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1. Il ricorso e’ solo in parte fondato.
2. A fondamento della riforma della decisione assolutoria di primo grado, la Corte distrettuale ha posto essenzialmente le risultanze di cui al verbale di sequestro, dal quale, rileva la sentenza impugnata, emerge che i capi di abbigliamento alla cui vendita era intento l’imputato apparivano, per le loro caratteristiche, contraffatti: in particolare, il giudice di appello ha sottolineato che il verbale specificava come i capi presentassero un marchio “stampigliato” diverso da quello originale, profilo, questo, del tutto trascurato dalla sentenza di primo grado.
Cio’ posto, le censure relative alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per procedere all’esame dei verbalizzanti non colgono nel segno: i principi richiamati dal ricorrente, infatti, attengono alla diversa ipotesi in cui la riforma della sentenza assolutoria di primo grado sia basata su una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016 – dep. 06/07/2016, Dasgupta, Rv. 267487 – 92; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017 – dep. 14/04/2017, Patalano, Rv. 269785 – 6 – 7), laddove nel caso di specie, come si e’ visto, il giudice di appello ha valorizzato i contenuti conoscitivi offerti dal verbale di sequestro e, segnatamente, dati afferenti alle caratteristiche oggettive dei prodotti in vendita del tutto trascurati dalla sentenza di primo grado. Cosi’ delineato il nucleo essenziale della ratio decidendi della sentenza impugnata, risultano estranei ad essi i riferimenti della Corte distrettuale alla mancanza di autorizzazione alla vendita in capo all’imputato e ai prezzi dei prodotti, il che esclude in radice che i denunciati travisamenti probatori risultino in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilita’, cosi’ da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011 – dep. 15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516). Privi di fondamento sono i rilievi del ricorrente in ordine al riferimento della sentenza impugnata ai soggetti qualificati, svolto in termini generali e quale premessa all’esposizione del dato probatorio tratto dalla diversita’, rispetto agli originali, dei marchi “stampigliati” sui prodotti contraffatti, e quello alla prova testimoniale, anch’esso svolto in termini generali e solo per dar conto dell’inapplicabilita’ del divieto di apprezzamenti personali alle valutazioni contenute nel verbale di sequestro.
3. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato, in quanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, integra il delitto di cui all’articolo 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilita’ della contraffazione grossolana, considerato che la norma incriminatrice tutela, in via principale e diretta, non gia’ la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio, sicche’ si tratta di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanita’ della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilita’ che gli acquirenti siano tratti in inganno (Sez. 5, n. 5260 del 11/12/2013 – dep. 03/02/2014, Faje, Rv. 2587220; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 20944 del 04/05/2012 – dep. 31/05/2012, P.G. in proc. Diasse, Rv. 252836).
4. E’, invece, fondato il terzo motivo, in quanto la Corte distrettuale ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta difensiva – formulata in sede di conclusioni all’udienza del 05/10/2016 – di applicazione della causa di non punibilita’ ex articolo 131 bis cod. pen., non preclusa dalla pena comminata per il reato di cui all’articolo 474 cod. pen.. Pertanto, assorbito il quarto motivo relativo alla determinazione della pena, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame su tali punti ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari, mentre, nel resto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla mancata pronuncia sulla causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis cod. pen. e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari; rigetta nel resto il ricorso.
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