Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 gennaio 2017, n. 1316

Non puo’ ritenersi applicabile il disposto di cui all’articolo 2112 c.c. quando non si verte in una ipotesi di cessione di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attivita’ di impresa, con autonomia funzionale di beni e strutture gia’ esistenti al momento del trasferimento e, dunque, non solo teorica o potenziale. Manca, infatti, nella cessione come realizzata l’autonomia e l’autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita, dimostrata dalla continua interazione necessaria per la realizzazione dell’attivita’ ceduta, non svolta in autonomia, in continuo collegamento e sotto il controllo , con i programmi informatici necessari rimasti in proprieta’ esclusiva dell’impresa cedente e senza i quali non sarebbe stato possibile l’espletamento del servizio. E’ ipotizzabile, invece, una mera esternalizzazione di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volonta’ dell’imprenditore e non dall’inerenza dei rapporti di lavoro ad un ramo di azienda gia’ costituito

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 19 gennaio 2017, n. 1316

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15926-2011 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS) S.P.A.), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS) S.P.A);

– intimato –

avverso la sentenza n. 492/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/06/2010 R.G.N. 1323/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/11/2016 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 492/2010, ha confermato – per quello che interessa in questa sede – le pronunce n. 142/09 e n. 196/09 del Tribunale di Monza, rilevando che l’operazione economica riguardante la cessione del Call Center di (OMISSIS), dalla (OMISSIS) spa alla (OMISSIS) spa, fosse qualificabile come cessione di ramo di azienda agli effetti dell’articolo 2112 c.c. in quanto l’attivita’ di cali center ceduta era gia’ svolta dal cedente in forma funzionalmente autonoma e debitamente strutturata e che il ramo costituiva, pertanto, un insieme di elementi patrimoniali e personali idonei al raggiungimento di un fine economico-produttivo, nell’accezione elaborata dalla giurisprudenza comunitaria.

2. Ricorrono per cassazione (OMISSIS) e gli altri dipendenti in epigrafe indicati con nove motivi di ricorso.

3. Resiste con controricorso la (OMISSIS) spa.

4. Restano intimati, senza svolgere attivita’ difensiva, sia il Fallimento (OMISSIS) spa che la (OMISSIS) spa in bonis.

5. Sono state depositate memorie ex articolo 378 c.p.c. nell’interesse delle parti costituite.

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, in quanto proposto oltre il termine semestrale, e fondata sulla circostanza che gli atti di appello furono depositati il 27.7.2009 ed il 7.1.2010, ossia ben dopo l’entrata in vigore della riforma operata con la L. n. 69 del 2009, sollevata dalla (OMISSIS) spa. Al riguardo deve rilevarsi che, nella specie, si applica il testo originario dell’articolo 327 c.p.c. (la decadenza dell’impugnazione un anno dopo la pubblicazione della sentenza impugnata) e non il nuovo testo, che riduce il termine utile a sei mesi, perche’ esso si applica, ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 58, comma 1, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4.7.2009, dal momento che bisogna avere riguardo al deposito del ricorso di 1 grado, restando irrilevante il momento di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass. n. 17060/2012 e Cass. n. 5249/2014).

7. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c., in relazione alla mancata individuazione, da parte della (OMISSIS) e della (OMISSIS), dell’oggetto del contratto di cessione del ramo di azienda ceduto (articolo 360 c.p.c., n. 3). In particolare sottolineano la discordanza tra quanto previsto nella comunicazione di apertura della procedura di cui alla L. n. 428 del 1990, articolo 47 ed il successivo contratto di cessione di cui viene lamentata anche la genericita’.

8. Con il secondo motivo si censura la contraddittoria motivazione della sentenza, circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla ritenuta mancanza ed insussistenza di autonomia funzionale delle attivita’ di assistenza clienti eseguite presso il sito di (OMISSIS). A tal uopo si evidenzia che l’attivita’ di assistenza clienti veniva effettuata in vari siti dislocati in tutta Italia (e non solo a (OMISSIS)) e che nel citato sito di Sesto venivano effettuate attivita’ non solo di assistenza clienti, ma anche funzioni esterne a tale segmento produttivo e non cedute alla (OMISSIS) (le quali erano necessarie al completamento e al compimento della attivita’ di assistenza clienti medesima), di talche’ non si poteva parlare di una unitaria “entita’ economica” e costituire, quindi, un ramo di azienda nel senso e nella accezione datane dalla giurisprudenza. Ne’ a tal fine poteva essere rilevante, secondo l’assunto dei ricorrenti, la circostanza dell’intervenuta cessione dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) spa dei rapporti di lavoro dei team leader e degli area manager, perche’ il teste (OMISSIS), qualificatosi come responsabile di tutto il Call Center di (OMISSIS) ed in particolare dell’area customer, era rimasto in (OMISSIS); analogo discorso poteva essere argomentato per il teste (OMISSIS) responsabile dell’area consumer.

9. Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c., in relazione alla mancata cessione dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) spa dei beni materiali essenziali ed indispensabili ai fini dell’esecuzione delle attivita’ di assistenza clienti eseguite presso il sito di (OMISSIS), costituiti dai sistemi applicativi ed informatici. Al riguardo osservano che l’avere mantenuto in capo alla cedente alcuni beni (sistemi informatici) non consentiva di individuare un’entita’ economica capace di dare vita ad un ciclo produttivo completo, in grado di funzionare con gli stessi contenuti e con la stessa intensita’ gia’ esistente presso (OMISSIS) ravvisandosi, in contrario, una ipotesi di smembramento non rientrante nell’articolo 2112 c.c..

10. Con il quarto motivo si eccepisce l’omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla asserita consuetudine per cui i beni essenziali per la produzione del servizio richiesto, nel settore interessato alla cessione in esame, avrebbero potuto non essere ceduti all’acquirente di ramo di azienda (articolo 360 c.p.c., n. 5): cio’ perche’ non viene spiegato in che cosa consisterebbe il carattere “consuetudinario” e quali sarebbero gli elementi che avrebbero potuto determinare una completa rivisitazione della materia.

11. Con il quinto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c., in relazione alla mancare ed insussistenza di autonomia operativa degli operatori addetti alla attivita’ di assistenza clienti eseguita presso il sito di (OMISSIS) (articolo 360 c.p.c., n. 3) perche’ ogni lavoratore operante nel citato sito, interessato come tale alla cessione, mai aveva avuto liberta’ e capacita’ di definire i contenuti della prestazione da effettuarsi, nonche’ di definire i tempi e le modalita’ cui porre in essere il servizio assistenza: e cio’, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di appello di Milano, evidenziava la non ricorrenza e la non applicabilita’ dell’articolo 2112 c.c. nella parte in cui prevede che oggetto della cessione debba appunto essere una “articolazione funzionalmente autonoma di una attivita’ economicamente organizzata”.

12. Con il sesto motivo si censura l’omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancanza di autonomia operativa degli operatori addetti all’attivita’ di assistenza clienti eseguita presso il sito di (OMISSIS) (articolo 360 c.p.c., n. 5), per non avere spiegato la Corte di appello la sussistenza dell’autonomia del ramo ceduto e la sua capacita’ di dare vita ad un ciclo produttivo completo, pur in presenza di una interazione tra il personale di (OMISSIS) con quelli di altre strutture, ritenendo che fosse nella natura dell’attivita’ di assistenza clienti il fatto che obiettivi e procedure fossero fissati a livello centrale ed esternamente al sito ove venivano eseguite.

13. Con il settimo motivo si deduce la contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata ed insussistenza di autonomia operativa degli operatori addetti alla attivita’ di assistenza clienti eseguita presso il sito di (OMISSIS) (articolo 360 c.p.c., n. 5) perche’ la Corte territoriale era giunta alla illogica e contraddittoria conclusione sull’autonomia del ramo ceduto, pur dando atto che l’attivita’ di assistenza clienti potesse completarsi solo con l’intervento di personale ad esso esterno.

14. Con l’ottavo motivo i ricorrenti si dolgono della contraddittoria motivazione della sentenza circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancanza ed insussistenza di autonomia gestionale degli operatori addetti alle attivita’ di assistenza clienti eseguita presso il sito di (OMISSIS) (articolo 360 c.p.c., n. 5) perche’ il giudice di seconde cure, pur evidenziando la assoluta impossibilita’ del centro di (OMISSIS), quanto alla organizzazione del rapporto tra personale ed attivita’ da eseguirsi, di potere decidere anche la destinazione degli addetti ad ogni singolo servizio pervenendo ogni direttiva da personale non gestito dalla (OMISSIS) spa, tuttavia non aveva ritenuto tali circostanze, idonee ad inficiare la validita’ dell’operazione di trasferimento ex articolo 2112 c.c..

15. Oggetto del nono motivo, proposto in via subordinata, e’, infine, la richiesta di sospensione del procedimento con il rinvio alla Corte di Giustizia affinche’ la stessa si pronunzi sul seguente quesito: se vi sia trasferimento di parti di impresa o di stabilimenti ai sensi dell’articolo 1 della direttiva del Consiglio 12.3.2001 23/01, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di impresa o di stabilimenti, qualora il soggetto cedente tale parte di impresa o di stabilimento trasferisca nella proprieta’ del soggetto acquirente a tempo indeterminato i soli rapporti dei dipendenti addetti alla parte di impresa o di stabilimento ceduti, mantenga nella sua proprieta’ i beni materiali essenziali ed indispensabili alla esecuzione dell’attivita’ eseguita in e da detta parte di impresa e stabilmente ceduti, e conceda in uso al medesimo soggetto acquirente tali beni materiali essenziali ed indispensabili per la esecuzione delle relative attivita’ per un tempo determinato.

16. Il primo motivo e’ inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso.

17. Infatti, il ricorrente ha l’onere, nel processo di legittimita’, di indicare specificamente, a pena di inammissibilita’, i documenti su cui il motivo e’ fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione.

18. Nel caso in esame i ricorrenti lamentano una discordanza tra la comunicazione di apertura della procedura prevista dalla L. n. 428 del 1990, articolo 47 circa l’oggetto della futura prescritta cessione, e quello che effettivamente e’ stato oggetto del trasferimento ma non hanno riprodotto integralmente i due documenti per valutare la fondatezza della censura. Si sono limitati a richiamare alcune espressioni dei documenti in questione, senza pero’ riportare in modo esauriente e puntuale il contenuto degli atti asseritamente male o insufficientemente valutati dal giudice di merito precludendo, cosi’, in sede di legittimita’ di valutare il vizio denunziato, se non sceverando, compito non spettante alla Suprema Corte di estrapolare dal documento elementi rilevanti ai fini del decidere.

19. Per esigenze di, pregiudizialita’ logico-giuridica, vanno preliminarmente esaminati i motivi (terzo e quinto) con i quali si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c. della gravata sentenza nella parte in cui ha ritenuto qualificabile l’operazione economica in esame come cessione di ramo di azienda agli effetti dell’articolo 2112 c.c. nonostante non fossero stati ceduti i beni materiali essenziali ed indispensabili ai fini dell’esecuzione dell’attivita’ di assistenza clienti eseguite presso il sito di (OMISSIS), costituiti dai sistemi applicativi ed informatici e nonostante gli operatori addetti alle attivita’ di assistenza clienti, eseguita presso il suddetto sito, non godessero di autonomia operativa in quanto non avevano alcuna liberta’ di determinare il benche’ minimo contenuto della prestazione da effettuarsi.

20. I motivi sono fondati.

21. I vizi denunziati sono quelli di violazione e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c. e concernono la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto nonche’ l’applicazione della norma stessa al caso concreto una volta correttamente individuata ed interpretata.

22. Nella fattispecie in esame gli elementi di fatto, posti a sostegno delle censure, sono incontroversi.

23. La problematica riguarda la sussunzione della cessione nell’ambito applicativo dell’articolo 2112 c.c..

24. Sul punto va ricordato il principio di questa Sezione (Cass. sent. n. 10542 del 25.2.2016), che il Collegio condivide, secondo cui costituisce elemento costitutivo della cessione del ramo di azienda prevista dall’articolo 2112 c.c., anche nel testo modificato dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 32, l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacita’ di questo, gia’ al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionale ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti”.

25. Ebbene, ritiene il Collegio che la Corte territoriale non abbia fatto corretta applicazione di tale principio.

26. L’autonomia funzionale del ramo di azienda ceduto puo’ non coincidere con la materialita’ dello stesso, ma comunque l’autonomia dell’entita’ ceduta deve essere obiettivamente apprezzabile, sia pure con possibili interventi integrativi imprenditoriali ad opera del cessionario, al fine di verificarne l’imprescindibile requisito comunitario della sua conservazione.

27. L’articolo 1, lettera b), della direttiva 2001/23 stabilisce, infatti, che “e’ considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di una entita’ economica che conserva la propria identita’, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attivita’ economica, sia essa essenziale o accessoria”.

28. Cio’ suppone una preesistente realta’ produttiva funzionalmente autonoma (articolo 2112 c.c., comma 5 come sostituito dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 32, comma 1) e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento (ex alis Cass. n. 21697 del 13.10.2009; n. 21481 del 9.10.2009; n. 20422 del 3.10.2012).

29. La ratio e’ quella di evitare che le parti imprenditoriali possano creare, in occasione della cessione, strutture produttive che, in realta’, costituirebbero l’oggetto di una forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, unificate soltanto dalla volonta’ dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporto ad un’entita’ economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalita’ (Cass. n. 19740 del 17.7.2008 e n. 21481/2009 cit.).

30. La Corte di Giustizia, cui compete l’interpretazione del diritto comunitario, ha affermato che, proprio per garantire una protezione effettiva dei diritti dei lavoratori in una situazione di trasferimento, obiettivo perseguito dalla direttiva 2001/23, il concetto di identita’ dell’entita’ economica non puo’ riposare unicamente sul fattore relativo all’autonomia organizzativa (Corte di Giustizia 12.2.2009 C-466/07 Dietmar, punto 43) e che l’impiego del termine “conservi” nell’articolo 6, par. 1 commi 1 e 4 della direttiva “implica che l’autonomia dell’entita’ ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento” (Corte di Giustizia 6.3.2014, C- 458/12, Amatori, punti 30 e 32) pur non ostando che uno stretto vincolo di committenza ed una commistione del rischio di impresa non possa costituire di per se’ ostacolo all’applicazione della direttiva 2001/23 (sentenza CG citata, Amatori, punto 50).

31. Muovendo da tali premesse, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non puo’ affermarsi che l’attivita’ trasferita del Cali Center di Sesto Giovanni fosse un’attivita’ economicamente organizzata, come tale valutabile prima della cessione, funzionalmente autonoma e debitamente strutturata e, soprattutto, che la struttura produttiva ceduta fosse identica a quella preesistente.

32. Invero, avendo riguardo ai fatti incontroversi e ai soli fini di valutare se debba appunto applicarsi la fondamentale garanzia dell’articolo 2112 c.c., vanno evidenziate le seguenti risultanze istruttorie.

33. I beni materiali effettivamente ceduti sono stati gli arredi, n. 304 personal computers, cuffie, telefoni, stampanti, apparati di rete e apparati sale.

34. Con il contratto di appalto (di durata quinquennale), sottoscritto unitamente a quello di cessione, la (OMISSIS) spa affido’ a O.S.C. spa, per un corrispettivo di Euro 10.400.00,00, la fornitura a proprio favore dei servizi customer care per la propria clientela corporate non Top e consumer (privati e piccole aziende), in particolare i servizi di cali center inbound e outbound e quelli di back office.

35. La (OMISSIS), invece, non affido’ i medesimi servizi per la clientela TOP, che era anche gestita dal Call Center di (OMISSIS), nonche’ l’assistenza tecnica.

36. Inoltre, con il Long Term Agreement (LTA), fu sottoscritto un contratto avente ad oggetto “ulteriori beni funzionali all’esercizio dell’attivita’ del Ramo di Azienda – la cui titolarita’ rimarra’ in capo a (OMISSIS), senza alterare l’unita’ economica e funzionale del Ramo di Azienda – secondo previsto nel Contratto di Appalto di Servizi”. La durata del contratto fu determinata in cinque anni.

37. A tale riguardo non possono essere condivise le argomentazioni dei giudici di seconde cure circa la sussistenza di un carattere consuetudinario, nell’attivita’ di cali center, e particolarmente in un settore ad alta tecnologia informatica, dell’utilizzo di beni, quali i data base e i programmi SW necessari per gestirli che rimangano nella proprieta’ del committente e vengano utilizzati dall’appaltatore, cosi’ come riconosciuto in altri settori dalla Corte di Giustizia, per esempio, in quello minerario (cfr. causa Allen – CG 2.12.1999 – causa C – 234/98).

38. Infatti, in primo luogo va osservato che la mancata cessione dei programmi e dei sistemi informatici (che venivano utilizzati dai dipendenti prima dello scorporo), nel settore della telefonia mobile, puo’ trovare il suo fondamento non nella consuetudine, bensi’ nel fatto che i data base contenevano (e contengono) dati sensibili relativi ai clienti per cui l’incedibilita’ dei programmi che consentono l’accesso e la modifica di tali data base e’ connessa ad esigenze di riservatezza e alla conseguente necessita’ che anche gli altri programmi e gli operativi informatici utilizzati prima della cessione per lo svolgimento di diverse attivita’ rimangano nella proprieta’ della cedente.

39. In secondo luogo, deve precisarsi che la giurisprudenza comunitaria richiamata dalla Corte territoriale, posta a fondamento della ritenuta sussistenza di un carattere consuetudinario circa il mancato trasferimento da parte del cedente dei beni per la realizzazione dell’attivita’, riguarda settori (ristorazione in ospedali, sentenza Abler; controllo passeggeri, sentenza Guney-Gorres, Demir; trivellazione, sentenza Allen) dove l’entita’ economica era sin da principio costituita da due specifiche parti (personale, da una parte, e beni materiali, dall’altra), ascrivibili alla proprieta’ e titolarita’ formale di due distinti soggetti.

40. Circostanza, questa, non rinvenibile nel caso in esame in cui vi era un unico titolare dei beni, materiali e personale, successivamente separati senza che i lavoratori avessero chiesto di seguire l’azienda.

41. Con riferimento, inoltre, proprio al personale dipendente deve sottolinearsi che oggetto della cessione furono 268 lavoratori. Per alcuni di questi, pero’, la stessa Corte di merito ha riattivato il rapporto con (OMISSIS) spa perche’ mancava il requisito dell’appartenenza funzionale al ramo ceduto.

42. Da tale ultima circostanza possono ricavarsi due conseguenze.

43. La prima concerne il fatto che non si e’ in presenza di una cessione di un ramo “dematerializzato” o “leggero” perche’ i lavoratori ceduti evidentemente non costituivano un gruppo coeso per professionalita’, con precisi legami organizzativi preesistenti alla cessione e specifico Know how tali da individuarli come una struttura unitaria funzionalmente idonea e non invece come una mera sommatoria di dipendenti.

44. La seconda riguarda la circostanza che quella ceduta e’ stata una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, proprio perche’ ad essa facevano parte anche lavoratori addetti alla attivita’ di assistenza della clientela di fascia piu’ alta (TOP fisso e mobile), rimasta della competenza (OMISSIS).

45. Infine, sotto il profilo dell’autonomia operativa, va considerata la mancanza di autonomia nella organizzazione del lavoro atteso che tutte le procedure operative, anche dettagliate, erano determinate a livello centrale, cosi’, come gli obiettivi da raggiungere, l’autorizzazione, di spese per trasferte, rimborsi e cancelleria nonche’ le regole comportamentali di base per il rapporto con il cliente al punto che, in caso di necessita’, gli interventi venivano passati ad altre strutture, interne o esterne (OMISSIS).

46. Dagli elementi sopra indicati, incontroversi e pacificamente riportati nella gravata sentenza, non puo’ ritenersi applicabile il disposto di cui all’articolo 2112 c.c. perche’ non si verte in una ipotesi di cessione di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attivita’ di impresa, con autonomia funzionale di beni e strutture gia’ esistenti al momento del trasferimento e, dunque, non solo teorica o potenziale (Cass. Sesta sez. lav. n. 5038 del 23.2.2016).

47. Mancava, infatti, nella cessione come realizzata l’autonomia e l’autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita, dimostrata dalla continua interazione necessaria per la realizzazione dell’attivita’ ceduta, non svolta in autonomia, in continuo collegamento e sotto il controllo di (OMISSIS), con i programmi informatici necessari rimasti in proprieta’ esclusiva dell’impresa cedente e senza i quali non sarebbe stato possibile l’espletamento del servizio.

48. E’ ipotizzabile, invece, una mera esternalizzazione di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volonta’ dell’imprenditore e non dall’inerenza dei rapporti di lavoro ad un ramo di azienda gia’ costituito (in questi termini Cass. n. 8017/2006, n. 2489/2008).

49. Alla stregua di quanto esposto sono fondate le doglianze di cui al il terzo e quinto motivo del ricorso, restando assorbito l’esame degli altri.

50. La gravata sentenza deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione che, nel procedere al riesame della controversia nei sensi sopra indicati e avendo riguardo al principio di diritto sopra citato, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il terzo e quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione

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