Il praticante avvocato, decorsi sei anni dall’iscrizione al relativo registro perde ex lege l’ammissione al patrocinio, anche in assenza di cancellazione dal registro dei praticanti: da ciò la nullità ex art. 1418 c.c. delle relative prestazioni ed il diritto alla ripetizione delle somme versate dal cliente quale compenso in forza delle prestazioni medesime.

Ordinanza 14 dicembre 2017, n. 30057
Data udienza 4 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25994/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 15/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.
ESPOSIZIONE DEL FATTO
L’avv. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, nei confronti di (OMISSIS), avverso la sentenza della Corte d’Appello di Perugia n.64/13, pubblicata il 15 gennaio 2013, con la quale, confermando la pronuncia di primo grado, la (OMISSIS) e’ stata condannata alla restituzione delle somme percepite in rapporto alle prestazioni eseguite, trattandosi di prestazioni rese nel periodo successivo alla scadenza del termine di sei anni dalla sua iscrizione nel registro dei praticanti avvocati dell’Ordine di Viterbo. La Corte d’Appello di Perugia, in particolare, premessa la tardivita’ della produzione documentale effettuata dalla (OMISSIS), e rilevato in ogni caso che i documenti suddetti non erano indispensabili ai fini della decisione, affermava che il praticante avvocato decorsi sei anni dall’iscrizione al relativo registro perdeva ex lege l’ammissione al patrocinio, anche in assenza di cancellazione dal registro dei praticanti.
Da cio’ la nullita’ ex articolo 1418 c.c. delle relative prestazioni, ed il diritto alla ripetizione delle somme versate dal cliente quale compenso in forza delle prestazioni medesime.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha altresi’ depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve in via pregiudiziale disattendersi l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, per violazione del principio di tassativita’ e specificita’ dei motivi.
Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui e’ consentito adire il giudice di legittimita’, purche’ la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma e’ solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura. (Cass. 1370/2013).
Orbene, nel caso di specie, in relazione a tutti i motivi, sulla base della indicazione delle norme che si assumono violate e delle ragioni di fatto esposte, e’ chiaramente ed univocamente desumibile lo specifico vizio denunciato.
Cio’ premesso, il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., censurando la pronuncia di inammissibilita’ della produzione documentale effettuata dall’odierna ricorrente nel giudizio di appello.
Il motivo e’ inammissibile, in quanto non censura le ulteriori autonome rationes decidendi della pronuncia, vale a dire la tardivita’ della produzione, trattandosi di documenti che avrebbero dovuto essere depositati, a pena di decadenza, contestualmente all’instaurazione del giudizio di appello (Cass. Ss.Uu. n.8203/2005), ed il fatto che essi non erano “indispensabili ai fini della decisione, secondo la formulazione dell’articolo 345 c.p.c. applicabile ratione temporis.
Il secondo motivo denuncia la violazione del Regio Decreto n. 1578 del 1933, articolo 37, comma 3 e la violazione del principio di non applicabilita’ della legge meno favorevole al reo come stabilito dall’articolo 7 CEDU, nonche’ del principio di tutela del contraddittorio e di legalita’.

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