Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 28 ottobre 2016, n. 45470

Nel caso in cui il reato tributario sia in concorso risulta illegittima l’applicazione (senza una ripartizione logica) del sequestro per un importo pari all’intero imponibile

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 28 ottobre 2016, n. 45470

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMORESANO Silvio – Presidente
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 9/10/2015 del Tribunale di Macerata visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giovanni Liberati;

esaminata la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, Sostituto Procuratore generale Dr. Fimiani Pasquale, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 9 ottobre 2015 il Tribunale di Macerata ha respinto l’istanza di riesame presentata da (OMISSIS), indagata per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 in concorso con (OMISSIS) (per avere, quale legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi ed avvalendosi di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, indicato nelle dichiarazioni fiscali relative all’esercizio finanziario 2013 elementi passivi fittizi per complessivi Euro 200.456,00), nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 16 settembre 2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, con cui era stato disposto il sequestro preventivo della somma complessiva di Euro 8.580.620,80, limitato ad Euro 200.456,00 nei confronti della (OMISSIS) e del (OMISSIS).

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’indagata, (OMISSIS), mediante il suo difensore, affidato a due motivi.

2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge per la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla doglianza formulata con la richiesta di riesame, riguardo alla mancanza di profitto illecito per la ricorrente e la societa’ dalla stessa amministrata ed all’erronea determinazione di tale profitto in misura corrispondente all’intero importo delle fatture utilizzate anziche’ all’imposta evasa, ed anche alla insussistenza di evasione i.v.a., avendo corrisposto l’imposta all’acquisto alla (OMISSIS) ed avendola ricevuta dai successivi acquirenti del carburante acquistato, portandola in compensazione come consentito dal sistema fiscale.

2.2. Con il secondo motivo ha denunciato analoga violazione di legge per la mancanza della motivazione in ordine alla censura sollevata a proposito della necessita’ di distinguere la propria posizione da quella del concorrente (OMISSIS), sulla base del rilievo che il sequestro preventivo per equivalente non poteva eccedere per ciascun concorrente la quota del profitto a lui attribuibile, avendo tra l’altro evidenziato come dagli atti emergesse che alla (OMISSIS) che essa amministrava era attribuibile un profitto illecito pari a Euro 92.286,00 ed a (OMISSIS), in relazione alle fatture di acquisto della (OMISSIS) Petroli dalla (OMISSIS), pari a Euro 108.170,00.

3. Il Procuratore Generale ha concluso nella sua requisitoria scritta per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, rilevando che il Tribunale aveva omesso di motivare in ordine alle censure sollevate dalla richiedente nella sua istanza di riesame, in ordine alla erronea individuazione del profitto del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, con la conseguente erronea determinazione dell’importo sottoposto a sequestro per equivalente, in quanto era stato considerato come profitto suscettibile di confisca (anche per equivalente) l’intero importo delle fatture ritenute soggettivamente inesistenti (dell’ammontare complessivo di Euro 200.456,00) e non l’imposta evasa in conseguenza della annotazione degli elementi passivi nelle dichiarazioni annuali i.v.a. e dei redditi, e per non essere comunque stato individuato il profitto riferibile alla ricorrente. Ha inoltre sottolineato che dovevano essere distinte le posizioni, e le conseguenti evasioni d’imposta e profitti illeciti, della (OMISSIS) e della (OMISSIS), perche’ solo in relazione alla gestione di tale ultima societa’ era stato contestato il concorso della (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

2. Il Tribunale di Macerata, nel respingere l’istanza di riesame avanzata dalla ricorrente, amministratrice della S.r.l. (OMISSIS), dopo aver ripercorso le indagini svolte dalla polizia giudiziaria e ricostruito il quadro complessivo che ne era emerso, evidenziando, in particolare, che il meccanismo attraverso cui veniva frodato l’Erario si basava su societa’ di comodo, da interporre nella commercializzazione di prodotti petroliferi, mediante la presentazione di false dichiarazioni di intento, che consentivano di acquistare tali prodotti in regime di esenzione iva, per poi immetterli nella rete dei distributori stradali di carburanti, tramite fatture soggettivamente inesistenti emesse a prezzi altamente concorrenziali o sottocosto, ha sottolineato la partecipazione della (OMISSIS) a tale meccanismo, attraverso la ricezione di lettere di intenti risultate false e la cessione di prodotti energetici senza addebito dell’iva corrispondente, sostanzialmente quale soggetto interposto tra il deposito fornitore ed il cliente finale, e la consapevolezza di (OMISSIS) (amministratore di diritto della S.r.l. (OMISSIS) e di fatto della (OMISSIS)) e della (OMISSIS) (amministratrice della S.r.l. (OMISSIS)) della pregressa evasione d’imposta. Quest’ultima e’ stata determinata dal Tribunale nella somma complessiva di Euro 10.473.409,57, in misura pari alla stima dell’iva e della imposta sul consumo evase negli anni 2013 e 2014, confermando il sequestro per equivalente autorizzato nei confronti del (OMISSIS) e della (OMISSIS) per un importo di Euro 200.456,00, corrispondente agli elementi passivi fittizi indicati dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS), senza altro aggiungere circa l’imposta evasa ed il profitto attribuibile a ciascuno degli indagati.

3. Risulta, pertanto, ravvisabile il denunciato vizio di violazione di legge, per l’erronea individuazione del profitto del reato attribuibile alla ricorrente, e la, conseguente, erronea determinazione dell’importo sottoposto a sequestro per equivalente.

3.1. Come gia’ affermato da questa Corte, il sequestro preventivo per equivalente, disposto nei confronti di persona sottoposta ad indagini per il reato di frode fiscale finalizzata all’evasione delle imposte sui redditi, non puo’ avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 1893 del 12/10/2011, Manfellotto, Rv. 251797), sicche’ il giudice, nell’autorizzare il sequestro o riesaminare il provvedimento che lo ha autorizzato, deve determinare con esattezza l’imposta evasa (pari all’effettivo profitto conseguito dall’operazione parzialmente inesistente), non potendo il profitto, come nella specie, coincidere gli elementi passivi fittizi indicati, pena la violazione del principio di proporzionalita’ tra la misura cautelare imposta e l’entita’ del fatto (Sez. 3, n. 1820 del 27/11/2013, Cleva, Rv. 257918), dovendo essere determinati l’imposta evasa ed il profitto conseguito attraverso l’utilizzo e l’indicazione di tali elementi passivi fittizi.

3.2. Inoltre, nel caso, come quello in esame, di pluralita’ di indagati (tra l’altro in relazione a societa’ differenti), il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di cui all’articolo 322 ter c.p.p. non puo’ eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di prezzo o profitto del reato a lui attribuibile, qualora nella impostazione accusatoria tale quota sia gia’ individuata o risulti chiaramente individuabile (Sez. 6, n. 30966 del 14/06/2007, Puliga, Rv. 236982; conf. Sez. 3, n. 346 del 13/11/2007, Ortega, Rv. 238569; Sez. 6, n. 10690 del 20/02/2009, Giallongo, Rv. 243189; Sez. 5, n. 20101 del 12/12/2014, Giallongo, Rv. 263835).

4. Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale, nel disattendere la richiesta di riesame della ricorrente, fondata, tra l’altro, sulla assenza di profitto per la stessa o, comunque, sulla inesatta determinazione dello stesso, per essere stato considerato l’intero imponibile delle transazioni ritenute fittizie a carico di entrambi gli indagati, pur potendo essere determinati i profitti di ciascuno di essi, in relazione alle diverse societa’ dagli stessi amministrate, ha ribadito la legittimita’ del sequestro in misura corrispondente al suddetto intero imponibile, senza in alcun modo prendere in considerazione i motivi posti a fondamento della richiesta di riesame, sia quanto alla determinazione della entita’ del profitto, sia quanto alla individuazione della quota dello stesso attribuibile alla ricorrente.

Ne consegue la sussistenza della violazione di legge denunciata, per difetto assoluto di motivazione, difettando qualsiasi valutazione sulla proporzionalita’ del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, che comporta l’annullamento della ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Macerata, per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Macerata

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