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La massima

Ove il notaio rogante dichiari libero un bene che risulta, invece, gravato da ipoteca, il risarcimento del danno conseguente può essere disposto anche in forma specifica, mediante condanna del notaio alla cancellazione della formalità non rilevata, a condizione, tuttavia, che vi sia la possibilità di ottenere, a tal fine, il consenso del creditore procedente e che il relativo incombente non sia eccessivamente gravoso, sia per la natura dell’attività occorrente, che per la congruità, rispetto al danno, della somma da pagare.

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza del 16 gennaio 2013, n. 903

Da ciò, la responsabilità professionale del notaio, fondata sul “dedotto ed ammesso inesatto adempimento” dei suoi obblighi professionali “quale è quello di corretta informazione alle parti ed alla banca mutuante in relazione gli oneri gravanti sul bene oggetto del contratto ai fini dell’erogazione del finanziamento e quello di presentare una relazione attestante una situazione ipotecaria corrispondente a quella reale” (cfr pag.28) ed il danno subito dagli attori “consistente nello stesso fatto di ritrovarsi in una posizione ipotecaria più gravosa rispetto a quanto legittimamente si aspettavano……ed in relazione al fatto che il finanziamento avrebbe dovuto essere erogato e versato alla Poliedro solo una volta che questa avesse provveduto a cancellare, secondo l’obbligo che le incombeva, le ipoteche gravanti sull’immobile a favore della Cariplo per farne iscrivere una di primo grado a favore della Banca Commerciale Italiana” (cfr pag.29 della sentenza impugnata).

Ciò posto, appare pertanto evidente come la Corte abbia escluso ogni rilevanza alle circostanze dedotte dalle parti ricorrenti ed è appena il caso di sottolineare che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. Passando all’esame delle altre censure, formulate dal ricorrente principale e sostanzialmente condivise dalla sopraindicata ricorrente incidentale, va osservato che con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art.2058 c.c., l’Accolla ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha disposto a suo carico la reintegrazione in forma specifica, benchè parte attrice non avesse fornito alcuna prova nè in ordine alla possibilità, da parte del debitore, di compierla nè in ordine alla non eccessiva gravosità della medesima.

Con la successiva doglianza per omessa o insufficiente motivazione, l’Accolla ha altresì lamentato che la Corte non avrebbe motivato circa la sua possibilità di ottenere la cancellazione dell’ipoteca e circa la non eccessiva onerosità della soluzione trascurando che un terzo, diverso dal creditore ipotecario, non ha il potere di cancellare l’ipoteca nè può esprimere alcun consenso a tale cancellazione.

I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono fondati e meritano di essere accolti.

A riguardo, corre l’obbligo di rilevare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, se da un lato è stato affermato che il notaio officiato di un atto comportante il trasferimento di un immobile, che non abbia compiuto diligentemente le visure ipocatastali non rilevando l’esistenza di un’ipoteca, può essere condannato a titolo di risarcimento in forma specifica, a procurare la cancellazione della formalità (sent. 26 gennaio 2004 n. 1330), dall’altro, è stato precisato che tale risarcimento in forma specifica presuppone la possibilità di ottenere il consenso del creditore, che l’incombente non sia eccessivamente gravoso sotto i profili dell’attività da svolgere e della congruità, rispetto al danno, dalla somma da pagare (sent. 26 gennaio 2004, cit.).

Tale orientamento è stato ribadito recentemente statuendosi che, ove il notaio rogante dichiari libero un bene che risulta, invece, gravato da ipoteca, il risarcimento del danno conseguente può essere disposto anche in forma specifica, mediante condanna del notaio alla cancellazione della formalità non rilevata, a condizione, tuttavia, che vi sia la possibilità di ottenere, a tal fine, il consenso del creditore procedente e che il relativo incombente non sia eccessivamente gravoso, sia per la natura dell’attività occorrente, che per la congruità, rispetto al danno, della somma da pagare.

(Cass. n. 14813/2006, n. 15726/2010).

Ora, a fronte di una situazione come quella oggetto di causa, era obbligo del giudice di merito verificare la sussistenza delle condizioni richieste dall’art.2058 cc e spiegare perchè esse fossero tali da giustificare la condanna al risarcimento in forma specifica:

attività che la Corte territoriale si è invece ben guardata dal fare, limitandosi ad affermare, assai genericamente ed immotivatamente, che nella specie il risarcimento poteva essere accordato in forma specifica, tale essendo in effetti la forma più adeguata per riparare il pregiudizio subito dagli acquirenti. Ne consegue che nella specie l’omesso compimento degli accertamenti indicati non solo inficia la correttezza del ragionamento svolto dalla Corte di merito ma ne determina altresì la sua censurabilità.

All’accoglimento delle censure in esame consegue altresì l’assorbimento dell’ultima doglianza, per violazione dell’art. 1917 c.c., formulata dal ricorrente principale e fondata sulla considerazione che la Corte di Appello avrebbe dovuto in applicazione della norma citata condannare le compagnie assicuratrici a rimborsare al notaio le spese legali dovute al danneggiato manierandolo da tale obbligazione. Ugualmente resta assorbita la terza doglianza, articolata dall’altra ricorrente incidentale, la Fondiaria Sai Spa, sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1917 c.c., la quale si fonda sulla considerazione che la Corte territoriale avrebbe sbagliato quando ha fatto rientrare nell’obbligazione dell’assicuratore ex art. 1917 c.c., anche le spese necessario alla cancellazione delle ipoteche, le quali al contrario esulano completamente dal concetto di danno risarcibile oggetto di copertura assicurativa, da limitarsi al solo importo dovuto dall’assicurato al danneggiato equivalente all’ammontare del danno Occorre infine portare l’attenzione sulle prime due doglianze, formulate dalla Fondiaria SAI Spa, doglianze,intimamente connesse tra loro – la prima articolata sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dell’art. 1917 c.c., la seconda per omessa o insufficiente motivazione – con cui la ricorrente incidentale ha dedotto che la Corte di merito nell’accogliere la domanda di manleva del notaio avrebbe del tutto omesso di considerare che il titolare della venditrice Poliedro fosse il cugino dell’Accolla e che il comportamento di quest’ultimo sarebbe stato caratterizzato da malafede al fine di agevolare l’ottenimento di un finanziamento volto all’ottenimento del pagamento a favore della Poliedro, che altrimenti non sarebbe stato ottenuto. Da ciò la violazione della norma citata, la quale esclude l’obbligo a carico dell’assicuratore della responsabilità civile di tenere indenne l’assicurato per i danni derivanti da fatti dolosi.

Entrambe le censure sono inammissibili. A riguardo, occorre premettere che la Corte di merito ha espressamente escluso la sussistenza di comportamenti dolosi da parte dell’Accolla affermando che la condotta, pur inadempiente, del notaio doveva essere giudicata meramente colposa in mancanza di fondati elementi idonei a dimostrare l’adombrato interesse personale del notaio nell’affare. Ciò posto, appare evidente come la sentenza, pur motivata assai sobriamente, consente di seguire con assoluta chiarezza il percorso argomentativo della Corte di merito e di comprendere le ragioni che l’hanno portata ad escludere l’ipotesi del comportamento doloso.

Ora, è principio di diritto che i vizi di motivazione non possono consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalle parti, perchè spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento ed all’uopo valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere fra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvi i casi tassativamente previsti dalla legge.

Ne deriva l’inammissibilità delle doglianze in quanto la ricorrente in realtà tende – prospettando una soggettiva valutazione e ricostruzione dei fatti – ad una rilettura dei documenti e ad un riesame del merito della causa, e dunque ad una nuova e diversa valutazione da parte del giudice di legittimità, allo stesso preclusa.

Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, vanno accolte le prime due censure, proposte dal ricorrente principale A. F.G. e dalla ricorrente incidentale Le Assicurazioni Generali Spa; vanno dichiarate assorbite l’ultima censura formulata dal ricorrente principale e la terza censura formulata dalla ricorrente incidentale La Fondiaria Sai Spa; va dichiara inammissibile ogni altra doglianza; va infine cassata la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell’osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte decidendo sui ricorsi riuniti accoglie le prime due censure, proposte dal ricorrente principale A.F.G. e dalla ricorrente incidentale Le Assicurazioni Generali Spa; dichiara assorbite l’ultima censura formulata dal ricorrente principale e la terza censura formulata dalla ricorrente incidentale La Fondiaria Sai Spa; dichiara inammissibile ogni altra doglianza; cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

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