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In massima sintesi, si deve dare atto che l’opinione maggioritaria e’ orientata nel senso di escludere che a livello costituzionale vi sia compressione alcuna dell’autonomia negoziale dei privati sulle modalita’ di reperimento dei mezzi finanziari per adempiere all’obbligo di solidarieta’ di cui all’articolo 2 Cost., e che comunque lo stesso articolo 53 Cost., non abbia alcuna incidenza sui rapporti privatistici, in quanto tali appunto rimessi all’autonomia negoziale delle parti, insindacabile sotto il profilo della regolamentazione economica, salvi i limiti previsti da specifiche norme. Altra opinione, peraltro, avverte che in tal modo si ridimensionerebbe la ratio dell’articolo 53, riducendo il concorso delle spese pubbliche in base alla capacita’ contributiva ad una regola meramente formale diretta a stabilire il presupposto e il contenuto delle obbligazioni tributarie, rimettendo alle libere regole del mercato l’individuazione del sacrificio economico effettivo dei singoli contribuenti: anche in quest’ottica, peraltro, nulla quaestio per la traslazione occulta, ovvero meramente economica.
3.2.8 A tutto cio’ si aggiunga che e’ sceso in campo come fonte di norma generale il cosiddetto Statuto del contribuente, cioe’ la L. 27 luglio 2000, n. 212, sul cui articolo 8, comma 2, come si e’ visto hanno argomentato in controricorso e in memoria le parti: norma, peraltro, che, pur senza dubbio applicabile ratione temporis (il contratto e’ stato stipulato nel 2003), e’ di evidentemente discutibile pertinenza, tant’e’ vero che la diatriba davanti ai giudici di merito si e’ imperniata da un lato – cioe’ nella prospettazione attorea – sull’asserita nullita’ della clausola in riferimento ai principi costituzionali (dei quali per di piu’ il ricorrente ha rimarcato la natura sovraordinata), e dall’altro – ovvero nella difesa della controparte – sulla non incidenza dell’articolo 53 Cost., e sulla riconducibilita’ del pagamento delle imposte al canone locatizio.
Ancora per completezza, si rammenta che da ultimo il Decreto Legislativo 5 agosto 2015, n. 128, ha inserito nello Statuto del contribuente l’articolo 10 bis, rubricato come “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”. Dei tredici commi che lo compongono sono comunque interessanti, per tenere in conto ai fini interpretativi l’evoluzione del sistema, i primi due. Il primo comma, invero, stabilisce che l’abuso del diritto consiste in “una o piu’ operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”, operazioni che sono quindi inopponibili all’erario. Il secondo fornisce il contenuto delle definizioni su cui si impernia il primo, cioe’ le “operazioni prive di sostanza economica” – che sono quindi “i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”, essendone indice tra l’altro “la non conformita’ dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato” – e i “vantaggi fiscali indebiti” – ovvero “i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalita’ delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario” -.
3.3 La questione, in ultima analisi, sulla validita’ di un accordo di traslazione degli oneri fiscali che sia estraneo al sinallagma del contratto in cui e’ inserito si impernia allora sul comprendere se vi sia una compressione all’autonomia negoziale che imponga agli interessi economici un limite giuridico. E il fondamento della tematica rimane comunque nel significato dell’articolo 53 Cost., tenendo conto che S.U. 18 dicembre 1985 n. 6445, ovvero l’arresto nomofilattico che finora l’ha maggiormente governata e che e’ ormai ben risalente, ha comunque affermato che il principio della capacita’ contributiva e’ “norma imperativa preclusiva di patti negoziali che ne comportino l’esclusione”, sul punto pertanto non discostandosi da Cass. sez. 1, 5 gennaio 1985 n.5 per cui l’articolo 53 Cost., “si pone come fonte immediata e imperativa la cui valutazione puo’ comportare la sanzione della nullita’ delle manifestazioni di autonomia negoziale con esso confliggenti”. Entrambe le sentenze sono state infatti criticate da certa dottrina per non avere chiarito le ragioni di tale affermazione; a parte la discussione che si e’ svolta sull’applicazione nel diritto tributario dell’articolo 1344 c.c., si e’ inoltre osservato che, pur nel caso in cui si riconosca l’articolo 53, come norma imperativa rivolta anche ai comportamenti dei privati, resterebbe dubbia l’applicabilita’ dell’articolo 1418 c.c., comma 1, ai patti di traslazione dell’imposta per impossibilita’ di desumere dall’impianto costituzionale un divieto generalizzato al trasferimento dell’onere del tributo a terzi. Eppure, sulla tematica contigua dell’abuso del diritto, si e’ riconosciuto (Cass. sez. 5, 21 ottobre 2005 n. 20398) che “la mancanza di ragione, che investe nella sua essenza lo scambio tra le prestazioni contrattuali attuato attraverso il collegamento negoziale, costituisce, a prescindere da una sua valenza come indizio di simulazione oggettiva o interposizione fittizia, un difetto di causa” generante, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., comma 2, e articolo 1325 c.c., n. 2, nullita’ dei contratti collegati perche’ da essi “non consegue per le parti alcun vantaggio economico all’infuori del risparmio fiscale”.
Alla luce di quanto esposto sull’attuale presenza di elementi dubbi, tenuto conto appunto della risalenza degli interventi delle Sezioni Unite e valutata la notevole valenza nomofilattica della questione, in quanto correlata alla diretta precettivita’ dell’articolo 53 Cost. – per la quale necessariamente evolutiva lettura ben potrebbe incidere pure il nuovo quadro sistemico come discendente dai tratti, benche’ ratione temporis qui non applicabili, di recente inseriti nello Statuto del contribuente -, ritiene dunque questo collegio di dovere rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite in ordine alla questione di nullita’ dell’accordo traslativo ad oggetto fiscale oggetto della presente controversia.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
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