Corte di Cassazione, sezione III, sentenza n. 4238 del 20 febbraio 2013.
Titolo esecutivo verso il condominio è azionabile anche contro i singoli condomini
Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 4238 del 20 febbraio 2013
Svolgimento del processo
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 19 novembre 2008, il Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione all’esecuzione proposta da N.F. nei confronti di S.G. nell’ambito della procedura esecutiva per pignoramento presso terzi promossa da quest’ultimo sulla scorta della sentenza del Tribunale di Roma n. 13478/06. L’opponente aveva dedotto che con quest’ultima sentenza il Condominio di via (omissis), era stato condannato a pagare al condomino S. la somma di Euro 100.000,00, oltre interessi quantificati in Euro 70.938,76 (per danni provocati da infiltrazioni nel locale ad uso magazzino in comproprietà tra lo S. ed il N.) e che il precetto era stato intimato nei suoi confronti, quale condomino coobbligato, per Euro 115.936,69, stante il mancato integrale pagamento da parte del Condominio; che del giudizio concluso con detta sentenza era stato parte anche l’esponente N., ma aveva definito transattivamente la controversia; che, a seguito dell’emissione dell’azionata sentenza, l’assemblea condominiale aveva deliberato di ripartire la spesa tra tutti i condomini, compresi gli attori, con addebito allo S. della somma di Euro 30.964,48; che il Condominio aveva pagato la somma di Euro 55.000,00; che, al massimo, egli avrebbe potuto rispondere per la somma corrispondente alla propria quota, pari ad Euro 7.067,69. Aveva dedotto altresì la mancata notificazione del titolo esecutivo ed invalidità concernenti l’atto di pignoramento. Nel giudizio si era costituito S.G. ed aveva resistito all’opposizione all’esecuzione, deducendo, in particolare, che, essendo il N. un condomino a tutti gli effetti, sarebbe stato tenuto in solido col Condominio al pagamento integrale del dovuto; aveva altresì dedotto che la delibera condominiale di ripartizione della spesa era stata impugnata. Aveva contestato i motivi concernenti l’opposizione agli atti esecutivi. Il Tribunale ha, come detto, accolto l’opposizione all’esecuzione e, per l’effetto ha dichiarato che S.G. aveva diritto di procedere ad esecuzione nei confronti di N.F. per la sola somma di Euro 2.985,23 anzichè di Euro 115.936,69; ha dichiarato inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi; ha respinto la domanda al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., avanzata dall’opponente; ha condannato l’opposto, S. G., al pagamento delle spese di lite, liquidate complessivamente in Euro 6.000,00, oltre accessori.
2.- Avverso la sentenza N.F. propone ricorso affidato a due motivi. S.G. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a due motivi. N.F. resiste con controricorso al ricorso incidentale; deposita, inoltre, memoria ex art. 378 c.p.c.. Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
1.- Col primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione del combinato disposto degli artt. 1132, 1253 e 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè, secondo il ricorrente, il Tribunale, ai fini della valutazione di proponibilità dell’opposizione all’esecuzione nei suoi confronti, non avrebbe considerato che egli, nell’epigrafe della sentenza costituente il titolo esecutivo, vi figurava come parte del giudizio, soggetto autonomo e distinto dal Condominio, e che dalla motivazione e dal dispositivo risultava che egli aveva definito il giudizio con transazione, determinando la cessazione della materia del contendere. Tale situazione avrebbe comportato, a detta del ricorrente, che egli non avrebbe potuto essere destinatario degli effetti della sentenza, in quanto dovrebbe prevalere il principio “delle parti in senso formale”.
1.1.- Ritiene il Collegio che il motivo sia infondato. Premesso il principio, riconosciuto pure dal ricorrente, per il quale il titolo esecutivo formatosi nei confronti del Condominio è azionabile anche contro i singoli condomini (Cass. n. 20304/04; cfr. anche, da ultimo, Cass. n. 12911/12), sia pure in proporzione delle rispettive quote (a seguito del principio di diritto fissato da Cass. S.U. n. 9148/08), esso va applicato anche al caso di specie. Ed invero, la sentenza del Tribunale di Roma n. 13478/06, posta a fondamento dell’azione esecutiva da parte di S.G., contiene una condanna a favore soltanto di quest’ultimo ed a carico soltanto del Condominio; pur essendo stato N.F. parte del giudizio concluso con la detta sentenza, è incontestato che le domande fossero state originariamente proposte, in cumulo tra oro, quindi separatamente, dai predetti S. e N., ciascuno proquota (oltre che da S.C., con riguardo ad altro locale) e che N.F. aveva transatto la lite prima della pronuncia della sentenza predetta, tanto è vero che questa dichiara cessata la materia del contendere sulla domanda da lui avanzata. Ne segue che il titolo esecutivo costituito dalla sentenza di condanna individua come unici soggetti legittimati, attivamente e passivamente, riguardo al pagamento della somma liquidata in sentenza a titolo di risarcimento danni, S.G. (e S. C., con posizione qui irrilevante), da un lato, ed il Condominio, dall’altro. Ed invero, ciò che rileva ai fini dell’azione esecutiva è l’individuazione dei soggetti, legittimati rispettivamente ad agire in executivis ed a subire l’esecuzione; questa individuazione va fatta esclusivamente in base al titolo esecutivo, a nulla rilevando – contrariamente a quanto sembra sostenere il ricorrente – che nel giudizio concluso con la sentenza costituente titolo esecutivo fossero parti altri soggetti. Nel caso di specie, peraltro, la ragione per la quale la pronuncia di condanna non è stata emessa (anche) in favore di N.F. è indicata nel titolo stesso, trattandosi di parte che, avendo definito transattivamente il giudizio, si è sentita dichiarare cessata la materia del contendere rispetto alla propria originaria domanda di condanna. E’ corretta quindi la statuizione del giudice di merito che, in applicazione del principio di diritto sopra richiamato, ha ritenuto validi, nei confronti di N.F., quale condomino del Condominio destinatario della condanna, il precetto ed il pignoramento posti in essere da parte di S.G., essendo questi il soggetto in favore del quale la condanna è stata pronunciata.
2.- Col secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 96 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, al fine di sostenere che la motivazione della sentenza sarebbe insufficiente relativamente al rigetto della domanda di condanna dell’opposto S. al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata avanzata dall’opponente N.. Secondo il ricorrente, è lacunosa la motivazione che ha giustificato l’azione esecutiva iniziata dallo S. per l’intero, in ragione del fatto che, all’epoca, non era ancora intervenuta la sentenza a Sezioni Unite n. 9148/08 (che ha affermato la responsabilità parziale dei condomini anche nei rapporti dei terzi). Si tratterebbe infatti di motivazione inidonea ad escludere la mancanza di normale prudenza, perchè non avrebbe considerato che, agendo esecutivamente per la somma di Euro 115.936,69, lo S. non detrasse le somme corrisposte dal Condominio nelle more tra il precetto ed il pignoramento nè quella che il medesimo S. avrebbe dovuto imputare proquota a sè medesimo.
2.1.- Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Va qui ribadito che la valutazione sulla sussistenza del presupposto soggettivo della responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 2, cioè l’avere il creditore agito senza la normale prudenza, spetta al giudice di merito e che la relativa valutazione non è sindacabile in cassazione se congruamente motivata (cfr. Cass. n. 327/10). Nel caso di specie, la congruità della motivazione emerge dal richiamo fatto alla sentenza a Sezioni Unite su citata; quanto agli altri elementi menzionati dal ricorrente, il giudice del merito non li ha affatto trascurati, ed anzi, ne ha dato conto dettagliatamente per pervenire all’accoglimento soltanto parziale dell’opposizione; si deve perciò ritenere che li abbia ritenuti irrilevanti ai fini del giudizio di responsabilità aggravata, non certo che li abbia obliterati. Si tratta di un apprezzamento di fatto sul quale questa Corte non può ritornare, essendo la relativa motivazione logicamente e giuridicamente corretta e non lacunosa, si da doversi escludere il vizio di cui all’art. 360 c.p.c. n. 5, quanto al denunciato profilo dell’insufficienza (cfr. Cass. n. 2272/07).
3.- Col primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione ovvero erronea applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, al fine di censurare la condanna dell’opposto al pagamento delle spese del giudizio di opposizione, malgrado il rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi (perchè inammissibile), il rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva (sostenuta, in via principale, dall’opponente), il riconoscimento dell’esistenza del diritto azionabile esecutivamente da parte dello S. ed, infine, la sopravvenienza, soltanto dopo il pignoramento, della sentenza a Sezioni Unite n. 9148/08.
3.1.- Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha fatto applicazione del principio della soccombenza espresso proprio dall’art. 91 c.p.c., di cui è malamente invocata la violazione. L’opposizione all’esecuzione è stata accolta, per di più per una parte di notevole consistenza (è stato riconosciuto, infatti, un credito di Euro 2.985,23, a fronte di quello indicato in precetto di Euro 115.936,69) e quindi l’opponente, proprio in ragione di detto principio, non avrebbe potuto essere condannato al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’opposto, soccombente.
4.- Col secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia, in via gradata, violazione ovvero erronea applicazione dell’art. 92 c.p.c., u.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, al fine di censurare la mancata compensazione delle spese del giudizio di opposizione per reciproca soccombenza, in considerazione di quanto già dedotto col primo motivo del ricorso incidentale.
4.1.- Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Va ribadito il principio per il quale con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le; spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (Cass. n. 406/08). 5.- In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati e le spese del giudizio di cassazione possono essere compensate per la reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sui ricorsi, principale ed incidentale, li rigetta; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Leave a Reply