Per spazio minimo individuale del detenuto in cella va intesa la superficie della camera detentiva fruibile dal singolo detenuto occupante la cella ed idonea al movimento: con conseguente necessità di detrarre dalla complessiva superficie non solo lo spazio destinato ai servizi igienici e quello occupato dagli arredi fissi ma anche quello occupato dal letto;
Nel caso di sussistenza della forte presunzione di trattamento degradante del detenuto, costituito dall’essere stato costui ristretto in stanza di detenzione in cui lo spazio per il suo movimento sia stato inferiore ai 3 mq., per il superamento di tale presunzione occorre considerare, unitariamente, la brevità della permanenza in cella in tale condizione, l’esistenza di sufficiente libertà di circolazione fuori dalla cella, l’esistenza di adeguata offerta di attività da svolgersi fuori della cella, le buone condizioni complessive dell’istituto di detenzione, l’assenza di altri aspetti negativi del trattamento penitenziario quanto a condizioni igieniche e servizi forniti

Corte di Cassazione

sezione prima penale

sentenza 19 – 30 ottobre 2017, n. 49793
Presidente Carcano – Relatore Vennucci

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza emessa il 13 ottobre 2016 il Tribunale di sorveglianza di Roma, a conferma dell’ordinanza emessa il 15 febbraio 2016 dal Magistrato di sorveglianza di Roma, ha rigettato la domanda di tutela compensativa proposta da Fa. Fr. (all’epoca della presentazione del ricorso detenuto nella casa circondariale di Roma – Rebibbia) ai sensi dell’art. 35-ter della legge n. 354 del 1975 (di seguito indicata come «ord. pen.»).
A fondamento di tale decisione è evidenziato, alla luce dei contenuto della giurisprudenza della Corte EDU in tema di interpretazione dell’art. 3 della CEDU, che: il ricorrente non è mai stato recluso in celle in cui la superficie dello spazio vivibile fosse inferiore a 3 mq.; in funzione del calcolo di tale superficie è da escludere il locale adibito ai servizi igienici e la superficie degli arredi inamovibili, ma non la superficie occupata dai letti, utilizzabili anche per finalità diverse dal riposo, e quella degli arredi non fissati in terra (armadi pensili) che permettono l’utilizzo dello spazio sottostante; lo spazio vivibile, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, non equivale a spazio calpestarle, bensì deve essere inteso come spazio suscettibile di concreta utilizzazione da parte del singolo detenuto; i letti, poi, non sono utilizzabili solo per il riposo, ma anche per eseguire esercizi ginnici, partecipare a giochi di società, leggere, conversare, scrivere; dirimente, in funzione della decisione, è la considerazione secondo cui Fr. ha avuto la possibilità di muoversi al di fuori della cella per un congruo numero di ore, specificamente indicate; non sussiste dunque alcun pregiudizio grave dall’avere il detenuto trascorso il proprio tempo in cella, con spazio individuale mai inferiore ai 3 mq., solo in ore destinate ai pasti ed al riposo.
2. Per la cassazione di tale ordinanza Fr. ha proposto ricorso (atto da lui sottoscritto) deducendo erronea applicazione dell’art. 35-ter ord. pen. e dell’art. 3 della CEDU, avendo il tribunale di sorveglianza erroneamente computato nello spazio individuale minimo della cella anche la superficie occupata dal letto e quella delle «altre suppellettili», in quanto: nel corso della detenzione, per brevi periodi, compresi fra i sette ed i quarantadue giorni dal mese di aprile 2015 a quello di febbraio 2016, nel carcere di Catania – Bicocca esso ricorrente non aveva mai partecipato alle attività riservate ai detenuti, né aveva usufruito delle ore di arie, essendo ivi ristretto essenzialmente per poter presenziare alle udienze del processo penale contro di lui in corso presso il Tribunale di Catania; non sussisteva dunque alcuno degli elementi indicati dalla giurisprudenza della Corte EDU per controbilanciare la forte presunzione di violazione dell’art. 3 della CEDU quando lo spazio riservato a ciascun detenuto nella stanza ove è ristretto è inferiore ai 3 mq.; il calcolo dello spazio individuale all’interno della cella in tale casa circondariale effettuato con l’ordinanza impugnata non aveva tenuto conto dell’ingombro degli arredi fissi e del letto; ove ciò fosse avvenuto, si sarebbe accertato che lo spazio di movimento riservato a ciascun detenuto (nella cella erano rinchiuse tre persone) era pari a 2,42 mq.; analoga considerazione valeva per la cella del carcere di Asti, non avendo il Tribunale detratto dalla superficie utile quella del letto in tale luogo collocato lo spazio disponibile.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta le cui conclusioni sono in epigrafe trascritte evidenziando che: per la determinazione dello spazio necessario al movimento in stanza di detenzione occorre, secondo la giurisprudenza di legittimità, escludere le superfici occupate da strutture tendenzialmente fisse, quali gli arredi fissi ed il letto; l’ordinanza impugnata, nell’affermare che in ciascuna cella lo spazio disponibile per il movimento del detenuto era sempre stato superiore a 3 mq., ha invece compreso in tale spazio quello occupato dal letto; l’esame delle complessive condizioni di detenzione, compensative dello spazio insufficiente della cella, è da svolgere quando lo spazio disponibile per il detenuto nella cella è inferiore a 3 mq.
4. Con memoria depositata il 4 ottobre 2017 (sottoscritta dal difensore di Fr., avvocato Pa. Ba.) il ricorrente ha diffusamente illustrato il motivo contenuto nel ricorso.

Considerato in diritto

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