Nullo perché privo di autonoma valutazione l’ordinanza cautelare se il gip si limita a copiare quanto affermato dal Pm
Sentenza 11 ottobre 2017, n. 46792
Data udienza 11 settembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Giovanni – Presidente
Dott. TRONCI Andrea – rel. Consigliere
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere
Dott. D’ARCANGELO Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 28/03/2017 del TRIB. LIBERTA’ di TRENTO;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANDREA TRONCI;
sentite le conclusioni del PG Dr. PRATOLA GIANLUIGI, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di fiducia di (OMISSIS), tratto in arresto in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal g.i.p. del Tribunale di Trento con riferimento alle ipotesi di reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 1 e articolo 73, interpone tempestivo ricorso avverso l’ordinanza in data 28.03-04.04.2017, con cui il Tribunale dello stesso capoluogo, adito ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., ha confermato l’anzidetta ordinanza custodiale, cosi’ rigettando l’impugnazione in precedenza proposta (al pari di quella relativa al coindagato (OMISSIS), mentre per (OMISSIS) e (OMISSIS) ha contestualmente disposto la sostituzione della piu’ gravosa misura adottata con quella degli arresti domiciliari).
2. Secondo il ricorrente – che formula in proposito un motivo
particolarmente articolato – il provvedimento impugnato sarebbe inficiato, innanzi tutto, da “violazione/inosservanza/erronea applicazione dell’articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c, in relazione alla ritenuta sussistenza di “autonoma valutazione” cautelare da parte del giudice per le indagini preliminari e contraddittorieta’ della motivazione: cio’ che il Tribunale, a fronte di un provvedimento costituito – pressoche’ esclusivamente – dalla mera trascrizione della richiesta proveniente dall’ufficio del pubblico ministero, dopo aver delineato le caratteristiche che devono connotare la motivazione per relationem ed averne affermato la “compatibilita’ con il requisito dell’autonoma valutazione”, ha malamente inteso negare, pur in presenza di sintetiche argomentazioni, del tutto vaghe e riferite indistintamente alla totalita’ degli originari indagati, si’ da integrare una “motivazione meramente apparente”, in quanto risoltasi in “un impianto motivazionale che si riduce ad una sequenza di generiche affermazioni circa l’autoevidenza indiziaria e cautelare che il destinatario del provvedimento dovrebbe autonomamente comprendere dai carteggi del procedimento”. Tanto nonostante il richiamo a molteplici precedenti giurisprudenziali, appositamente esplicitati dall’atto d’impugnazione ed integrati dalla citazione di ulteriori, che si assume – avrebbero dovuto correttamente condurre il Tribunale trentino ad una decisione di opposto segno.
2.1 Strettamente correlato con quello teste’ illustrato e’ il secondo motivo di doglianza, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), che valorizza, appunto, la ricaduta delle considerazioni esposte sul “rispetto delle norme che presiedono il procedimento del riesame, ed in particolare in relazione a quanto sia permesso – o non permesso – fare al Collegio giudicante a fronte di un’ordinanza cautelare del tutto priva di motivazione”: nel senso, cioe’, della impossibilita’, da parte del Tribunale del riesame, di far luogo ad “un’opera di recupero della legittimita’ del provvedimento cautelare viziato da nullita’, mediante una stesura ex post delle motivazioni originariamente assenti o meramente apparenti”, avuto riguardo, in particolare, al difetto – riconosciuto sussistente dallo stesso Tribunale e pero’ malamente sanato – di motivazione sulle “ragioni della scelta della misura piu’ grave”.
2.2 Il terzo ed ultimo profilo di doglianza ha ad oggetto la dedotta “inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita’ con riferimento agli articoli 568 e 309 c.p.p. per extrapetizione e violazione del diritto di difesa”: il Tribunale, invero, non si sarebbe attenuto al principio generale della domanda, andando al di la’, con la propria pronuncia, di quanto espressamente richiesto, prendendo posizione “in merito alla sussistenza dei gravi indizi, nonostante non siano state dallo stesso mai sollevate contestazioni in merito a questo specifico nodo dell’ordinanza cautelare”, con conseguente, indebito pregiudizio a carico dello (OMISSIS), per via della formazione del giudicato cautelare sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato, alla stregua del primo ed assorbente motivo di doglianza.
2. Anche di recente, questa Corte di legittimita’ ha avuto modo di affermare che, “In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la previsione di “autonoma valutazione” delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, introdotta all’articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di esplicitare, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati a fondamento della decisione e non implica, invece, la necessita’ di una riscrittura “originale” degli elementi o circostanze rilevanti ai fini della disposizione della misura” (cosi’ Sez. 6, sent. n. 13864 del 16.03.2017, Rv. 269648). A significare, cioe’, che l’obbligo di rafforzata motivazione, che la legge pone a carico del giudice, risponde all’esigenza di assicurare la chiara intelligibilita’ dell’iter logico-argomentativo che ha condotto il giudicante ad assumere la decisione adottata, onde meglio e piu’ adeguatamente corrispondere alla copertura costituzionale assicurata al bene primario della liberta’ personale dall’articolo 13 della Carta Fondamentale, al fine di evitare il rischio di provvedimenti di natura solo apparente, come tali solo nominalmente riferibili ad un giudice terzo.
Di qui la particolare attenzione che e’ stata dedicata, in particolare, a due ricorrenti tipologie di provvedimenti, l’una costituita dalla motivazione per relationem e l’altra – in effetti coincidente con il caso di specie – dalla incorporazione nell’ordinanza del giudice della richiesta presentata dal p.m..
In linea generale, e’ stata ribadita, pur dopo l’entrata in vigore della L. n. 47 del 2015, la legittimita’ del ricorso a tali forme di motivazione, sempre che sia possibile affermare che il giudice abbia fatto luogo ad “un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto” (in tal senso, Sez. 3, sent. n. 28979 dell’11.05.2016, Rv. 267350): il che non puo’ che valere, in forza dell’autonomia che connota i singoli rapporti che s’instaurano in seno al procedimento, per ciascun indagato ed in relazione ai distinti fatti oggetto d’incolpazione (cfr., in parte motiva, la gia’ citata Sez. 6, sent. n. 13864/2017).
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