Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza n. 8750 del 31 maggio 2012

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 20 gennaio 2003 il Consorzio Trieste Gros, in persona del legale rappresentante pro tempore, quale proprietario di un locale interrato posto al di sotto del Condominio (omissis), conveniva dinanzi al Tribunale di Trieste il citato Condominio, impugnando la delibera assembleare del 20 dicembre 2002, nella parte in cui gli si addebitavano le spese di manutenzione dell’impianto di riscaldamento condominiale, sostenendo di non essere tenuto al pagamento di tali esborsi, poichè, sin dal 1990, era avvenuto il distacco dell’immobile di sua proprietà dal suddetto impianto di riscaldamento. Nella costituzione del convenuto Condominio, l’adito Tribunale, con sentenza n. 23 del 2006, rigettava la domanda, con condanna dell’attore al pagamento delle spese giudiziali. Interposto appello da parte del Consorzio Trieste Gros e nella resistenza del Condominio appellato, la Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 280 del 2010 (depositata il 3 luglio 2010 e notificata il 21 luglio successivo), rigettava l’appello e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado. A sostegno dell’adottata decisione la Corte friulana rilevava che, nella specie, era rimasto comprovato che il distacco del Consorzio dall’impianto di riscaldamento condominiale era stato volontario ed autorizzato dallo stesso Condominio a condizione che il distaccante continuasse a contribuire alle spese di gestione dell’impianto medesimo (escluse, perciò, quelle relative ai consumi), obbligazione quest’ultima alla quale era tenuto anche in virtù della giurisprudenza di legittimità pronunciatasi al riguardo (considerando, pertanto, irrilevante ogni richiesta di prova siccome superata dai documenti prodotti dallo stesso Consorzio, ovvero dalla delibera autorizzativa del distacco volontario, contenente anche l’indicazione delle modalità).

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il suddetto Consorzio Trieste Gros, articolato in tre motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato Condominio. Avviato, in un primo momento, il ricorso per la trattazione in camera di consiglio, con ordinanza interlocutoria n. 24999 del 2011 il collegio designato – sul presupposto che l’amministratore del resistente Condominio aveva documentato di essere stato autorizzato dalla competente assemblea a costituirsi nel giudizio di cassazione – ne ha rimesso la discussione in pubblica udienza. Entrambi i difensori delle parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Occorre, in primo luogo, farsi carico dell’eccezione di nullità del ricorso per incompletezza della copia notificata al controricorrente, in quanto priva della pag. 19 (per come certificato dall’ufficiale giudiziario in calce alla relata di notificazione) relativa proprio alla indicazione delle conclusioni da accogliere rivolte a questa Corte dalla parte ricorrente.
1.1. L’eccezione è priva di pregio e deve, quindi, essere respinta.
L’incompletezza del ricorso per cassazione notificato alla controparte può comportare la sua nullità (e la conseguente declaratoria della sua inammissibilità) nel sol caso in cui sia idonea a non consentire al ricorso stesso di svolgere appieno la sua funzione e a comportare la lesione del fondamentale diritto di difesa e del principio del contraddittorio (cfr. Cass., S.U., n. 4112 del 2007 e, da ultimo, Cass., sez. 2^, n. 1213 del 2010). Orbene, nella specie, la pagina mancante nella copia notificata del ricorso, ancorchè relativa all’enucleazione delle conclusioni finali, non ha comportato alcuna compromissione del diritto di difesa del Condominio controricorrente, poichè le predette conclusioni (orientate all’univoco ottenimento della cassazione della sentenza impugnata) – per quanto evincibile dall’esame del contenuto complessivo del ricorso medesimo – erano già state individuate distintamente all’esito dello svolgimento di ogni singolo motivo (v. pagg. 13, 14 e 18) e, in ogni caso, la predetta parziale omissione non ha impedito allo stesso controricorrente di approntare, in senso esaustivo, le sue integrali difese riferite ai tre autonomi motivi dedotti con il ricorso.
2. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1118 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sul presupposto che, nella specie, pur non ponendosi in discussione il principio affermato dalla Corte territoriale circa la sussistenza (in generale) dell’obbligo del condomino che si sia distaccato dall’impianto centralizzato di riscaldamento di contribuire agli oneri relativi alla sua manutenzione, il giudice di appello non aveva, però, tenuto conto che l’impianto comune di riscaldamento non era più in grado oggettivamente di servire l’immobile di proprietà di esso ricorrente, non essendovi nemmeno la teorica possibilità di riallacciamento all’impianto stesso.
3. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione a citato art. 1118 c.c., comma 2 (con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5), avuto riguardo alla supposta inidoneità ed illogicità del percorso argomentativo adottato dalla Corte distrettuale in ordine alla permanenza dell’obbligo del Consorzio ricorrente di contribuire all’esborso degli oneri economici occorrenti per gli interventi di manutenzione del suddetto impianto centralizzato dal quale si era distaccato, malgrado l’oggettiva inesistenza di un collegamento funzionale atto a consentire il teorico futuro riallacciamento dei locali di proprietà del medesimo ricorrente al predetto impianto.
3.1. I primi due esposti motivi possono essere trattati congiuntamente perchè evidentemente connessi.
Essi sono infondati e devono, pertanto essere rigettati.
La Corte territoriale ha idoneamente accertato in fatto (come, del resto, già appurato in primo grado) che il Consorzio ricorrente (diversamente dalla sua prospettazione) aveva volontariamente richiesto il distacco della propria unità immobiliare dall’impianto centralizzato di riscaldamento del Condomino (omissis) e a tanto era stato autorizzato con delibera assembleare del 1989 condizionatamente alla permanenza dell’obbligo di continuare a contribuire alle spese di proprietà dell’impianto (come, in effetti, era avvenuto anche successivamente al distacco), con esonero dalle sole spese relative ai consumi.
Sulla scorta di tale presupposto fattuale e senza che avesse costituito oggetto di specifica deduzione (e, quindi, di accertamento) la circostanza (sulla quale insiste il ricorrente) sull’assunta insussistenza delle condizioni per il riallacciamento dell’unità immobiliare dello stesso Consorzio Tristegros al suddetto impianto centralizzato (peraltro non da escludersi in senso assoluto in virtù della possibilità del ripristino della diramazione servente i locali di proprietà esclusiva del ricorrente ed in considerazione del fatto che altri locali d’affari erano rimasti allacciati al medesimo anello di riscaldamento e ne continuavano ad essere serviti),la Corte friulana, nel respingere il gravame, si è uniformata alla consolidata giurisprudenza di questa Corte formatasi in materia. In particolare, secondo tale giurisprudenza (cfr., ad es., Cass. n. 8924 del 2001; Cass. n. 5974 del 2004 e, da ultimo, Cass. n. 19893 del 2011), poichè tra le spese indicate dall’art. 1104 c.c., soltanto quelle per la conservazione della cosa comune costituiscono “obligationes propter rem” – e per questo il condomino non può sottrarsi all’obbligo del loro pagamento, ai sensi dell’art. 1118 c.c., comma 2, che invece, significativamente, nulla dispone per le spese relative al godimento delle cose comuni – è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento (purchè questo non ne sia pregiudicato), con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123 c.c., comma 2, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato, rimanendo, invece, obbligato a sostenere gli oneri dell’eventuale peso derivante dalle spese di gestione e di conservazione di tale servizio (risultando, in caso contrario, ingiustificatamente aggravata la posizione degli altri condomini, pur nella permanenza della proprietà comune dell’impianto stesso). E’ stato, perciò, puntualizzato che il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune (che costituisce un accessorio di proprietà condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c., n. 3), ovvero abbia offerto la prova che dal distacco non derivano nè un aggravio di gestione nè uno squilibrio termico, essendo in tal caso esonerato soltanto dall’obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, se il contrario non risulti dal regolamento condominiale.

Pertanto, alla stregua dell’osservanza dei richiamati principi applicati in virtù dell’adozione di una motivazione logicamente ed adeguatamente svolta in relazione alle circostanze fattuali rimaste riscontrate, la pronuncia della Corte triestina non merita censura.
4. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato il vizio di omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, avuto riguardo alla ravvisata irrilevanza delle istanze istruttorie (debitamente trascritte in ossequio al principio di autosufficienza) ribadite con l’atto di appello inerenti alle motivazioni della scelta di rinunciare all’impianto comune e alle condizioni dello stesso.
4.1. Anche questo motivo non è meritevole di accoglimento perchè la Corte distrettuale ha correttamente ritenuto, alla stregua dell’operatività dei principi giuridici precedentemente richiamati (e della loro univoca applicabilità alla fattispecie dedotta in giudizio) e dell’accertata volontarietà del distacco richiesto dal Consorzio ricorrente risultante da apposita delibera autorizzativa (ritualmente prodotta in giudizio) contenente anche le modalità di esecuzione dell’intervento assentito, che l’accertamento delle circostanze (oggetto di richiesta probatoria) dedotte in sede di gravame era ultroneo o, comunque, irrilevante, proprio perchè non attinente a fatti idonei ad incidere decisivamente su una diversa soluzione della controversia (cfr., ad es., Cass. n. 4178 del 2007 e Cass. n. 24221 del 2009).
5. Alla luce delle complessive argomentazioni esposte il ricorso deve, quindi, essere integralmente respinto, con la conseguente condanna del Consorzio ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

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