Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 12 novembre 2015, n. 45247
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente
Dott. MASSAFRA Umberto – rel. Consigliere
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BRESCIA;
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 21/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 05/11/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;
lette le conclusioni del PG Dott. Fresa Mario che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia avverso l’ordinanza della Corte di appello di Brescia, depositata il 1 dicembre 2014 e comunicata l’11 dicembre 2014, con la quale e’ stata parzialmente accolta la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da (OMISSIS) in relazione ad un arresto avvenuto il 27 maggio 2013 in forza di ordine di esecuzione del 15 marzo 2003 a seguito della condanna definitiva ad anni 5 e mesi 6 di reclusione per i reati di cui agli articoli 81, 110 e 600 bis c.p., articolo 600 sexies c.p., comma 3, articolo 609 bis c.p. e articolo 61 c.p., n. 2;
2. Articola un unico motivo con cui si duole della violazione di legge ex articolo606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 314 c.p.p. in quanto l’ordine di esecuzione era ed e’ rimasto legittimo, mentre la pena non poteva essere piu’ eseguita per avvenuta estinzione ai sensi dell’articolo 172 c.p..
3. Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
4. Si e’ costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze tramite l’Avvocatura generale dello Stato, instando per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ infondato e va respinto.
5. Condividendosi le argomentazioni del P.G. in sede, si deve rilevare che come si desume dalla piu’ recente giurisprudenza di legittimita’, che si e’ pronunciata in relazione ad altra fattispecie regolata dalla stessa ratio (Cass. pen., sez. 4, 14.1.2014 n. 18542), i diciassette giorni patiti di privazione della liberta’ personale dal 27 maggio 2013 al 12 giugno 2013 non sono sorretti da un titolo legittimo.
Invero, la violazione di un valore costituzionalmente tutelato come la “liberta’ personale” non puo’ trovare giustificazione nell’originaria legittimita’ dell’ordine di esecuzione risalente a piu’ di dieci anni prima e non revocato sebbene si fosse verificata l’estinzione della pena ai sensi dell’articolo 172 c.p.: tanto e’ palesemente contrario alla richiamata normativa, ispirata – per giurisprudenza consolidata – ad una ratio solidaristica e riparatoria e non risarcitoria (concetto che presuppone invece la sussistenza di un fatto illecito, piu’ propriamente riconducibile ad una correlativa responsabilita’, cosi’ come ad esempio prevista dalla Legge n. 117 del 1988, cosi’ come modificata dalla Legge n. 18 del 2015).
Non si puo’ condividere la tesi del Procuratore generale di Brescia circa la ritenuta legittimita’ dell’ordine di esecuzione in riferimento ai diciassette giorni di carcerazione patiti dal (OMISSIS), sebbene la pena fosse estinta per il lungo decorso del tempo. Non si discute, invero, della legittimita’ originaria dell’ordine di carcerazione emesso il 15 marzo 2003. a seguito di sentenza divenuta irrevocabile il 29 marzo 2002, con
l’indicazione della pena residua di anni 5, mesi 4 e giorni 4 di reclusione (con un periodo di pre-sofferto di mesi 1 e giorni 26).
Cio’ che rileva, infatti, e’ il diritto del condannato a non essere privato della liberta’ personale per intervenuta estinzione riconosciuta da una specifica norma di legge (articolo 172 c.p.).
Riconosciuto tale diritto, l’ordine di esecuzione non poteva piu’ considerarsi efficace, pur in assenza di una espressa declaratoria di estinzione della pena.
E’ sotto tale profilo che l’originario ordine di esecuzione va ritenuto inefficace in diretta applicazione dell’articolo 172 c.p. (attinto cioe’ da una inefficacia sopravvenuta ope legis, ne’ piu’, ne’ meno, come avviene sovente per i provvedimenti amministrativi), per cui trova applicazione il dictum della sentenza della Corte Costituzionale n. 310 del 1996, come riconosciuto nell’ordinanza impugnata.
Del resto, una interpretazione difforme da quanto previsto dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, ratificata dall’Italia con la Legge 4 agosto 1955, n. 848, che prevede espressamente all’articolo 5, il diritto alla riparazione in favore della vittima dell’arresto o di detenzioni ingiuste senza distinzioni di sorta, sarebbe non solo di dubbia costituzionalita’ ma anche verosimilmente contraria al diritto dell’Unione europea (cfr. C.E.D.U. Sez. 4, 24.3.205, Gallardo Sanchez c/ Italia).
6. Consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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