L’inclusione nel servizio di reperibilità non spetta a tutti i dipendenti né può essere disposta in maniera automatica in base all’inquadramento contrattuale o all’appartenenza a una specifica unità di lavoro, ma va considerata un’esigenza aziendale da valutare a discrezione del datore.
Data udienza 16 maggio 2017
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. DI GREGORIO Federico – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20038/2012 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1958/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 11/06/2012 R.G.N. 4993/2010.
RITENUTO IN FATTO
Che con sentenza in data 11/06/2012 la Corte d’Appello di Lecce confermando la sentenza del locale Tribunale n.11378/2009, ha riconosciuto a (OMISSIS), dipendente di (OMISSIS) S.p.A., il diritto all’inserimento nei turni di reperibilita’, condannando la datrice a versare allo stesso Euro 6.936 come risarcimento del danno per le mancate indennita’ percepite tra il gennaio 2007 e l’ottobre 2009 a tale titolo;
Che avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione (OMISSIS) S.p.A. illustrato da memoria, affidando le sue ragioni a tre motivi di censura, cui resiste con tempestivo controricorso (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Che con la prima censura la parte ricorrente si duole del fatto che la sentenza gravata abbia violato l’articolo 25 del c.c.n.l. Anigas del 4/05/1995 e l’articolo 25 del c.c.n.l. Gas-Acqua dell’1/03/2002, nonche’ le norme civilistiche in materia d’interpretazione dei contratti, dai quali – qualora correttamente interpretati – non puo’ farsi derivare la statuizione secondo cui l’inclusione nel servizio di reperibilita’ costituisca un diritto soggettivo pieno in capo a tutti i dipendenti, ne’ che la predetta adibizione sia disposta in maniera automatica in presenza di un determinato inquadramento professionale o in base all’appartenenza a una specifica unita’ di lavoro (articolo 2013 c.c.), ma che essa sia di diretta derivazione dalle esigenze aziendali cosi’ come valutate dalla discrezionalita’ datoriale;
Che col secondo motivo parte ricorrente contesta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2087 cod. civ., nonche’ dei principi di cui ai Decreto Legislativo n. 626 del 1994, e Decreto Legislativo n. 81 del 2008, per avere la sentenza d’Appello trascurato che l’esclusione dal servizio di reperibilita’ era avvenuta in ottemperanza al divieto di adibizione del (OMISSIS) disposto dal medico competente per i danni subiti a seguito dell’incidente stradale occorsogli, rilevabili dalla documentazione clinico – specialistica allegata;
Che nella seconda censura lo stesso aspetto e’ sollevato sotto il profilo anche dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere, la sentenza gravata, sottovalutato i motivi specifici di salute richiamati, i quali avevano determinato l'(OMISSIS) a non inserire il lavoratore nei turni di reperibilita’;
Che la terza censura si appunta sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 1226 e 2697 cod. civ., degli articoli 25 dei due accordi collettivi di settore del 1995 e 2002; sull’omessa pronuncia e sull’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa le circostanze specifiche che avrebbero indotto la Corte territoriale a quantificare l’indennita’ per l’intero periodo di esclusione dai turni di reperibilita’ e non, come afferma l’articolo 25, punto 4, comma 3, del c.c.n.l. Anigas del 1995, in base ai giorni di reperibilita’ effettivamente prestati, per la quale disposizione il giudice avrebbe dovuto liquidare un eventuale risarcimento, in base ai principi generali (articolo 1226 cod. civ.) in via equitativa nella percentuale del cinquanta per cento della somma dovuta per l’intero periodo;
Che il primo motivo e’ fondato.
Che il servizio di reperibilita’, cosi’ come configurato dal c.c.n.l. non costituisce di per se’ una mansione in senso tecnico-giuridico, ma integra un obbligo accessorio e intermedio per il lavoratore preposto a un determinato servizio e alle connesse specifiche mansioni (nella specie assicurare il capillare pronto intervento per soddisfare le esigenze dell’utenza);
Che l’istituto di cui si controverte e’ disciplinato dall’autonomia collettiva, la quale normalmente prevede per la reperibilita’ – dato il sacrificio che essa comporta – una particolare indennita’ di misura inferiore a quella spettante per l’eventuale effettiva e piena prestazione che possa eventualmente conseguire al rispetto dell’obbligo di reperibilita’, a sua volta retribuita con il trattamento per lavoro straordinario;
Che il servizio di reperibilita’ e’ organizzato in turni periodici secondo un piano prestabilito adottato dal datore, per le esigenze funzionali dell’organizzazione aziendale del lavoro e, il fatto che l’articolo 25, comma 2, lettera b) del c.c.n.l. disponga che “…nel servizio di reperibilita’ si avvicendi il maggior numero di lavoratori…” non implica, come invece e’ stato prospettato dalla Corte territoriale, che in capo al singolo lavoratore sussista un diritto a essere incluso automaticamente nei turni di reperibilita’;
Che erroneamente la Corte d’Appello ha fatto discendere da tale sua erronea interpretazione che la turnazione – qualora costituisca elemento costante dell’espletamento del servizio – debba essere considerata la regola, e la dispensa dalla reperibilita’ l’eccezione, quasi che la mancata corresponsione della relativa indennita’ conseguente alla dispensa dai turni possa determinare, per il lavoratore escluso, un danno simile a quello da dequalificazione professionale in senso tecnico-giuridico, non potendo assimilarsi la reperibilita’ a nessuna forma specifica di lavoro, neanche “in attesa”, ma configurandosi invero quale obbligo accessorio alla prestazione principale ed intermedio rispetto al suo adempimento, esigibile soltanto nel caso in cui si presenti quella specifica esigenza che la turnazione e’ chiamata a soddisfare (nella specie quella di pronto intervento sul territorio per le esigenze dell’utenza);
Che il secondo e il terzo motivo devono essere ritenuti assorbiti;
Che, pertanto, essendo il ricorso fondato, la sentenza deve essere cassata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Bari anche per le spese di questo giudizio.
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