Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 25 settembre 2014, n. 39445
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. GRILLO Renato – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia in data 07/10/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GAETA Pietro, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 07/10/2013 la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Vicenza di condanna di (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 572 e 609 bis c.p..
2. Ha presentato ricorso l’imputato lamentando, con un unico motivo, la violazione di legge in cui e’ incorsa la sentenza escludendo l’ipotesi attenuata di cui all’articolo 609 bis c.p., u.c., sulla base della mera considerazione che un rapporto sessuale completo non consentirebbe di configurare l’attenuante in oggetto. Al contrario, sulla base della giurisprudenza richiamata, il ricorrente deduce come debba assumere rilevanza la qualita’ dell’atto compiuto (e segnatamente il grado di coartazione, il danno arrecato e l’entita’ della compressione) piu’ che la quantita’ di violenza fisica esercitata; e nella specie e’ mancata ogni valutazione globale del fatto in particolare in relazione al fatto che le violenze sarebbero sempre state commesse sotto l’influenza dell’alcol.
2. Ha presentato ricorso l’imputato lamentando, con un unico motivo, la violazione di legge in cui e’ incorsa la sentenza escludendo l’ipotesi attenuata di cui all’articolo 609 bis c.p., u.c., sulla base della mera considerazione che un rapporto sessuale completo non consentirebbe di configurare l’attenuante in oggetto. Al contrario, sulla base della giurisprudenza richiamata, il ricorrente deduce come debba assumere rilevanza la qualita’ dell’atto compiuto (e segnatamente il grado di coartazione, il danno arrecato e l’entita’ della compressione) piu’ che la quantita’ di violenza fisica esercitata; e nella specie e’ mancata ogni valutazione globale del fatto in particolare in relazione al fatto che le violenze sarebbero sempre state commesse sotto l’influenza dell’alcol.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ fondato.
Questa Corte ha affermato che, ai fini della concedibilita’ dell’attenuante di minore gravita’, assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili, attesa la ratio della previsione normativa, al grado di coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni, fisiche e mentali, di quest’ultima, alle caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all’eta’, all’entita’ della compressione della liberta’ sessuale ed al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (cfr., tra le altre, Sez.3, n. 45604 del 13/11/2007, Mannina, Rv. 238282; Sez.3, n. 5646 del 24/03/2000, Improta, Rv. 216569).
Ne consegue che la “tipologia” dell’atto posto in essere, lungi dall’essere di per se’ elemento dirimente ai fini della scelta in un senso o nell’altro, va valutata come uno solo degli elementi indicativi dei parametri sopra elencati. In altri termini, dunque, cosi’ come l’assenza un rapporto sessuale “completo” non puo’, per cio’ solo, consentire di ritenere sussistente l’attenuante (Sez. 3, n. 10085 del 05/02/2009, R., Rv. 243123; Sez. 3, n. 14230 del 15/02/2008, P.M. in proc. L, Rv. 239964), simmetricamente la presenza dello stesso rapporto completo non puo’, per cio’ solo, escludere che l’attenuante sia concedibile, dovendo effettuarsi una valutazione del fatto nella sua complessita’. E del resto, ove cosi’ non fosse, si verrebbe a porre, nell’esegesi della norma, un limite, tra l’altro riproduttivo della vecchia distinzione, ripudiata dalla nuova disciplina, tra “violenza carnale” e “atti di libidine”, che lo stesso legislatore ha ritenuto di non focalizzare preferendo attestarsi sulla generale clausola di “casi di minore gravita’”. Di qui, l’ulteriore affermazione di questa Corte secondo cui, sia pure con riferimento all’omologa ipotesi attenuata di cui all’articolo 609 quater c.p., comma 4, la circostanza deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui – avuto riguardo ai mezzi, alle modalita’ esecutive ed alle circostanze dell’azione – sia possibile ritenere che la liberta’ sessuale personale della vittima sia stata compressa in maniera non grave (Sez. 4, n. 18662 del 12/04/2013, A., Rv. 255930).
4. Cio’ posto, nella specie la Corte veneziana ha escluso l’invocata circostanza attenuante di cui all’articolo 609 bis c.p., u.c., proprio facendo fondamentalmente leva sulla considerazione che “in ogni caso la consumazione d’una violenza carnale completa, al di la’ delle condizioni soggettive nelle quali versi l’autore, resta un fatto non sussumibile fra le violenze sessuali di minore gravita’”, in tal modo non tenendo conto degli stabili approdi interpretativi di questa Corte.
E’ inoltre mancata, quanto alle caratteristiche del fatto, una disamina complessiva dello stesso in particolare con riferimento alla valutazione delle ripercussioni delle condotte, anche sul piano psichico, sulla persona della vittima essendosi i giudici di appello limitati, nel fare riferimento a “plurimi rapporti sessuali completi ottenuti con la violenza e senza il minimo rispetto della dignita’ e liberta’ di determinazione della donna”, a descrivere il fatto contestato, necessariamente comprensivo, per stessa definizione normativa, di violenza, senza tuttavia analizzarne, come necessario, gli effetti.
5. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia che, nel considerare la censura dell’appellante, terra’ conto dei principi sopra riproposti.
Questa Corte ha affermato che, ai fini della concedibilita’ dell’attenuante di minore gravita’, assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili, attesa la ratio della previsione normativa, al grado di coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni, fisiche e mentali, di quest’ultima, alle caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all’eta’, all’entita’ della compressione della liberta’ sessuale ed al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (cfr., tra le altre, Sez.3, n. 45604 del 13/11/2007, Mannina, Rv. 238282; Sez.3, n. 5646 del 24/03/2000, Improta, Rv. 216569).
Ne consegue che la “tipologia” dell’atto posto in essere, lungi dall’essere di per se’ elemento dirimente ai fini della scelta in un senso o nell’altro, va valutata come uno solo degli elementi indicativi dei parametri sopra elencati. In altri termini, dunque, cosi’ come l’assenza un rapporto sessuale “completo” non puo’, per cio’ solo, consentire di ritenere sussistente l’attenuante (Sez. 3, n. 10085 del 05/02/2009, R., Rv. 243123; Sez. 3, n. 14230 del 15/02/2008, P.M. in proc. L, Rv. 239964), simmetricamente la presenza dello stesso rapporto completo non puo’, per cio’ solo, escludere che l’attenuante sia concedibile, dovendo effettuarsi una valutazione del fatto nella sua complessita’. E del resto, ove cosi’ non fosse, si verrebbe a porre, nell’esegesi della norma, un limite, tra l’altro riproduttivo della vecchia distinzione, ripudiata dalla nuova disciplina, tra “violenza carnale” e “atti di libidine”, che lo stesso legislatore ha ritenuto di non focalizzare preferendo attestarsi sulla generale clausola di “casi di minore gravita’”. Di qui, l’ulteriore affermazione di questa Corte secondo cui, sia pure con riferimento all’omologa ipotesi attenuata di cui all’articolo 609 quater c.p., comma 4, la circostanza deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui – avuto riguardo ai mezzi, alle modalita’ esecutive ed alle circostanze dell’azione – sia possibile ritenere che la liberta’ sessuale personale della vittima sia stata compressa in maniera non grave (Sez. 4, n. 18662 del 12/04/2013, A., Rv. 255930).
4. Cio’ posto, nella specie la Corte veneziana ha escluso l’invocata circostanza attenuante di cui all’articolo 609 bis c.p., u.c., proprio facendo fondamentalmente leva sulla considerazione che “in ogni caso la consumazione d’una violenza carnale completa, al di la’ delle condizioni soggettive nelle quali versi l’autore, resta un fatto non sussumibile fra le violenze sessuali di minore gravita’”, in tal modo non tenendo conto degli stabili approdi interpretativi di questa Corte.
E’ inoltre mancata, quanto alle caratteristiche del fatto, una disamina complessiva dello stesso in particolare con riferimento alla valutazione delle ripercussioni delle condotte, anche sul piano psichico, sulla persona della vittima essendosi i giudici di appello limitati, nel fare riferimento a “plurimi rapporti sessuali completi ottenuti con la violenza e senza il minimo rispetto della dignita’ e liberta’ di determinazione della donna”, a descrivere il fatto contestato, necessariamente comprensivo, per stessa definizione normativa, di violenza, senza tuttavia analizzarne, come necessario, gli effetti.
5. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia che, nel considerare la censura dell’appellante, terra’ conto dei principi sopra riproposti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia limitatamente alla ravvisabilita’ dell’ipotesi attenuata.
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