Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 17 dicembre 2015, n. 25355
Svolgimento del processo
Il L. (locatore) citò in giudizio il D.M. (conduttore) perché fosse condannato al risarcimento dei danni all’immobile locato, nonché al pagamento di canoni non corrisposti fino all’agosto 2001. A sua volta, il D.M. citò in giudizio il L. perché, determinato l’equo canone, fosse condannato a versagli le somme in esubero corrisposte, nonché a restituirgli la cauzione di £ 5 milioni a suo tempo versata.
Il giudice, disposto il mutamento del rito, riunì i procedimenti e condannò il D.M. al pagamento dei danni arrecati all’immobile, nonché al pagamento dei canoni dovuti da ottobre 2000, ad agosto 2001, maggiorati del 20% ai sensi dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998.
La Corte d’appello di Napoli ha confermato la condanna del conduttore al pagamento dei canoni non versati, ha ridotto la condanna corrispondente ai danni risarcibili ed ha condannato il locatore a restituire la cauzione. Propone ricorso per cassazione il D.M. attraverso quattro motivi. Risponde con controricorso il L., che propone ricorso incidentale attraverso due motivi.
Motivi della decisione
RICORSO PRINCIPALE DEL D.M.
Il lo ed il 2° motivo, che denunciano la violazione degli artt. 281 sexies, 447 bis, 429 c.p.c., nonché l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., sono infondati, siccome il giudice ha correttamente: escluso che si possa ipotizzare la nullità della sentenza al di fuori del caso dell’art. 161, 2° comma, c.p.c. (mancanza di sottoscrizione) o di mancanza del minimo necessario per la formazione del giudicato, oppure di pronuncia da organo privo di potere giurisdizionale (sul punto, cfr. Cass. n. 2713/83, n. 8156/90); ha accertato in fatto che il primo giudice aveva consentito la discussione orale della causa, con riferimento ai verbali di causa ed, in particolare, alle ampie conclusioni del difensore del Di Martino; che nel verbale d’udienza del 13 gennaio 2006 si dà atto dell’immediata lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza su fogli separati che costituiscono parte integrante del verbale di causa; che è irrilevante la circostanza che nel dispositivo della prima sentenza non sia espressa pronuncia sulle domande del D.M., esaminate ed implicitamente rigettate nella motivazione (Cass. n. 15585/07); che il principio secondo cui l’interpretazione del dispositivo mediante la motivazione non può estendersi fino all’integrazione del contenuto precettivo del primo con le statuizioni desunte dalla seconda si applica al rito del lavoro solo nel caso in cui il giudice si limiti a dare lettura del mero dispositivo riservandosi il successivo deposito della sentenza. Quanto, in
fine, alla dedotta “incompatibilità della disposizione dell’art. 281 sexies c.p.c. con la legislazione afferente
alla materia locativa …”, cfr. Cass. n. 9235/06, che ha ritenuto l’applicabilità al rito del lavoro della menzionata disposizione. Le medesime considerazioni vanno rivolte anche rispetto alla seconda parte del secondo motivo con il quale è dedotta l’omessa pronunzia da parte anche del secondo giudice.
Il 3° motivo – che censura la violazione degli artt. 416, 437, 447 bis c.p.c., 2909 c.c., 79 L. n. 392/78 – concerne il punto in cui la sentenza impugnata afferma che il conduttore avrebbe dovuto contestare la determinazione del canone nel precedente giudizio svoltosi tra le parti (e concluso con sentenza passata in giudicato) nel quale la domanda di condanna dei canoni scaduti e non pagati aveva cofine suo implicito presupposto quella di accertamento del canone locatizio. Sostiene il ricorrente che l’eccezione di giudicato, formulata da controparte era tardiva e che non v’è identità di controversia, che non v’è rapporto di dedotto e deducibile tra la sentenza passata in giudicato e la determinazione del canone.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. E’ inammissibile, laddove fa riferimento a precedente sentenza passata in giudicato della quale, in violazione dell’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, non offre alcuna concreta indicazione, bensì soltanto alcuni vaghi riferimenti che non pongono la Corte in condizione di delibare la questione. E’ infondato laddove pone in discussione i principi giuridici ai quali fa riferimento la sentenza impugnata, la quale ha correttamente affermato che il giudicato d’accoglimento della domanda di pagamento di canoni _di locazione arretrati non si limita a fare stato circa l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto accertato, ma anche circa l’inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti ma deducibili, quale quelli atti a prospettare l’insussistenza, totale o parziale, del credito azionato dal locatore a titolo di canoni insoluti, per effetto di illegittime maggiorazioni del canone (Cass. n. 16319/07; n. 13207/15, la quale ha confermato la decisione di merito che, sul presupposto dell’inoppugnabilità del decreto ingiuntivo relativo a canoni non corrisposti, aveva escluso che in un diverso giudizio il conduttore potesse invocare la nullità della clausola di determinazione del canone in misura superiore a quella legale ex art. 2, commi 3 e 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431).
Inammissibile è il 4° motivo, che lamenta che il giudice abbia esaminato l’appello incidentale DEL L., benché il gravame dovesse considerarsi inammissibile per difetto di specificità ex art. 342 c.p.c. In primo luogo, la questione appare affatto nuova, né il ricorrente rappresenta dove e quando essa sia stata sottoposta al giudice d’appello. In secondo luogo, il motivo non è autosufficiente, siccome neppure indica quale sia stato il tenore dell’appello al quale fa riferimento.
IL RICORSO INCIDENTALE DEL L.
Il 1.° motivo concerne il punto in cui la sentenza ha accertato che il conduttore aveva versato al locatore una cauzione ammontante a £ 5 milioni. Il motivo è inammissibile per assoluto difetto di specificità, siccome il ricorrente si limita a sostenere che l’accertamento del giudice “non è esatto”, aggiungendo alcune brevi osservazioni che non sono neppure comprensibili, siccome non sorrette da autosufficienti deduzioni.
Il 20 motivo sostiene che il giudice avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo d’appello incidentale che aveva posto
in evidenza che la prima sentenza “aveva riconosciuto inspiegabilmente solo undici canoni non corrisposti a fronte dei diciotto richiesti”. Il motivo è inammissibile sia per
ché la parte prospetta la questione sotto il profilo del vizio della motivazione (non, come avrebbe dovuto, sotto quello degli artt. 360, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c.), sia perché non pone in evidenza dove, quando e come la questione sia stata sottoposta al giudice d’appello, sia perché non offre alcuna utile indicazione necessaria a delibare la questione.
In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con intera compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione
Leave a Reply