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in particolare l’impugnata sentenza, motivatamente esaminando i profili di idoneita’ dei coniugi allo svolgimento delle funzioni genitoriali, ha fatto corretta applicazione del principio per cui, in tema di affidamento di figli minori, tra i requisiti di idoneita’ genitoriale rileva anche la capacita’ di preservare la continuita’ delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialita’ e alla crescita equilibrata e serena (v. Cass. n. 6919-16);
questa Corte da tempo va ripetendo che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacita’ dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base a elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacita’ di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilita’ a un assiduo rapporto, nonche’ della personalita’ del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che e’ in grado di offrire al minore, “fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialita’, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione” (v. Cass. n. 18817-15);
l’impugnata sentenza e’ conforme alla citata giurisprudenza e nelle condizioni date non e’ pertinente insistere sul profilo della PAS, giacche’ la ratio decidendi prescinde dal giudizio astratto sulla validita’ o invalidita’ scientifica della sindrome suddetta;
il secondo motivo e’ inammissibile, essendo la sentenza soggetta all’articolo 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012 (v. Cass. Sez. U n. 8053-14): e i fatti storici rilevanti ai fini della decisione relativa alle modalita’ di affidamento sono stati presi in considerazione;
il terzo motivo e’ manifestamente infondato nel presupposto della condanna alle spese, giacche’ la corte territoriale ha giustamente ravvisato l’integrale soccombenza della (OMISSIS) nel giudizio di appello, stante la natura condizionata dell’impugnazione incidentale del coniuge;
e’ invece manifestamente fondato nella censura afferente il quantum;
da questo punto di vista infatti la corte d’appello ha errato nell’applicazione di quei minimi tabellari ai quali essa stessa ha inteso rapportare il calcolo;
riferendo il computo al valore della causa siccome indeterminabile ( Decreto Ministeriale n. 10 marzo 2014, articolo 5, commi 5 e 6), i minimi tabellari supponevano la riduzione percentuale degli importi indicati;
il computo esatto e’ quello indicato dalla ricorrente (Euro 980,00 per fase di studio; eurO 675,00 per fase introduttiva; Euro 2.030,00 per fase di trattazione ed Euro 1.630,00 per fase decisionale), e in aderenza a esso la Corte, definendo il giudizio ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., puo’ provvedere direttamente all’esito della cassazione del corrispondente capo della decisione impugnata;
in considerazione dell’esito finale della lite sussistono le condizioni per compensare interamente le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo nei sensi di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza nel capo afferente le spese del giudizio d’appello e, decidendo nel merito di dette spese, ne determina la misura in complessivi Euro 5.338,00; compensa le spese del giudizio di cassazione.
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