Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 27 aprile 2018, n. 10303.
La violazione del divieto di aiuti concessi dagli stati membri alle imprese, che falsino o minaccino di falsare la concorrenza, previsto dall’articolo 107 TFUE, non determina la nullita’ dei contratti che costituiscono comunque attuazione di un aiuto non compatibile con il mercato interno, essendo il detto divieto rivolto esclusivamente ai singoli stati membri e stabilendo l’ordinamento comunitario altri rimedi, di cui sono destinatari sempre i soli stati, per contrastarne la violazione
Ordinanza 27 aprile 2018, n. 10303
Data udienza 22 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. VELLA Antonio – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 04874/2013 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, quale mandataria della (OMISSIS) s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso il suo studio, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., (C.F. (OMISSIS)), in persona del curatore pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in (OMISSIS).
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Verbania, depositata il giorno 11 gennaio 2013 nel procedimento iscritto al n.r.g. 2/2012.
Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fichera.
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Federico Sorrentino, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) s.p.a., quale mandataria della (OMISSIS) s.p.a. (di seguito breviter (OMISSIS)), propose opposizione avverso lo Stato passivo del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., in relazione al credito discendente da un mutuo chirografario in precedenza accordato alla societa’ poi fallita.
Con decreto depositato il giorno 11 gennaio 2013, il Tribunale di Verbania respinse l’opposizione, assumendo che il contratto di mutuo risultava stipulato in frode alla legge, ex articolo 1344 c.c., in contrasto con la legislazione regionale tesa ad assicurare un aiuto all’imprese ancora operanti sul mercato e non gia’ in stato di crisi irreversibile, quale doveva ritenersi la mutuataria (OMISSIS) s.r.l..
Avverso il detto decreto del Tribunale di Verbania, (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due mezzi, cui resiste con controricorso il fallimento della (OMISSIS) s.r.l.
Il controricorrente ha depositato memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo deduce la ricorrente violazione dell’articolo 1344 c.c., degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 14 e 15 e della Legge Regionale Piemonte 22 novembre 2004, n. 34, articolo 1), degli articoli 87 e 88 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) e dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), avendo il tribunale erroneamente affermato la nullita’ del contratto di mutuo per contrarieta’ alla disciplina comunitaria.
Con il secondo motivo rileva vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in quanto il tribunale ha errato nel ritenere che la banca mutuante avesse fraudolentemente concorso con la societa’ mutuataria, nel distrarre una parte delle somme finanziate con il mutuo oggetto di causa.
2. Il primo motivo e’ fondato, per le ragioni di cui si dira’.
2.1. E’ noto che nel contratto in frode alla legge di cui all’articolo 1344 c.c., gli stipulanti raggiungono attraverso gli accordi contrattuali il medesimo risultato vietato dalla legge, con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia in thesi lecito, e’ illecito il risultato che attraverso l’abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare (Cass. 26/01/2010, n. 1523).
Dunque, presupposto indefettibile perche’ si possa parlare di contratto in frode alla legge e’ che il negozio posto in essere non realizzi quella che e’ una causa tipica – o comunque meritevole di tutela ex articolo 1322 c.c., comma 2 -, bensi’ una causa illecita in quanto appunto finalizzata alla violazione della legge.
2.2. Nella vicenda all’esame, com’e’ incontroverso, le parti stipularono un contratto di mutuo chirografario, in forza del quale (OMISSIS) erogo’ una somma alla societa’ poi fallita, con la garanzia sul 50% del capitale erogato rilasciata dalla (OMISSIS) s.p.a., ai sensi della Legge Regionale Piemonte n. 34 del 2004, articolo 4, comma 1, lettera e), che disciplina gli interventi pubblici regionali “per lo sviluppo e la qualificazione delle attivita’ produttive, per l’incremento della competitivita’ e per la crescita del sistema produttivo e dell’occupazione”; dunque, lungi dal volere realizzare una causa diversa da quella prevista dal detto tipo negoziale – e secondo il Tribunale di Verbania anche vietata dalla legge -, i contraenti vollero effettivamente realizzare un programma negoziale che prevedeva la consegna di una determinata quantita’ di denaro ad una delle parti, che si obbligava a restituirla ad una certa scadenza, secondo lo schema tipico disciplinato dall’articolo 1813 c.c..
Secondo la tesi del tribunale la circostanza che in base ad un collegamento negoziale, il rimborso delle somme mutuate dalla banca risultava garantito, nella misura del 50%, da un soggetto pubblico ( (OMISSIS) s.p.a.), avrebbe determinato, nella fattispecie concreta, una violazione dell’articolo 107 del TFUE (gia’ articolo 87 del TUE), che dichiara incompatibili con il mercato interno gli aiuti statali, che sotto qualsiasi forma “favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
2.3. Ritiene la corte che, prescindendo pure da ogni approfondimento sulla fondatezza della tesi espressa del tribunale – a tenore della quale la garanzia pubblica concessa nel caso in esame, avrebbe determinato un aiuto di Stato vietato dall’ordinamento UE -, deve escludersi che la violazione dell’articolo 107 TFUE possa determinare, senz’altro, la nullita’ degli atti negoziali che siano stati posti in essere “in esecuzione” dell’aiuto vietato.
Va invero osservato, anzitutto, che in linea generale e’ principio consolidato che in tema di nullita’ del contratto per contrarieta’ a norme imperative, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validita’ del contratto e’ suscettibile, ove non altrimenti stabilito dalla legge, di determinarne la nullita’ e non gia’ la violazione di norme, anch’esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti, la quale puo’ essere solo fonte di responsabilita’ (Cass. 10/04/2014, n. 8462).
Va poi richiamato l’orientamento di questa Corte a tenore del quale la violazione di una norma imperativa non da’ luogo necessariamente alla nullita’ del contratto, giacche’ l’articolo 1418 c.c., comma 1, con l’inciso “salvo che la legge disponga diversamente”, impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validita’ del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma (Cass. 28/09/2016, n. 19196; Cass. 11/12/2012, n. 22625).
2.4. Orbene, proprio in tema di tutela della libera concorrenza sul mercato interno dell’UE, l’articolo 101, comma 2, del TFUE dichiara “nulli di pieno diritto” tutti gli accordi tra imprese che possano pregiudicare impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, con una norma che ha chiaramente efficacia c.d. “orizzontale” nei rapporti tra i soggetti dell’UE; l’articolo 107 TFUE, invece, nel sancire il divieto di aiuti di Stato alle imprese operanti nel mercato interno dell’Unione Europea, non prevede alcuna invalidita’ degli atti negoziali posti in essere dalle singole imprese, che in concreto possano costituire una forma di attuazione dell’aiuto non consentito, trattandosi di un precetto rivolto agli stati membri dell’Unione, con effetti esclusivamente c.d. “verticali”.
E invero, ai sensi dell’articolo 108 TFUE, qualora la Commissione accerti che un aiuto concesso dallo Stato non e’ compatibile con il mercato interno, impone al medesimo Stato “di sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato”, per poi rivolgersi direttamente – in caso di inerzia dello Stato membro – alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, affinche’ accerti, ai sensi dell’articolo 260 TFUE, la violazione di uno degli obblighi del Trattato, comminando altresi’ al singolo stato eventuali sanzioni pecuniarie, quando non siano stati adottati i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza della Corte di Giustizia.
In sostanza, a differenza di quanto previsto dall’articolo 101 TFUE, il divieto imposto del ridetto articolo 107 TFUE, non essendo rivolto direttamente alle imprese operanti sul mercato interno, non determina l’invalidita’ degli atti posti in essere in violazione del medesimo, ma riguarda esclusivamente gli stati membri dell’Unione Europea, prevedendo, altresi’, taluni strumenti tesi a sanzionare le condotte ad esso contrarie – di cui e’ destinatario pur sempre soltanto lo Stato membro -, primo fra tutti l’ordine di sopprimere o modificare l’aiuto concesso, procedendo anche, ove consentito, al recupero dei benefici eventualmente gia’ erogati.
Dunque, una volta che la Commissione – ovvero, in caso di inerzia degli stati, la Corte di Giustizia – abbiano accertato l’esistenza di un aiuto di Stato vietato dall’ordinamento UE, e’ solo il singolo Stato membro che deve sopprimere l’aiuto ed e’ il medesimo che deve rivolgersi ai soggetti operanti nel suo territorio che ne hanno indebitamente usufruito, per “recuperare” il beneficio illegittimo.
2.5. Per dare conto della insostenibilita’ della tesi del tribunale sulle conseguenze discendenti dalla violazione dell’articolo 107 TFUE, allora, e’ sufficiente segnalare che nella vicenda in esame, l’aiuto di Stato – in thesi vietato e quindi invalido – sarebbe consistito non certo nel mutuo stipulato tra soggetto privati (che e’ operazione negoziale chiaramente ininfluente ai fini della salvaguardia dei principi della libera concorrenza all’interno del mercato interno), ma esclusivamente nella concessione di una garanzia proveniente da un soggetto pubblico sul rimborso delle somme erogate (peraltro solo pro quota); dunque lo Stato italiano, per rimuovere l’aiuto non consentito, avrebbe dovuto disporre che fosse resa priva di effetti giuridici la garanzia pure in precedenza concessa dal soggetto pubblico, ma giammai avrebbe potuto privare di effetti il mutuo – atto negoziale tra soggetti – ad essa collegato.
2.6. Deve allora pronunciarsi il seguente principio di diritto: “la violazione del divieto di aiuti concessi dagli stati membri alle imprese, che falsino o minaccino di falsare la concorrenza, previsto dall’articolo 107 TFUE, non determina la nullita’ dei contratti che costituiscono comunque attuazione di un aiuto non compatibile con il mercato interno, essendo il detto divieto rivolto esclusivamente ai singoli stati membri e stabilendo l’ordinamento comunitario altri rimedi, di cui sono destinatari sempre i soli stati, per contrastarne la violazione”.
3. Il secondo motivo resta assorbito.
4. In definitiva, accolto il primo motivo del ricorso ed assorbito il secondo, il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Verbania, in diversa composizione, perche’ si adegui al principio sopra esposto e per statuire anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Assorbito il secondo motivo, accoglie il primo motivo del ricorso; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Verbania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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