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Se ne ricava che l’appello era ammissibile, essendo stato soddisfatto il requisito della specificita’ richiesto dall’articolo 342 c.p.c., in quanto l’atto di appello consentiva di individuare con certezza le ragioni del gravame e le statuizioni impugnate, cosi’ permettendo al giudice di comprendere il contenuto delle censure ed alle controparti di svolgere pienamente la propria attivita’ difensiva.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli articoli 61 e ss., 112 e 342 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, giacche’ a loro avviso la corte territoriale non avrebbe dovuto riesaminare la c.t.u. espletata in primo grado, in assenza di specifici motivi di gravame sul punto.
Anche detta censura – con la quale i ricorrenti sembrano ritenere che le conclusioni espresse dal c.t.u. in primo grado abbiano una propria intrinseca natura decisoria e siano quindi di per se’ suscettibili di impugnazione – e’ priva di pregio.
Ebbene, non v’e’ dubbio che tale natura rivesta il provvedimento con il quale il giudice stabilisce se il mezzo di prova (costituenda) – di cui una delle parti abbia chiesto l’espletamento – sia o meno ammissibile alla stregua della disciplina processuale vigente: in tal caso, infatti, il giudice decide dell’applicabilita’ di determinate disposizioni normative che regolano i tempi ed i modi di deduzione ed acquisizione della prova. Ne consegue che la parte soccombente, che abbia visto respingere le eccezioni volte a far valere ragioni di rito ostative all’ammissione del mezzo, e’ tenuta a impugnare con uno specifico motivo (ove intenda ottenerne la riforma) l’assunta statuizione di rigetto.
Diverso compito, invece, e’ quello che spetta al giudicante allorche’ la questione dell’ammissibilita’ della prova si presenti unicamente sotto il profilo della sua astratta rilevanza per la soluzione della controversia (ovvero della sua idoneita’ alla raccolta di elementi utili all’accertamento dei fatti che sono in contestazione): in tal caso egli si limita, infatti, a compiere una valutazione che, al pari di quella concernente la concreta rilevanza probatoria (l’effettiva utilita’ ai fini della decisione) delle circostanze emerse attraverso l’espletamento del mezzo istruttorio ammesso, attiene squisitamente al merito ed e’ pertanto rimessa al suo apprezzamento discrezionale. E’ d’altro canto evidente che, una volta che la prova sia stata espletata, il giudizio di merito in ordine alla sua astratta ammissibilita’ resta assorbito da quello relativo alla sua effettiva rilevanza per la decisione. E’ dunque sufficiente che la parte soccombente impugni la sentenza lamentando l’errata valutazione del materiale probatorio da parte del primo giudice perche’ il giudice d’appello, percio’ stesso investito dell’integrale riesame del merito della controversia, possa (ed anzi debba) compiere un nuovo apprezzamento discrezionale della complessiva rilevanza degli elementi istruttori acquisiti, all’esito del quale l’accertata decisivita’ di uno di essi ben puo’ condurre alla conclusione della sostanziale inutilita’ (dell’irrilevanza, anche in via astratta) del diverso mezzo ritenuto ammissibile e decisivo dal giudice a quo.
Deve escludersi, pertanto, per un verso, che la (OMISSIS) fosse tenuta a proporre uno specifico motivo d’appello per ottenere la riforma della sentenza anche quanto alle determinazioni cui era giunto l’ausiliare del giudice e, per l’altro, che, in assenza di tale motivo, fosse precluso alla corte territoriale, ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., di trarre diverse conclusioni ai fini della decisione dal predetto accertamento senza averne prima esaminato le risultanze.
La Corte di Appello di Salerno, una volta investita della questione relativa alla aleatorieta’ del contratto impugnato e rilevata l’ammissibilita’ dell’appello, era tenuta a valutare nel merito le doglianze dell’appellante, riconsiderando tutte le risultanze istruttorie agli atti e, quindi, anche quelle relative all’indagine del c.t.u. in primo grado, nella misura in cui erano state poste a fondamento della decisione gravata.
Con il terzo motivo (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si dolgono dell’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio. In particolare essi sostengono che la corte territoriale avrebbe errato in quanto avrebbe devalutato i valori indicati dal consulente d’ufficio sul presupposto che la sua stima fosse stata effettuata all’epoca della redazione della perizia (1991) e non con riferimento al tempo della conclusione del contratto (1978); ritengono, inoltre, che non sia stato specificamente determinato il valore dei beni ceduti a (OMISSIS); sarebbe stata esclusa la nullita’ del contratto nonostante la rendita ricavabile dall’immobile ceduto fosse pari a Lire 8.650.000, mentre l’importo versato da (OMISSIS) era pari a Lire 900.000 annue, oltre ad essere generiche ed indefinite le prestazioni assistenziali; infine in nessun conto era stata tenuta l’eta’ dei vitaliziati.
Il motivo e’ inammissibile prima che infondato, non avendo i ricorrenti colto la ratio della decisione. I ricorrenti assumono che la Corte di Appello di Salerno abbia riconosciuto un valore estremamente ridotto al diritto ceduto a (OMISSIS), a fronte di una eccessiva elevazione del controvalore delle prestazioni assistenziali dalla stessa promesse, non tenendo conto della modestia del corrispettivo versato annualmente ai beneficiari e dell’eta’ dei medesimi all’epoca di stipulazione del contratto.
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