comunicazione di recesso trasmessa dalla cliente straniera, inequivocabilmente motivata con riferimento all’acquisizione di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS).
La Corte territoriale, lungi dal fornire argomentazioni tra loro inconciliabili o incomprensibili o apparenti, ha dettagliatamente esaminato le motivazioni contenute nella decisione del primo giudice – il quale “aveva ritenuto che, nonostante il chiaro tenore della dichiarazione di recesso, la (OMISSIS) avesse invece inteso addivenire allo scioglimento del rapporto contrattuale proprio in conseguenza degli eventi qui in discussione” – e ha pero’ ritenuto che non vi fossero elementi di riscontro idonei a suffragare tale supposizione attraverso il ragionamento presuntivo seguito in primo grado, potendosi di contro obiettare (con argomento ex articolo 116 cod. proc. civ.) che proprio dall’atteggiamento di (OMISSIS), la quale aveva omesso di contestare un recesso (a suo dire) contrario a buona fede (la circostanza e’ acclarata), poteva evincersi la conferma della fondatezza delle ragioni manifestate per giustificare lo scioglimento del rapporto.
Non solo: anche gli elementi considerati dal primo giudice per fondare la diversa decisione (l’acquisizione del pacchetto azionario (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) in tempi non prossimi alla lettera di recesso desumibile dal viaggio dei rappresentanti di (OMISSIS) in (OMISSIS) gia’ nel settembre 2005; la mancata prospettazione un cambiamento nelle politiche aziendali conseguente al cambio sostanziale dell’azionariato) sono stati analizzati e la Corte trentina ha concluso che la cliente non fosse tenuta a dar conto di una variazione delle politiche aziendali nel contesto della dichiarazione di recesso e che in ogni momento successivo all’acquisto della (OMISSIS) (e non necessariamente in prossimita’ di questo) la (OMISSIS) avrebbe potuto prendere la decisione di scegliere un diverso interlocutore contrattuale mutando la propria strategia commerciale.
In definitiva, dunque, la sentenza contiene una motivazione esaustiva che formula un insindacabile giudizio di insufficienza degli elementi presuntivi (evidentemente, reputati non precisi e non gravi) indicati dalla (OMISSIS) per supportare la propria tesi.
In proposito, si deve ribadire che rientra nei compiti del giudice di merito il giudizio circa l’idoneita’ degli elementi presuntivi a consentire inferenze probatorie che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimita’, se sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravita’, della precisione e della concordanza indiziaria, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi (ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12002 del 16/5/2017, Rv. 644300-01).
3. Con il secondo motivo la parte ricorrente, richiamando l’articolo 360 c.p.c., n. 3, censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 24 Cost., articolo 2721 cod. civ. e articoli 115, 183, 244 e 253 cod. proc. civ. in quanto i giudici di merito avevano omesso di assumere una dedotta ed ammessa prova testimoniale, dalla parte considerata decisiva ai fini del giudizio, reputandola irrilevante; da tale mancanza derivava altresi’ la nullita’ della sentenza, denunciata ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4; in particolare, non era stata assunta la prova testimoniale sul capitolo 65, asseritamente idoneo a dimostrare “che nei successivi colloqui avuti dai Dirigenti della (OMISSIS) S.p.A. con i dirigenti di (OMISSIS) questi ultimi comunicavano che la determinazione della (OMISSIS) di interrompere il rapporto contrattuale con (OMISSIS) era la diretta ed immediata conseguenza della sfiducia nata in (OMISSIS) verso (OMISSIS) a seguito degli accertamenti della APSS prima sull’omogeneizzato di mela e poi sull’omogeneizzato di pera”.
4. Il motivo e’ infondato.
Infatti, spettano al giudice di merito i poteri discrezionali di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare all’uopo le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e scegliere, fra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti.
In proposito, la Corte d’appello ha formulato un giudizio di irrilevanza della prova testimoniale sia perche’ il capitolo si riferisce agli “accertamenti” (di per se’ legittimi) e non agli esiti degli stessi, sia perche’ (come gia’ esposto) la stessa (OMISSIS) non aveva utilizzato tale informazione per contrastare il recesso contra bonam fidem, sia perche’ i dirigenti, peraltro genericamente indicati senza specificazione dei loro poteri, non avrebbero potuto esprimere che un’opinione e non la reale volonta’ di (OMISSIS).
La Corte territoriale, pur avendo espresso un giudizio di irrilevanza della testimonianza, ha ipotizzato quale sarebbe stata la sua valutazione in caso di assunzione e ha concluso – con motivazione incensurabile in sede di legittimita’ – che la deposizione testimoniale, anche se assunta, non avrebbe avuto una portata decisiva rispetto alle altre risultanze istruttorie.
Formulando il motivo, dunque, la ricorrente pretenderebbe sostanzialmente un nuovo sindacato sulla motivazione con cui il giudice di merito ha compiuto la valutazione del materiale probatorio: al riguardo si deve ribadire che “La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 19547 del 04/08/2017).
Non si rinvengono nella pronuncia impugnata profili di insufficienza o contraddittorieta’, ne’ insanabili contrasti nella motivazione addotta.
5. Con il terzo motivo (OMISSIS) lamenta violazione e falsa applicazione ex articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, degli articoli 1223, 1226, 2056 e 2059, per avere la Corte d’appello negato la sussistenza di pregiudizi risarcibili, o la loro riconducibilita’ al fatto illecito della APSS di Trento.
6. Il motivo e’ inammissibile.
E’ pacifico nella giurisprudenza di legittimita’ che l’accertamento del nesso di causa tra il fatto illecito e l’evento deve avvenire dapprima individuando in iure la regola giuridica in base alla quale compiere il relativo giudizio e, quindi, alla luce di quella, accertando in facto le conseguenze dell’illecito. La distinzione rileva perche’ l’errore compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso di causa e’ censurabile in sede di legittimita’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3; invece, l’eventuale errore del giudice di merito nell’individuazione delle conseguenze che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata, e’ una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimita’ se adeguatamente motivata (ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4439 del 25/2/2014, Rv. 630127-01).
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