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4. Con riguardo al delitto di furto continuato, invece, le censure della difesa del (OMISSIS) non possono condividersi.
L’assunto secondo il quale vi sarebbero stati altri soggetti chiaramente interessati ad allontanare da se’ sospetti di illecito penale o civile, aggravando cosi’ la posizione del ricorrente a mo’ di caprio espiatorio, rimane una mera allegazione. E’ chiaro che, nella gestione del conto corrente gia’ intestato alla (OMISSIS), l’istituto bancario incorse in obiettive negligenze, ed e’ altrettanto probabile che la spoliazione di quel conto ebbe inizio anche prima del decesso della titolare, come la Corte territoriale rappresenta assai chiaramente; tuttavia, e’ pacifico che la totalita’ dei prelievi in rubrica – tranne uno, in ordine al quale la firma del (OMISSIS) e’ risultata autentica – non puo’ che ascriversi all’imputato.
Depone in tal senso la circostanza obiettiva che le operazioni de quibus furono compiute, senza eccezione alcuna, dalla postazione del (OMISSIS); cio’ accadde sempre, anche quella sola volta (o quelle sole tre, poco sposta) in cui pare che egli fosse assente dall’ufficio. Ergo, in circa trenta – o poco meno – di quelle occasioni l’imputato c’era senz’altro, e non e’ stato evidenziato alcunche’ di concreto a sostegno dell’ipotesi che il computer a lui assegnato fosse stato utilizzato da altri, magari nel rispetto di una prassi comune: del tutto logico, dunque, risulta il rilievo dei giudici di merito circa la necessita’ di ammettere che egli non agi’ da solo, come confermato in termini lampanti dagli esiti della perizia grafologica.
Vi e’, ancora, il dato ulteriore che dopo quei trentuno o trentadue prelievi indebiti vi furono, a stretto giro, versamenti di contanti sul conto del ricorrente: in quattro occasioni – v. pag. 11 della motivazione della sentenza in epigrafe – esattamente lo stesso giorno. Versamenti dei quali, se e’ vero che non coincidevano per importo alle cifre sottratte dal conto della defunta, l’imputato non ha offerto giustificazioni di sorta, neppure dinanzi al rilievo che si trattava di entrate non compatibili con i suoi redditi leciti.
A dirlo, infine e soprattutto, e’ lo stesso (OMISSIS). Dalla lettura della sentenza di primo grado, infatti, emerge che il vice-direttore della filiale dichiaro’ “che (OMISSIS) gli riferi’ di aver egli stesso compiuto le operazioni di movimentazione del conto in esame, in occasione degli accessi compiuti da (OMISSIS) in filiale” (pag. 2). Quel teste, non essendo un ufficiale od agente di polizia giudiziaria, ben poteva rappresentare il contenuto di dichiarazioni raccolte dall’imputato, ed il suo contributo – a fortiori, procedendosi nelle forme del giudizio abbreviato – era e rimane perfettamente utilizzabile. Ne deriva che l’odierno ricorrente, messo dinanzi all’evidenza di una pluralita’ di prelevamenti dal conto di una persona non piu’ in vita (il che avrebbe dovuto comportare il venir meno di qualunque delega ad operarvi, al di la’ dell’autorizzazione eccezionale ad attingervi per le spese correlate alle esequie), non sostenne di esserne all’oscuro, ma assunse invece di averli curati di persona, assistendo il (OMISSIS) che evidentemente gliene aveva fatto richiesta: versione smentita in radice dalla falsita’ delle firme di quest’ultimo, indipendentemente dalla possibilita’ o meno di attribuire al (OMISSIS) i segni grafici di cui alle sottoscrizioni apocrife.
5. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al fatto sub 1), perche’ non e’ previsto dalla legge come reato, ed elimina la relativa pena di giorni 20 di reclusione ed Euro 67,00 di multa; revoca le relative statuizioni civili. Annulla altresi’ la stessa sentenza, senza rinvio, relativamente alla condanna del responsabile civile, che elimina.
Rigetta nel resto i ricorsi.
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