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che:
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la “violazione e falsa applicazione, anche sotto il profilo della illogicita’ manifesta e contraddittorieta’ circa i punti decisivi della controversia e, in particolare, in relazione all’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, articolo 17 e degli articoli 1227, 2050 e 2056 c.c.”.
La sentenza impugnata sarebbe illogica per aver ritenuto, da un lato, che il comportamento tenuto dalle (OMISSIS) abbia violato l’articolo 2050 c.c., dall’altro che la condotta del (OMISSIS) abbia violato il principio sancito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, articolo 17, comma 3.
L’applicazione di quest’ultima norma, infatti, comporta l’esclusione del diritto al risarcimento dell’utente che viola una delle norme di comportamento contemplate dalla norma stessa.
Inoltre, dall’istruttoria sarebbero emerse solo le gravi omissioni da parte del personale delle (OMISSIS) e nulla a carico del ricorrente. D’altra parte, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, articolo 17 sarebbe una norma residuale, applicabile solo in caso di sinistri dipendenti dagli stessi utenti e non quando tali sinistri derivino dal mancato rispetto delle norme comportamentali da parte dei dipendenti delle ferrovie.
Il motivo e’ inammissibile, poiche’ risulta articolato nello svolgimento di censure promiscue e multiple.
Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che, “in tema di ricorso per cassazione, e’ inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 non essendo consentita la prospettazione di questione sotto profili incompatibili quali quelli della violazione o falsa applicazione di norma di legge e del vizio di motivazione” (cfr., da ultimo, Cass. civ. Sez. 2, Sent., 23-11-2016, n. 23889).
In ogni caso, il motivo e’ infondato.
In materia di responsabilita’ civile, il limite della responsabilita’ per l’esercizio di attivita’ pericolose ex articolo 2050 c.c. (indipendentemente dal punto, oggetto di contrasto in dottrina, se detta norma sia costruita come ipotesi di presunzione di colpa o – invece – di presunzione di responsabilita’) risiede nell’intervento di un fattore esterno, il caso fortuito, che puo’ consistere anche nel fatto dello stesso danneggiato recante i caratteri dell’imprevedibilita’ e dell’eccezionalita’.
Peraltro, quando il comportamento colposo del danneggiato non e’ idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta del danneggiante ed il danno, esso puo’, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, – espressione del principio che esclude la possibilita’ di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso – con conseguente diminuzione del risarcimento dovuto dal danneggiante in relazione all’incidenza della colpa del danneggiato (Cass. civ. Sez. 3, 08-05-2003, n. 6988).
A tali principi la corte di merito si e’ sostanzialmente attenuta laddove, con valutazione di merito evidentemente non reiterabile in questa sede ed infondatamente censurata sotto il profilo del vizio di motivazione, ha ritenuto che nella produzione dell’evento il comportamento del danneggiato – colpevole perche’ violativo delle elementari regole di prudenza, prima ancora che del Decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, articolo 17 – avesse inciso in misura paritaria nella produzione dell’evento dannoso.
Inoltre il motivo manca di specificita’, perche’ la colpa della vittima e’ stata fondata sull’accertamento di merito circa il suo incauto comportamento.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la “violazione e falsa applicazione, anche sotto il profilo della mera apparenza della motivazione – illogicita’ della stessa circa punti decisivi della controversia – in relazione all’articolo 116 c.p.c. e articoli 2697, 1227 e 2056 c.c. in merito alla valutazione del materiale probatorio”.
La Corte di Roma avrebbe fornito una motivazione solo apparente in ordine alla ritenuta sussistenza del concorso di colpa del danneggiato, non avendo indicato gli elementi probatori da cui sarebbe emersa la mancanza di attenzione del medesimo danneggiato nell’attraversamento del binario.
Inoltre, l’onere della prova circa il concorso di colpa e l’evitabilita’ del danno con la diligenza dovuta e’ a carico del danneggiante, che non l’avrebbe fornita.
Il motivo e’ inammissibile per le ragioni indicate nel motivo precedente in ordine alla mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazioni eterogenei.
D’altra parte, il motivo risulta pure infondato.
La Corte d’appello ha rilevato d’ufficio la sussistenza della colpa della vittima nella causazione del danno (disciplinato dall’articolo 1227 c.c., comma 1), e non gia’ la sussistenza della colpa della vittima nell’aggravamento del danno (disciplinato dall’articolo 1227 c.c., comma 2). Ed e’ pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che il concorso di colpa della vittima di cui all’articolo 1227 c.c., comma 1 costituisce oggetto di una questione rilevabile d’ufficio (ex multis, Cass. civ. Sez. 3, 12-042017, n. 9355).
Per il resto le suddette censure, per quanto in parte prospettate anche come violazione di legge, in effetti mirano ad introdurre un diverso apprezzamento del fatto, rispetto a quello effettuato dal giudice di merito, risolvendosi in una diversa lettura delle risultanze processuali, effettuata dalla ricorrente, che non puo’ trovare ingresso in questa sede di legittimita’
Non sussiste infatti il lamentato vizio motivazionale, in quanto la sentenza impugnata, riportandosi agli elementi, incontestati, emersi dall’istruttoria ha ritenuto che il sinistro fosse da ascrivere anche alla condotta del (OMISSIS), che aveva attraversato il binario nonostante la visuale di questo fosse parzialmente coperta dal treno da cui era disceso in partenza. Cio’ a prescindere anche dal fatto che l’affermazione circa il comportamento processuale di controparte e’ apodittica (manca di autosufficienza) e l’attribuzione di pari responsabilita’ e’ legittimamente scaturita dall’accertamento del fatto.
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la “motivazione apparente e/o irriducibile contraddittorieta’ circa un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero in merito all’avvenuta adozione per la liquidazione del danno di tabelle medico legali diverse da quelle elaborate dal Tribunale di Milano”.
Secondo la giurisprudenza di legittimita’, sarebbe censurabile per violazione di legge la sentenza di merito che non applica le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano.
D’altra parte, il solo fatto di aver ritenuto necessario apportare un incremento alla quantificazione del danno ottenuta applicando le tabelle del Tribunale di Roma renderebbe evidente che tali tabelle non sono conformi con l’orientamento della suddetta giurisprudenza di legittimita’ secondo cui il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale. L’applicazione delle tabelle di Roma, anziche’ di quelle di Milano avrebbe comportato un divario, in peius, della valutazione del danno.
Inoltre la sentenza sarebbe obiettivamente incomprensibile nella parte in cui, facendo applicazione delle tabelle romane, non illustra i criteri indicati nelle medesime tabelle, ne’ fornisce spiegazioni dei calcoli svolti, impendendo cosi’ di verificarne la correttezza.
Il motivo e’ infondato.

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