Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 21 dicembre 2017, n. 57224. Una condotta oltraggiosa deve ritenersi posta in essere in udienza anche là dove l’espressione ingiuriosa sia contenuta in scritti difensivi

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Resta in tal modo ferma la ritenuta consapevolezza in capo all’agente di una condotta oltraggiosa posta in essere in udienza anche la’ dove l’espressione calunniosa sia contenuta in scritti difensivi, in quanto atti destinati all’attenzione del giudicante e delle altre parti processuali, nella previa definizione della nozione stessa di udienza quale seduta in cui si svolge l’attivita’ giudiziaria del magistrato (arg. ex Sez. 6, n. 17314 del 03/02/2003, Giubbini, Rv. 225432).
Ogni contraddittorieta’ della motivazione nel rapporto tra pronunciata assoluzione per uno dei fatti di calunnia ed intervenuta condanna per altro episodio (con cui si attribuiva al giudice (OMISSIS) di aver disposto l’accompagnamento coattivo dei testi per un perseguito intento intimidatorio degli stessi) rimane in modo inconcludente prospettata in ricorso a fronte di argomenti, pieni, che delle prime danno congruo riscontro per una efficace definizione del contesto in cui la condotta calunniosa avrebbe trovato espressione, con conseguente stimata integrazione degli estremi della intenzionale violazione e della volonta’ di arrecare un danno ingiusto, in capo all’agente.
Ne’ il ricorso riesce ad infirmare la tenuta logica dell’impugnata sentenza in punto di ritenuta riferibilita’ al prevenuto delle memorie del 9 e 20 luglio 2007, in quanto stimate, con argomento logico che non si espone a scrutinio in questa sede, espressive di quelle vicende processuali in cui erano insorte le imputazioni, nella debita ritenuta irrilevanza del disconoscimento dall’imputato operato.
Le deduzioni sulla scriminabilita’ dell’oltraggio ex articolo 343 cod. pen. per esercizio del diritto di critica, giusta estesa applicazione dell’articolo 598 cod. pen., si traducono in inammissibili inconducenti critiche nella debitamente chiarita, in sentenza, insussistenza di un nesso funzionale tra affermazioni calunniose e confutazioni di accuse al prevenuto rivolte.
Il trattamento sanzionatorio applicato vede infine congruamente compendiati nella motivazione dei giudici di appello i principi affermati da questa Corte sulla insindacabilita’ in sede di legittimita’ del diniego delle attenuanti generiche (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826), per un giudizio di prognosi correttamente formulato e rispetto al quale il motivo di ricorso si rivela incapace di ammissibile critica.
7. All’inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00, che si stima equa in ragione delle questioni dedotte, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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