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Il motivo e’ infondato essendosi in presenza di doppia conforme anche sul punto contestato del riconoscimento della contestata aggravante; va ricordato come il vizio di travisamento della prova puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, e cioe’ di condanna in primo e secondo grado, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837). Inoltre ai fini del controllo di legittimita’ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595). Nel caso in esame non si ravvisa ne’ il presupposto della valutazione da parte del giudice di appello di un differente materiale probatorio utilizzato per rispondere alle doglianze proposte avverso la sentenza di primo grado ne’, tantomeno, il dedotto macroscopico travisamento dei fatti denunciabile con il ricorso per cassazione; in particolare, il giudice di merito, ha gia’ risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni della difesa dell’imputato che in sostanza ripropongono motivi di fatto osservando che il compendio probatorio a carico del ricorrente, quanto alla sussistenza della circostanza aggravante, e’ costituito dal contenuto della deposizione della vittima la quale dichiarava di avere parcheggiato l’autovettura “nelle immediate vicinanze” della banca e di avere subito la violenta sottrazione della borsa subito dopo avere fatto ingresso nell’auto che aveva raggiunto uscendo dall’istituto. Pertanto, le pronunce di primo e secondo grado, hanno ogicamente interpretato il contenuto della deposizione della persona offesa dalla quale emergeva l’immediatezza della consumazione dei fatti rispetto all’utilizzo dei servizi bancari da parte della medesima ed il ricorso prospetta situazione alternative di fatto, la lontananza dell’autovettura dalla agenzia bancaria ovvero il decorso di un rilevante lasso temporale tra i due momenti, che oltre a proporre una alternativa lettura di circostanze in fatto non paiono neppure desumibili da nessun elemento acquisito nel corso dell’istruzione probatoria dibattimentale che venga con precisione citato od indicato e sul punto valgono le argomentazione esposte dal giudice di appello a pagina 3 della sentenza impugnata.
Pertanto deve affermarsi che sussiste la circostanza aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 quater nel caso in cui la consumazione della rapina avvenga nei confronti della vittima che abbia fatto ingresso in una vettura si sia appena allontanata da un istituto di credito a bordo dello stesso mezzo, dopo avere compiuto un’operazione bancaria.
Ne’ ha fondamento alcuno la prospettazione contenuta in ricorso secondo la quale la circostanza aggravante dovrebbe ritenersi sussistere solo in presenza di operazioni di prelievo di somme contanti presso sportelli bancomat, poiche’, dalla lettura della norma, appare evidente che la stessa vuole introdurre un aggravamento di pena nei confronti dei fatti commessi in danno di soggetti che abbiano compiuto qualsiasi tipo di operazioni bancarie e non anche nei riguardi soltanto di coloro che abbiano ritirato contante essendo appunto sufficiente che si sia “appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali…”. Si tratta pertanto di circostanza aggravante destinata a tutelare maggiormente i fruitori dei servizi bancari e per converso a sanzionare piu’ gravemente la condotta di chi si “apposti” in prossimita’ di tali luoghi commettendo il fatto con maggiori possibilita’ di ottenerne profitto ingiusto.
Alla infondatezza del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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