Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 18 dicembre 2014, n. 52511
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di CATANZARO in data 5/11/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SPINACI Sante, che ha chiesto l’annullamento dell’impugnata sentenza, senza rinvio, per intervenuta prescrizione;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il ricorso.
2. Con il ricorso proposto da (OMISSIS), viene dedotto un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b), d) ed e), in relazione all’articolo 546 c.p.p., lettera e), comma 3 e per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost..
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza per essersi la Corte territoriale integralmente richiamata al decisum di prime cure; palese sarebbe la carenza motivazionale della sentenza che, richiamando asetticamente quanto affermato dal primo giudice, sarebbe incorsa nel vizio di illogicita’ manifesta avendo affermato che versare quanto dovuto all’INPS rappresenti un’ammissione di responsabilita’; analogamente illogica e contraddittoria sarebbe la sentenza nella parte in cui giustifica il diniego della sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria con la circostanza che, trattandosi di reati che dimostrano l’insolvibilita’ dell’imputato, non sarebbe consentita la sostituzione, senza peraltro considerare che l’imputato – come riconosciuto in sentenza – ha provveduto a versare quanto dovuto, ancorche’ in ritardo; Infine, si aggiunge, un ulteriore profilo di censura sarebbe costituito dalla mancanza della prova del materiale esborso delle retribuzioni, condicio sine qua non per la sussistenza del delitto contestato; non sarebbero sufficienti i prospetti riepilogativi INPS da cui si desume l’omesso versamento.
4. Ed invero, non puo’ ritenersi manifestamente infondato il motivo di impugnazione con cui il ricorrente censura il diniego da parte della Corte territoriale della richiesta di sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, diniego fondato sull’assunto che si tratterebbe di reato che dimostra l’insolvibilita’ del condannato.
Ed infatti, e’ stato gia’ chiarito autorevolmente dalle Sezioni Unite di questa Corte, sebbene con riferimento alla previsione dettata dalla Legge n. 689 del 1981, articolo 58, che la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria e’ consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza della Legge 24 novembre 1981, n. 689, articolo 58, comma 2 (“Modifiche al sistema penale”), si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla liberta’ controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione (Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010 – dep. 30/06/2010, Gagliardi, Rv. 247274). Lo stesso (OMISSIS), sul punto, ha poi puntualizzato che, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., tra i quali e’ compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche.
L’aver negato la possibilita’ di ottenere la sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria richiamandosi alla natura dell’illecito che dimostrerebbe l’insolvibilita’ del condannato, poi, oltre a confliggere con l’abrogato della Legge n. 689 del 1981, articolo 60 (che, com’e’ noto, prevedeva una serie di esclusioni oggettive) – atteso che per le fattispecie di omesso versamento si introdurrebbe una presunzione di insolvibilita’ del reo che, non avendo provveduto a versare quanto dovuto allo Stato, si presume che in futuro non provvedere al pagamento di quanto dovuto a seguito della sostituzione della pena detentiva nella pecuniaria corrispondente – si risolve anche in una palese contraddizione con quanto dalla stessa Corte riconosciuto nell’impugnata sentenza, ossia l’aver il ricorrente provveduto, anche se in ritardo, al pagamento delle ritenute omesse, il che contrasta con la prognosi di insolvibilita’ affermata nel negare la richiesta sostituzione Legge n. 689 del 1981, ex articolo 53.
5. Detto vizio che inficia la sentenza impugnata imporrebbe a questa Corte – assorbiti tutti gli altri motivi, in quanto manifestamente infondati – l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale; a cio’ osta, tuttavia, l’intervenuta estinzione del reato contestato, maturata alla data del 16 giugno 2012, peraltro antecedente alla stessa sentenza della Corte d’appello, in presenza di una causa di estinzione del reato, infatti, non sono rilevabili in sede di legittimita’ vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 de. 28/05/2009 – dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244275) Deve, quindi, disporsi l’annullamento senza rinvio per prescrizione.
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