Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 7 dicembre 2017, n. 29328. L’analisi errata su alcuni prodotti alimentari da parte dei servizi sanitari provinciali in merito alla concentrazione di alcuni componenti tossici

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Nel caso di specie, la Corte d’appello di Trento non ha mai negato che siano risarcibili i danni (patrimoniali e non) che costituiscano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito (secondo la regola di cui all’articolo 1223 cod. civ.), ne’ la possibilita’ di ricorrere alla loro liquidazione equitativa (ex articoli 1226 e 2056 cod. civ.), ne’ contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso – il principio per cui “il risarcimento del danno deve comprendere il danno emergente ed il lucro cessante che siano conseguenza immediata e diretta del fatto lesivo, il cui ammontare puo’ essere liquidato anche in via equitativa”. Semplicemente, ha adempiuto al compito di giudice del merito, ad essa attribuito dall’ordinamento, negando in facto che alcuni dei danni dei quali la (OMISSIS) ha chiesto il ristoro potessero ritenersi giuridicamente causati dal fatto illecito della APSS.
Non avendo riconosciuto una connessione causale tra la condotta dell’odierna controricorrente e la perdita della cliente (OMISSIS), il giudice del merito ha coerentemente escluso tutte le voci di danno collegate a tale presunto (dalla ricorrente) danno-evento: per tale ragione – e non per un’omissione della Corte territoriale che non ha proceduto ad una quantificazione in via equitativa (che attiene al quantum, ma presuppone l’an del danno) – sono cosi’ risultate infondate tutte le pretese risarcitorie per mancato guadagno derivante dalle future forniture alla cliente, incentivo all’esodo per i dipendenti licenziati, spese per la ricerca di nuova clientela e per la collocazione dei prodotti.
Con motivazione logica e adeguata, incensurabile nel giudizio di legittimita’, si sono ritenuti insussistenti o non dimostrati gli ulteriori danni indicati dalla parte come conseguenti alla condotta dell’Azienda Provinciale: le spese sostenute per la trasferta del personale di (OMISSIS) presso la sede della (OMISSIS) (avvenuta in data anteriore alla data in cui sono stati resi noti gli errati risultati analitici), i costi del personale (in mancanza di prova di un maggior esborso o di una riduzione della produzione), il danno all’immagine (che – in contrasto con le asserzioni della ricorrente – non costituisce un danno-evento, e cioe’ in re ipsa, ma deve essere oggetto di allegazione e di prova, mancante nel caso de quo secondo l’apprezzamento della Corte territoriale; v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 20643 del 13/10/2016, Rv. 642923-02).
Per le suesposte ragioni, pare evidente che la parte ricorrente, pur avendo lamentato vizi di motivazione e di violazione e falsa applicazione delle norme indicate nella rubrica del motivo, tenda, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede.
7. Con il quarto motivo si denuncia, richiamando l’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. (ratione temporis vigente), con riguardo alla disposta compensazione integrale delle spese di lite (e, in particolare, per le consulenze), che si sarebbero dovute accollare “quantomeno per la maggiore parte” all’odierna controricorrente.
8. Il motivo e’ inammissibile.
In relazione alla statuizione di compensazione delle spese di lite la ricorrente lamenta la violazione del principio della soccombenza, senza pero’ considerare che esso “va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non puo’ essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione e’ pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunita’ di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti” (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017; analogamente, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017, Rv. 643477-02).
Nella sentenza impugnata si legge che la decisione di compensare interamente le spese di lite e’ giustificata da una “paritaria reciproca soccombenza”, in quanto “APSS risulta soccombente in ordine alla sussistenza della condotta dannosa”, mentre (OMISSIS) “ha avanzato pretese risarcitorie esorbitanti, per eventi non riconducibili causalmente alla condotta di APSS o per danni in se’ insussistenti (o comunque privi di supporto probatorio)”.
La (OMISSIS) sostiene che il giudice di merito ha erroneamente omesso di ritenere maggiore la soccombenza della APSS, esorbitando – con tale censura – dai limiti del controllo di legittimita’ della decisione.
Difatti, per ravvisare una reciproca soccombenza, il giudice di merito deve effettuare una valutazione discrezionale, non arbitraria ma fondata sul principio di causalita’, che si specifica nell’imputare idealmente a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate, ovvero per aver avanzato pretese infondate, e nell’operare una ideale compensazione tra essi (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3438 del 22/02/2016, Rv. 638889-01, in riferimento a una domanda proposta per un importo notevolmente maggiore di quello dovuto, la quale aveva determinato lo svolgimento del processo), di talche’ il parziale accoglimento della domanda proposta impedisce la condanna, anche parziale, dell’attore al pagamento delle spese processuali, le quali possono, pero’, essere compensate totalmente o parzialmente (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21069 del 19/10/2016, Rv. 642938-01).
9. In conclusione, il ricorso e’ rigettato.
Alla decisione di rigetto fa seguito la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri del Decreto Ministeriale Giustizia 10 marzo 2014, n. 55
10. Infine, sussistono i presupposti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre a Euro 200,00 per esborsi e ad accessori di legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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