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Con un quarto motivo si deduce erronea applicazione della legge penale di cui all’articolo 189, comma 6, CDS.
Il ricorrente rammenta che la norma in esame integra il cosiddetto “reato di fuga”, ed e’ stata dettata al fine di consentire l’identificazione del soggetto che abbia causato un incidente.
Ebbene, premesso che il primo presupposto per la sussistenza del reato e’ che l’incidente sia ascrivibile al comportamento del soggetto, si sostiene in ricorso che nel caso di specie alcun incidente vi sarebbe stato e quindi alcuna responsabilita’ sarebbe ascrivibile allo (OMISSIS), e per cio’ solo lo stesso dovrebbe essere mandato assolto. Inoltre, viene ricordato che e’ richiesto necessariamente il dolo, anche eventuale, che si identifica nella volonta’ del conducente di sottrarsi all’identificazione.
Nel caso di specie cio’ non sarebbe avvenuto. Sul punto viene richiamato il precedente di questa sez. 4, 12/03/2013, n. 16982, Rv. 255429, secondo cui: “Nel reato di fuga previsto dall’articolo 189 C.d.S., comma 6, l’accertamento del dolo, necessario anche se esso sia di tipo eventuale, va compiuto in relazione alle circostanze concretamente rappresentate e percepite dall’agente al momento della condotta, laddove esse siano univocamente indicative del verificarsi di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone.
Si sostiene che lo (OMISSIS), pur non avendo alcuna colpa, si e’ immediatamente fermato ed ha chiesto al (OMISSIS) se si fosse fatto male; avuta risposta negativa, lo stesso ha parcheggiato l’auto nel primo posto disponibile ad una decina di metri dal controviale. Dopo avere parcheggiato e’ sceso dall’auto ed ha avuto ulteriore conferma dell’inesistenza di lesioni, ed ha consegnato 20 Euro al (OMISSIS), su sua richiesta. Dopodiche’ si e’ allontanato perche’ doveva andare a fare una commissione urgente dicendo al (OMISSIS) che sarebbe immediatamente tornato. Ed effettivamente lo (OMISSIS) e’ tornato, si e’ presentato all’agente di Polizia Locale, ha rilasciato allo stesso i suo dati ed ha reso dichiarazioni.
Ebbene, secondo il ricorrente, non vi e’ chi non veda come nel caso di specie non possa ravvisarsi nel comportamento alcun comportamento leso a sottrarsi alla propria identificazione: egli ha lasciato la propria autovettura nelle immediate vicinanze, e si e’ immediatamente presentato agli agenti che stavano compiendo i rilievi. Sarebbe del tutto evidente che, se nell’animo dello (OMISSIS) ci fosse stata la volonta’ di non farsi identificare, lo stesso non avrebbe parcheggiato l’autovettura sul luogo, e non sarebbe tornato per rendere le proprie dichiarazioni agli agenti.
Con un quinto ed ultimo motivo si lamenta erronea applicazione dell’articolo 189 C.d.S., comma 7. Si evidenzia Lo (OMISSIS) si e’ immediatamente fermato per constatare le condizioni del (OMISSIS), ed appurato che lo stesso da una parte non aveva riportato alcuna lesione, circostanza confermata dalla successiva visita al pronto Soccorso, dall’altra era gia’ assistito dal (OMISSIS), si e’ allontanato per fare immediatamente ritorno. La fattispecie contemplata dalla norma prevede che venga prestata l’assistenza necessaria e commisurata allo stato della persona, non certo che vi sia un’assistenza continua dopo che sono state verificate le condizioni della persona. E’ incontestabile che, una volta appurato che la persona non necessita di assistenza o che e’ gia’ assistita da altre persone, non vi sia alcun obbligo di sostare ulteriormente.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
2. Ed invero, il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si e’ nella sostanza, in larga misura, limitato a riprodurre le stesse questioni gia’ devolute in appello, e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata, senza in alcun modo sottoporle ad autonoma e argomentata confutazione.
Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonche’ corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimita’.
La Corte territoriale aveva gia’ chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato tutte le tesi oggi riproposte.
In primis, quanto alla dedotta questione di inutilizzabilita’ delle dichiarazioni spontanee rese da (OMISSIS), acquisite ex articolo 512 c.p.p., i giudici del gravame del merito ne hanno condivisibilmente ritenuto l’infondatezza, evidenziando come le stese vennero assunte e verbalizzate, presso il Comando della Polizia Locale, tra l’altro dallo stesso operante intervenuto sul luogo del sinistro ed al quale il teste aveva gia’ sommariamente riferito i fatti nell’immediatezza, nell’esercizio quindi delle sue funzioni e competenze istituzionali, si’ da indubbiamente qualificarsi come agente di PG, conferentemente richiamando sul punto il precedente costituito dalla sentenza Sez. 1 n. 25295/2014 di questa Corte per cui sicuramente le spontanee dichiarazioni testimoniali in tal modo raccolte in atto formale, sottoscritto da dichiarante e verbalizzante, ben possono essere acquisite al fascicolo del dibattimento, ai sensi dell’articolo 512 c.p.p., per la sopravvenuta impossibilita’ di ripetizione delle stesse.
Corretto e’ anche l’assunto che l’imprevedibilita’ dell’impossibilita’ di ripetizione dell’atto va valutata con criterio “ex ante”, avuto riguardo non a mere evenienze ipotetiche, ma sulla base di conoscenze concrete, che nel caso che ci occupa non sussistevano atteso che il teste si presentava immediatamente e spontaneamente, e dava indicazioni in merito al proprio luogo di residenza, alla titolarita’ di regolare permesso di soggiorno e ad ogni informazione utile circa la propria reperibilita’, indicazioni che non potevano che apparire veridiche, oltre che allo stato, anche in una prospettiva di stabilita’ sui territorio, dando in tal modo prova concreta della propria volonta’ di essere presente e disponibile;
Condivisibilmente, quindi, il giudizio di imprevedibilita’ della situazione sopravvenuta che avrebbe reso impossibile la ripetizione di quelle dichiarazioni veniva radicato a tali indicazioni ed alla dimostrata disponibilita’ verso gli inquirenti, confutandosi l’obiezione che, peraltro a distanza di oltre due anni, il teste non fosse piu’ reperibile al domicilio indicato, e che non venisse effettuata alcuna ricerca per rintracciarlo, posto che la documentazione relativa alle vane ricerche di (OMISSIS), di cui (OMISSIS) non aveva da tempo notizie perche’ non piu’ residente a Milano, come si ricorda nel provvedimento impugnato, veniva prodotta dal p.m. all’udienza 9 maggio 2014.
3. Immune dalle dedotte censure appare anche il diniego opposto alla richiesta di rinnovazione istruttoria.
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