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Ancor piu’ recente e’ Cass. sez. 1, 8 febbraio 2016 n. 2412, che, invece, di nuovo rimarca come necessario il profilo della soggettivita’. Cosi’ la massima, per quanto qui interessa: “E’ ammissibile, in carenza di diversa disciplina legislativa, la convenzione tra privati che preveda la traslazione del carico dell’imposta, purche’ non comporti il versamento al fisco da parte di un soggetto diverso dal percettore del corrispondente reddito, stante l’inderogabilita’ del presupposto soggettivo del tributo”. La questione riguardava una traslazione, nell’ambito di un rapporto concessorio per la gestione di parchimetri, dell’IRAP in capo alla concedente; e in motivazione si afferma proprio che “la cosiddetta traslazione convenzionale del carico dell’imposta e’ da ritenere in via generale consentita, in mancanza di una specifica diversa disposizione di legge (per finalita’ peculiari di singoli tributi), purche’ non si traduca nella pretesa che l’imposta afferente un reddito venga corrisposta al fisco da un soggetto diverso dal suo percettore, stante l’inderogabilita’ del presupposto soggettivo del tributo”.
Inequivoca, sempre tra gli arresti piu’ recenti, e’ Cass. sez. 2, 31 marzo 2014 n. 7501, che non sacrifica, pur in presenza di una norma specifica dichiarante la nullita’, la connessione sistemica con l’articolo 53 Cost.. Massimata nel senso che “in tema di imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, la nullita’ del patto di traslazione dell’imposta e’ comminata dal Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, articolo 27, non solo per il rapporto con l’amministrazione finanziaria, ma anche per quello tra i contraenti, attesa l’inderogabilita’ del presupposto soggettivo del tributo, rappresentato dal godimento della plusvalenza immobiliare”, la pronuncia in motivazione precisa che il suddetto articolo 27, ha recepito il principio discendente dall’articolo 53 Cost., “in ordine alla necessaria correlazione tra l’obbligo generale di contribuzione economica e la capacita’ contributiva dei singoli”, cosi’ formulando, “in sintonia con una linea di tendenza del diritto tributario che a tale principio si ricollegava, il divieto di traslazione dell’imposta e la nullita’ di ogni fatto diretto a trasferire a terzi l’onere impositivo”, qui citando proprio Cass. sez. 1, 5 gennaio 1985 n. 5. L’arresto, in realta’, aderisce pienamente (come emerge anche dal riferimento, presente nelle motivazioni di entrambe, al principio costituzionale) alla precedente Cass. sez. 2, 6 novembre 2006 n. 23615 (e ancora sull’INVIM, ma fondandosi solo sulla norma specifica di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, articolo 27, cfr. Cass. sez. 1, 14 settembre 1991 n. 9608, Cass. sez. 1, 10 maggio 1994 n. 4556 e Cass. sez. 5, 27 gennaio 2010 n. 1660).
3.2.5 Non puo’ non rilevarsi, d’altronde, che l’incidenza “soggettiva” dell’articolo 53 Cost., seppure intervenendo in relazione ad una specie di tributi, cioe’ alle imposte dirette, era stata riconosciuta da un ulteriore arresto delle Sezioni Unite di poco posteriore a quello del 1985 cui di solito si fa riferimento a proposito dell’accordo di traslazione di imposta.
S.U. 23 aprile 1987 n. 3935, invero, e’ stata massimata nel senso che l’articolo 53, facendo seguire alla regola che tutti devono concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita’ contributiva il criterio della progressivita’ come parametro “del sistema tributario nel suo complesso”, rende “personale ed infungibile” il debito d’imposta diretta, conseguentemente non autorizzando “comportamenti od accordi che lo eludano o lo trasferiscano su altri” (conforme S.U. 26 giugno 1987 n. 5652): in tal modo la qualifica di parametro di tutto il sistema tributario viene attribuita ad un criterio quale la progressivita’ che ontologicamente non puo’ svincolarsi dalla identificazione del soggetto, e cio’ quindi depone in senso contrario alla liceita’ della sua sostituzione sostanziale discendente dagli accordi di traslazione. A ben guardare, infatti, mediante l’accordo di traslazione il contribuente, invertendo il dettato normativo relativo allo specifico onere tributario, agisce non come debitore, bensi’ come sostituto d’imposta, la sua controparte nel negozio privato venendo a rivestire, al di la’ della forma esterna, in sostanza il ruolo di sostituito, ovvero di contribuente.
3.2.6 La questione, come si e’ visto affrontata da due interventi tra loro non conformi delle Sezioni Unite, ambedue ormai ben risalenti, e riverberatasi poi su una variegata giurisprudenza delle sezioni semplici, rimane estranea alla normativa comunitaria – cio’ e’ stato rilevato fin da S.U. 18 dicembre 1985 n. 6445, come sopra gia’ si e’ visto – in quanto discendente esclusivamente dall’incidenza dell’articolo 53 Cost. quale norma in via diretta precettiva sull’autonomia negoziale: incidenza che deriverebbe da una identificazione della voluntas legis propria della disposizione costituzionale che investa non solo l’elemento oggettivo, ma altresi’ l’elemento soggettivo per determinare il significato della capacita’ contributiva. La Corte di Giustizia della Unione Europea, invero, anche con assai recenti pronunce conferma in sostanza che l’accordo di traslazione fiscale di per se’ non fa ingresso nelle questioni che sortiscono dal diritto comunitario nel suo rapporto con il diritto interno.
Significativa, da ultimo, e’ in tal senso la sentenza del 16 gennaio 2014 n. 226 (C-226/12) che ha trattato una clausola di traslazione d’imposta presente in un contratto di compravendita immobiliare tra professionista e consumatore in relazione alla direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (che all’articolo3, paragrafo 1, definisce abusiva una clausola contrattuale che non e’ stata oggetto di negoziato individuale e che, “malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto”), a seguito di sottoposizione di questione pregiudiziale dal giudice spagnolo in una controversia in cui il consumatore aveva chiesto al professionista il rimborso, tra l’altro, dell’importo da lui versato come acquirente per una clausola del contratto che poneva a suo carico l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili di natura urbana, “circostanza…presa in considerazione ai fini della determinazione del prezzo”.
La questione pregiudiziale era la seguente: “Se, nel caso di una clausola contrattuale che comporta la traslazione sul consumatore di un obbligo di pagamento incombente per legge al professionista, lo squilibrio cui fa riferimento l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva…debba essere interpretato nel senso che esso sussiste per il solo fatto della traslazione sul consumatore di un obbligo di pagamento che per legge incombe al professionista, o se il fatto che secondo la direttiva debba trattarsi di uno squilibrio significativo implichi che la ripercussione economica sul consumatore deve anche essere rilevante rispetto al valore complessivo dell’operazione”. La Corte di Giustizia non ha ritenuto che una siffatta clausola sia di per se’ in contrasto con la normativa comunitaria, bensi’ ha affermato che il significativo squilibrio richiesto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva suddetta non puo’ limitarsi ad una valutazione quantitativa di valore, potendo invece “risultare dal mero fatto di un pregiudizio sufficientemente grave alla situazione giuridica in cui il consumatore, quale parte del contratto…, viene collocato in forza delle disposizioni nazionali applicabili”, invitando quindi il giudice nazionale a valutare la eventuale abusivita’ della clausola in rapporto alla disciplina interna.
Sempre tra gli arresti piu’ recenti della Corte di Giustizia merita richiamo pure la sentenza del 6 settembre 2011 n. 398, C-398/09, che, esaminando come il rimborso di un tributo illecito in quanto contrario al diritto della Unione ad un operatore che ne ha traslato l’importo alla controparte acquirente possa costituire arricchimento senza causa dell’operatore, lascia peraltro intendere che la traslazione del contributo mediante l’aumento del corrispettivo e’ un legittimo strumento (economico, a ben guardare, prima ancora che giuridico) di cui puo’ comunque avvalersi l’operatore che sia debitore d’imposta allo Stato.
Su un piano piu’ ampio, peraltro, e’ il caso di rammentare che la giurisprudenza della stessa Corte di Giustizia ha comunque elaborato il – tutt’altro che eccentrico, rispetto alla tematica in questa sede considerata – concetto dell’abuso del diritto, anche in materia fiscale (sentenza 21 febbraio 2006, C-255/02), conducendo la giurisprudenza di questa Suprema Corte a negare che si possano trarre benefici da operazioni che, seppur realmente volute e magari anche immuni da invalidita’, vengano a costituire un insieme di elementi obiettivi diretto essenzialmente ad ottenere un indebito vantaggio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili diverse – ed e’ questo che qui offre sponda, mutatis mutandis – dalla mera aspettativa del suddetto vantaggio fiscale (cfr. ex multis, Cass. sez. 5, 29 settembre 2006 n. 21221; Cass. sez. 5, 4 aprile 2008 n. 8772; Cass. sez. 5, 21 aprile 2008 n. 10257; Cass. sez. 5, 15 maggio 2008 n. 12237; S.U. 23 dicembre 2008 n. 30055; Cass. sez. 5, 9 dicembre 2009 n. 25726; Cass. sez. 5, 22 ottobre 2010 n. 21390; Cass. sez. 5, 30 novembre 2012 n. 21390; Cass. sez. 5, 19 febbraio 2014 n. 3938; Cass. sez. 5, 26 febbraio 2014 n. 4603; Cass. sez. 5, 30 dicembre 2015 n. 26057; Cass. sez. 5, 28 febbraio 2017 n. 5090; Cass. sez. 6-5, ord.13 aprile 2017 n. 9610).
3.2.7 La dottrina, a sua volta, non e’ compatta in modo assoluto.
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