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Si osserva, inoltre, che la medesima donna aveva una “posizione di garanzia” in quanto “ricopriva in fatto il ruolo di referente del Comune all’interno del nido di (OMISSIS)”, e si relazionava con le autorita’ scolastiche e comunali rappresentando le esigenze della struttura e relazionando in ordine alle programmazioni educative della stessa. Si precisa, in dettaglio, che l’imputata, “alla stregua del regolamento dei servizi educativi deliberato nel 2005, era stata individuata in linea generale dall’ente territoriale come portavoce dell’asilo”, e, a partire dal 2010, allorche’ era rimasta l’unica educatrice dipendente del Comune, “si occupava quasi quotidianamente del raccordo con le autorita’ comunali, cui riferiva (sia di persone sia telefonicamente) in modo sintetico gli intenti educativi e le problematiche interne al gruppo educativo, tenendo la regia del gruppo”.
Si aggiunge, ancora, che “tutte le dipendenti del nido (ausiliarie ed educatrici) escusse in dibattimento” hanno riferito “di avere assistito per anni alle violenze perpetrate dalla (OMISSIS) e dalle altre educatrici della Sezione rossa” e “di avere piu’ e piu’ volte riportato tali fatti alla (OMISSIS)”. Si rappresenta, anzi, che l’imputata deve ritenersi aver assistito anche personalmente a tali condotte, sia perche’ alcune di queste avvenivano durante l’orario dei pasti, “quando ad esempio le coimputate costringevano i bimbi inappetenti a mangiare addirittura il proprio stesso vomito”, sia perche’ le grida provenivano da locali molto vicini, sia perche’ tutte le altre operatrici attive nella struttura si erano accorte di quanto sistematicamente accadeva nella stessa.
3.2. Relativamente alla qualificazione giuridica, la sentenza impugnata segnala, preliminarmente, che indiscutibile e’ la “volonta’ di omettere indebitamente la denuncia degli accadimenti che si verificavano ormai da molti e molti mesi all’interno dell’asilo di (OMISSIS)”.
Si rappresenta, pero’, che tale condotta integra gli estremi del delitto di omissione di denuncia, e non, invece, quelli del delitto di maltrattamenti in famiglia. Si precisa che alla configurabilita’ del reato di cui all’articolo 572 c.p., osta la ragione posta a base della decisione di tacere, “coniugabile con l’intento omertoso di tutelare prima di tutto se stessa, le proprie coadiutrici ed i minori a lei direttamente affidati, con buona pace dei danni contemporaneamente subiti dai piccoli delle altre sezioni, ma non certamente con la volonta’ di coadiuvare le illecite azioni delle colleghe, comunque da lei esplicitamente disapprovate e mai concretamente condivise, e rispetto alle cui condotte ella (con errore penalmente inescusabile) riteneva di avere scarsa possibilita’ di incidere”.
3.3. Per quanto concerne le conseguenze civili, la sentenza impugnata esclude il nesso eziologico tra la condotta e l’evento dannoso.
Si osserva che, muovendo anche dalla riqualificazione giuridica del fatto, “non puo’ fondatamente sostenersi che i danni riportati dai minori in ragione del comportamento violento tenuto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbero evitati completamente ove la (OMISSIS) avesse denunciato il comportamento stesso non appena venutane a conoscenza (…)”.
4. In considerazione dei principi giuridici richiamati e degli elementi fattuali esposti nella sentenza impugnata, erronea risulta la motivazione di essa sia con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto, sia, in ogni caso, con riferimento alla esclusione del nesso eziologico tra la condotta omissiva comunque ascritta all’imputata ed il danno subito dai minori.
4.1. Per quanto attiene alla qualificazione giuridica del fatto, per escludere la sussistenza del reato di cui all’articolo 572 c.p., la sentenza impugnata ha valorizzato le motivazioni della condotta dell’imputata, in quanto costituite da un “intento omertoso di tutelare prima di tutto se stessa, le proprie coadiutrici ed i minori a lei direttamente affidati” e non, invece, dalla “volonta’ di coadiuvare le illecite azioni delle colleghe”.
Tale profilo della motivazione, tuttavia, si pone in contrasto con i principi giuridici applicabili, secondo i quali, da un lato, e’ configurabile il concorso per omissione nella realizzazione del delitto di maltrattamenti in famiglia, e, dall’altro, ai fini dell’elemento psicologico necessario per l’integrazione della fattispecie di cui all’articolo 572 c.p., anche nella forma del concorso nel reato commissivo mediante omissione, e’ sufficiente il dolo generico, per la cui sussistenza sono irrilevanti i motivi.
Impropria, percio’, per escludere il reato di maltrattamenti in famiglia, e’ stata la valorizzazione dell’intento specificamente perseguito dall’imputata.
4.2. Con riferimento alla esclusione del nesso eziologico tra la condotta omissiva comunque ascritta all’imputata, anche a titolo di omessa denuncia ex articolo 361 c.p., e l’evento dannoso, la sentenza impugnata ha affermato che “non puo’ fondatamente sostenersi che i danni riportati dai minori in ragione del comportamento violento tenuto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si sarebbero evitati completamente ove la (OMISSIS) avesse denunciato il comportamento stesso non appena venutane a conoscenza (…)”.
Anche questo aspetto della motivazione risulta viziato. Da un lato, infatti, la conclusione secondo cui i danni riportati dai minori non sarebbero stati evitati in caso di denuncia e’ affermazione che non risulta supportata da alcun argomento, ed e’, pertanto, indimostrata. Dall’altro, poi, affermare che, con la denuncia, i danni per i minori non si sarebbero evitati “completamente” significa riconoscere – in immediata contraddizione con la conclusione pienamente liberatoria in tema di responsabilita’ civile – che il comportamento omesso ha comunque spiegato, sia pure parzialmente, una efficacia eziologica diretta rispetto all’evento pregiudizievole.
5. In conclusione, posto che l’impugnazione e’ stata proposta esclusivamente da parti civili, la sentenza impugnata, fermi restandone gli effetti penali, deve essere annullata per nuovo giudizio davanti al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’articolo 622 c.p.p..
Il nuovo giudizio dovra’ in primo luogo procedere ad una corretta qualificazione giuridica del fatto in contestazione, tenendo conto dei principi precedentemente indicati in materia di configurabilita’ del reato di maltrattamenti in famiglia anche nella forma del concorso mediante omissione, e di dolo necessario ai fini dell’integrazione di tale fattispecie. In secondo luogo, poi, dovra’ comunque valutare se, eventualmente anche solo in misura parziale, il fatto dannoso debba essere considerato come una conseguenza immediata e diretta della continuativa condotta omissiva dell’imputata.
P.Q.M.
Fermi gli effetti penali, in accoglimento del ricorso della parte civile, annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello a norma dell’articolo 622 c.p.p..
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