Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 8 giugno 2015, n. 11823
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27941/2009 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), IN PROPRIO E QUALI EREDI DI (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
nonche’ da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), TUTTE EREDI DI (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti al ricorso incidentale –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) IN PROPRIO E QUALI EREDI DI (OMISSIS), E (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1649/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/04/2015 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore dei ricorrenti che si riporta alle conclusioni in atti, chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avv. (OMISSIS) difensore dei controricorrenti e ricorrenti incidentali che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso incidentale, il rigetto del ricorso principale e dei restanti del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25-3-1988 (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), premesso di essere eredi di (OMISSIS), deceduto in data (OMISSIS), in quanto rispettivamente coniuge e figli dello stesso, affermavano che il de cuius era proprietario di un fabbricato sito in (OMISSIS), in catasto f. 6, mapp. 263, edificato su una porzione di terreno ancora intestata a (OMISSIS), padre di (OMISSIS), il quale, pur avendola ceduta al figlio, non aveva regolarizzato la cessione nelle forme di legge. Nel far presente di essere nell’impossibilita’ di prendere possesso del predetto immobile perche’ impediti da (OMISSIS), altro coerede di (OMISSIS), gli attori convenivano dinanzi al Pretore di Dolo (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), per sentirli condannare al rilascio del fabbricato sopra indicato e per sentir procedere alla divisione di un terreno adiacente, in catasto f. 6 mapp. 83, con assegnazione in favore di ciascuno degli eredi di una quota in natura.
Nel costituirsi, i convenuti eccepivano l’intervenuta prescrizione del diritto degli attori di accettare l’eredita’ del congiunto, deceduto nel 1975, con conseguente accrescimento in favore dei coeredi accettanti. Essi, inoltre, contestavano l’assunto secondo cui il fabbricato rivendicato era di proprieta’ esclusiva di (OMISSIS). In via subordinata, attesa l’indivisibilita’ dei beni relitti del de cuius (OMISSIS), i convenuti chiedevano l’attribuzione degli stessi, previa liquidazione in denaro delle spettanze attoree.
A seguito di declaratoria di incompetenza per valore resa dal Pretore di Dolo con sentenza in data 3-5-1989, gli attori riassumevano il giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia, chiedendo, in aggiunta alle precedenti conclusioni, che, in caso di riconoscimento del diritto dei convenuti sul fabbricato oggetto di causa, i medesimi venissero condannati a pagare ai deducenti la relativa indennita’.
I convenuti si costituivano ribadendo le precedenti difese ed eccezioni e dichiarando di non accettare il contraddittorio sulla domanda proposta in via subordinata dagli attori, di cui, comunque, eccepivano l’intervenuta prescrizione.
Il processo, interrotto a seguito del decesso di (OMISSIS), veniva riassunto dagli attori nei confronti dei suoi eredi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
All’udienza del 3-10-2000 (OMISSIS) dava prova di avere acquistato le quote degli altri convenuti, divenendo cosi’ proprietario nella misura dei tre quarti del totale.
Con sentenza non definitiva del 18-1-2001 il Tribunale di Venezia ordinava ai convenuti di rilasciare agli attori il fabbricato sito in (OMISSIS), in catasto f. 6, mappale 263; rigettava l’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredita’, sollevata dai convenuti; provvedeva con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio.
Con sentenza definitiva del 9-2-2004 il Tribunale faceva proprio il progetto di divisione predisposto dal C.T.U. nell’elaborato peritale del 17-2-2002; assegnava il terreno relitto al convenuto (OMISSIS), con i conguagli indicati.
Avvero entrambe le sentenze del Tribunale proponevano appello (OMISSIS) ed (OMISSIS).
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) resistevano al gravame, proponendo altresi’ appello incidentale.
Disposta la notifica dell’atto di appello agli eredi di (OMISSIS), nel frattempo deceduto, con sentenza in data 16-12-2008 la Corte di Appello di Venezia, in accoglimento per quanto di ragione del gravame principale e in parziale riforma della sentenza non definitiva, rigettava la domanda di rilascio dell’immobile proposta dagli attori; accertato che l’immobile insistente sul mappale 263, f. 6, andava ricompreso nell’asse ereditario del de cuius (OMISSIS), in riforma della sentenza definitiva assegnava l’intero compendio immobiliare a (OMISSIS), condannando il medesimo al pagamento in favore degli attori, tutti eredi di (OMISSIS), dell’importo di euro 8.053,18, corrispondente alla quota spettante ai predetti coeredi, oltre agli interessi legali dalla data della sentenza al saldo; rigettava l’appello incidentale.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), sulla base di tre motivi.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), hanno resistito con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale, affidato a un unico motivo.
I ricorrenti principali hanno resistito al ricorso incidentale con controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensive.
In prossimita’ dell’udienza le parti costituite hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti principali lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 328 e 330 c.p.c.. Deducono che la Corte di Appello ha erroneamente dichiarato la contumacia di (OMISSIS), madre dei ricorrenti, atteso che, come risulta dal certificato di morte, la predetta attrice e’ deceduta in data ((OMISSIS)) successiva alle sentenze di primo grado. Fanno presente che gli appellanti (OMISSIS) e (OMISSIS) erano a conoscenza di tale evento, essendosi costituiti nel giudizio di opposizione all’esecuzione della sentenza non definitiva, nel corso del quale il procuratore dei ricorrenti, avv. (OMISSIS), all’udienza del 19-1-2005, aveva dichiarato la morte della (OMISSIS). Da tanto discende, secondo i ricorrenti, l’inammissibilita’ dell’impugnazione proposta contro la parte deceduta successivamente alla pubblicazione delle richiamate sentenze del Tribunale, in quanto notificata presso il procuratore costituito in primo grado invece che agli eredi, pur essendo i notificanti al corrente del decesso.
2) Con il secondo motivo i ricorrenti principali denunciano la violazione dell’articolo 345 c.p.c., nel testo anteriore alla Legge 353 del 1990, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deducono che erroneamente il giudice del gravame ha ritenuto l’inammissibilita’ della domanda di usucapione proposta dagli appellati in grado di appello perche’ domanda nuova. Affermano che gli appellati hanno sempre rivendicato la proprieta’ del fabbricato e che, in tema di diritti reali, non si puo’ configurare una domanda nuova allorche’ l’attore, facendo valere la proprieta’ di un bene in forza di un certo titolo di acquisto, aggiunga a questo, nel corso del giudizio, altro titolo. Deducono, inoltre, che la Corte di Appello ha errato nel disattendere l’eccezione di usucapione per “mancanza dell’animus rem sibi habendi” in capo agli appellati, in quanto tale animus emergeva inequivocamente dalle risultanze processuali acquisite (occupazione dal fabbricato sin dalla sua costruzione, risalente al 1957, personalmente e prima tramite il proprio genitore e dante causa (OMISSIS); riscossione da parte della moglie del defunto, (OMISSIS), dei canoni di locazione del fabbricato medesimo; presentazione della domanda di condono edilizio).
3) Con il terzo motivo i ricorrenti principali si dolgono della violazione e falsa applicazione degli articoli 718 e 720 c.c., nonche’ dell’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione, in relazione alla statuizione di assegnazione di tutti i beni ereditari al solo (OMISSIS). Deducono che i ricorrenti, anche ove fossero considerati eredi pro quota sul fabbricato, avevano diritto a vedersi riconoscere una quota in natura dell’eredita’. Sostengono che l’assegnazione ad uno solo dei coeredi puo’ essere effettuata solo nel caso di indivisibilita’ dell’asse o di inopportunita’ della divisione; laddove, nel caso di specie, il compendio ereditario era divisibile, come comprovato dal primo progetto predisposto dal C.T.U. in data 15-2-1994, che prevedeva la formazione di quattro lotti. Rilevano, inoltre, che la Corte di Appello, pur facendo propria, a pag. 16 della sentenza impugnata, la stima contenuta nell’elaborato peritale del 14-12-2002, che aveva valutato la proprieta’ dividenda in complessivi euro 61.983,25, incorrendo in un evidente vizio di motivazione ha assegnato al compendio oggetto di divisione il valore di euro 28.375,75, corrispondente al solo valore di stima del terreno, senza tener conto del valore delle opere murarie, stimato dal consulente tecnico in euro 33.604,50.
4) Con l’unico motivo i ricorrenti incidentali lamentano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 476 c.c., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in ordine alla statuizione di rigetto dell’eccezione di prescrizione del diritto degli attori di accettare l’eredita’ del loro congiunto (OMISSIS) e di suo padre (OMISSIS). Deducono che la Corte di Appello ha erroneamente e immotivatamente ravvisato un’accettazione tacita dell’eredita’ in atti che non presupponevano affatto la loro volonta’ di accettare. In particolare, sostengono: a) che, in considerazione della natura meramente fiscale della dichiarazione di successione, nessuna rilevanza poteva essere attribuita al fatto che (OMISSIS), nella dichiarazione di successione del fratello (OMISSIS), avesse espressamente indicato gli appellanti quali eredi di quest’ultimo e il fratello (OMISSIS) quale erede del padre (OMISSIS); b) che le dichiarazioni rese dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS) in merito all’asserita percezione da parte di (OMISSIS), successivamente alla morte del marito (OMISSIS), di alcuni canoni di locazione dal Comune di Vigonovo per l’occupazione del fabbricato per cui e’ causa, risultano smentite dalla certificazione dello stesso Comune di Vigonovo prodotta dagli appellanti, da cui non risulta l’erogazione di alcun canone di occupazione a favore della (OMISSIS) o di altri eredi di (OMISSIS); c) che la Corte veneziana non ha motivato sulle ragioni per le quali ha ravvisato un’accettazione tacita dell’eredita’ da parte degli attori per effetto della dichiarazione della ditta (OMISSIS) di aver fornito il materiale occorrente per la costruzione del tetto del fabbricato per cui e’ causa, allegata da controparte in appello e mai confermata testimonialmente, nonche’ del grafico allegato all’istanza di condono presentata dalla (OMISSIS).
5) Il primo motivo del ricorso principale e’ infondato.
E’ vero che, secondo un principio affermato dalla giurisprudenza, richiamato dai ricorrenti, in caso di morte della parte, avvenuta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado durante il decorso del termine di impugnazione, l’impugnazione, se proposta nei confronti della parte deceduta e notificata presso il suo procuratore costituito nel grado precedente di giudizio, e’ inammissibile allorche’ risulti che l’impugnante era a conoscenza del decesso, anche se tale conoscenza non e’ correlata a specifica dichiarazione del procuratore (Cass. 19-11-2004 n. 21884; Cass. 16-3-2006 n. 5847; Cass. 24-5-2009 n. 11203).
Deve, tuttavia, rilevarsi che nel presente giudizio si verte in un’ipotesi di litisconsorzio necessario.
Cio’ posto, si rammenta che, in materia di cause inscindibili, la notificazione dell’impugnazione eseguita ritualmente nei confronti di uno solo dei litisconsorti necessari introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti, anche in caso di nullita’ delle notificazioni e di mancata costituzione dell’appellato; cosicche’ in tale ipotesi il giudice di appello deve ordinare la rinnovazione della notificazione nei confronti dell’appellato ex articolo 291 c.p.c., nonche’ l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri litisconsorti necessari ai sensi dell’articolo 331 c.p.c. (Cass. 13-12-2002 n. 17828; Cass. 18-1-2007 n. 1069; Cass. 19-12-2014 n. 26902).
Nel caso in esame, di conseguenza, essendo stata l’impugnazione tempestivamente notificata a tutti gli altri soggetti che avevano partecipato al giudizio di primo grado, l’irrituale notifica dell’atto di appello alla parte deceduta avrebbe comportato, ai sensi dell’articolo 331 c.p.c., la necessita’ di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei suoi eredi. Poiche’, peraltro, i figli ed eredi della (OMISSIS) erano gia’ costituiti in proprio nel giudizio di appello, l’integrazione del contraddittorio si rivelava superflua.
Come e’ stato precisato da questa Corte, infatti, nell’ambito del giudizio di appello, qualora una medesima persona fisica cumuli in se’ la qualita’ di parte in proprio e quale erede di altro soggetto, non e’ necessario provvedere all’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, quale erede, ove la stessa sia gia’ costituita in proprio, ravvisandosi nella specie l’unicita’ della parte in senso sostanziale, con la conseguenza che e’ sufficiente un’unica notifica alla stessa dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado (Cass. 23-5-2008 n. 13411; nello stesso senso v. Cass. 7-5-2012 n. 6844).
Sotto altro profilo, si osserva che, essendosi i ricorrenti principali qualificati sin dall’atto di citazione di primo grado quali figli di (OMISSIS), ed avendo i medesimi espressamente dichiarato, nel ricorso, di agire sia in proprio che quali eredi della madre, senza che tale qualita’ sia stata contestata dai controricorrenti, appare del tutto generica e pretestuosa l’affermazione contenuta a pag. 6 della memoria illustrativa depositata il 10-4-2015 dagli stessi ricorrenti, secondo cui le controparti non avrebbero “provato che i sigg.ri (OMISSIS) siano figli e comunque i soli eredi della (OMISSIS)”.
6) Le censure mosse con il secondo motivo del ricorso principale in ordine alla ritenuta inammissibilita’ della domanda di usucapione sono prive di fondamento.
E’ vero, infatti, che in tema di limiti alla proposizione di domande nuove in appello, non viola il divieto di “ius novorum” la deduzione, da parte del convenuto dell’acquisto per usucapione, ordinaria o abbreviata, della proprieta’ dell’area rivendicata da controparte qualora gia’ in primo grado egli abbia eccepito ad altro titolo la proprieta’ dell’area medesima, in quanto la proprieta’ e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti diritti autodeterminati, che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma e’ necessaria ai soli fini della prova (tra le tante v. Cass. 24-5-2010 n. 12607; Cass. 24-11-2010 n. 23851; Cass. 8-1-2015 n. 40).
Nella fattispecie in esame, tuttavia, la Corte di Appello, nell’interpretare la domanda, ha ritenuto che gli appellati non hanno fatto valere un diritto autodeterminato, allegando un titolo di acquisto della proprieta’ in aggiunta a quello fatto valere in primo grado, in quanto i predetti in primo grado non hanno mai chiesto l’accertamento giudiziale della proprieta’ del fabbricato, ma semplicemente il suo rilascio.
Pertanto, non avendo gli attori in primo grado proposto un’azione di natura reale, la proposizione della domanda di usucapione in appello non puo’ trovare giustificazione nel principio di autodeterminazione del diritto di proprieta’; sicche’ correttamente il giudice del gravame ha ritenuto tale domanda inammissibile, stante il divieto di nuove domande in appello, posto dall’articolo 345 c.p.c..
Quanto ai vizi di motivazione dedotti in relazione alla ritenuta infondatezza dell’eccezione di usucapione, si osserva che i ricorrenti, nel sostenere che dagli atti si evince la prova inconfutabile del loro possesso ad usucapionem del fabbricato per cui e’ causa, propongono sostanziali censure di merito, che mirano ad ottenere un riesame delle risultanze probatorie, non consentito in questa sede. Il tutto, peraltro, senza confutare specificamente l’affermazione posta a base della decisione di rigetto dell’eccezione in parola, secondo cui la mancanza dell’animus sibi habendi in capo agli attori risulta “indubbiamente” comprovata dalla domanda di corresponsione dell’indennizzo ex articolo 936 c.c., avanzata dagli appellati nell’atto di citazione in riassunzione, che presuppone la realizzazione di una costruzione sul fondo altrui.
E’ appena il caso di rammentare, al riguardo, che i vizi di motivazione denunciabili in cassazione non possono consistere nella difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (Cass. 28-7-2008 n. 20518; Cass. 11-11-2005 n. 22901; Cass. 12-8-2004 n. 15693; Cass. 7-8-2003 n. 11936). L’onere di adeguatezza della motivazione, inoltre, non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni delle parti, ne’ che egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste svolte. E’, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (Cass. 20-11-2009 n. 24542; Cass. 12-1-2006 n. 407; Cass. 2-8-2001 n. 10569).
7) In via prioritaria rispetto al terzo motivo di ricorso principale va esaminato, per ragioni di ordine logico-giuridico, il motivo di ricorso incidentale.
Tale motivo non e’ meritevole di accoglimento.
Come e’ stato statuito da questa Corte, l’accettazione tacita di eredita’, che si ha quando il chiamato all’eredita’ compie un atto che presuppone la sua volonta’ di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualita’ di erede, puo’ essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volonta’ di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volonta’ di accettare (Cass. 21/10/2014 n. 22317; Cass. 11-5-2009 n. 10796; Csss. 28-2-2007 n. 4783).
In particolare, e’ stato affermato che la riscossione dei canoni di locazione di un bene ereditario, quale atto dispositivo e non meramente conservativo, integra accettazione tacita dell’eredita’, ai sensi dell’articolo 476 c.c. (Cass. 6-2-2014 n. 2743).
Nella specie, la Corte di Appello, nel rispetto di tali principi, ha ritenuto acquisita la prova dell’accettazione tacita dell’eredita’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) da parte degli attori, argomentando: a) dalle deposizioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), da cui e’ emerso che, dopo la morte di (OMISSIS), avvenuta nel (OMISSIS), la moglie (OMISSIS) aveva percepito dal Comune di Vigonovo alcuni canoni di locazione del fabbricato per cui e’ causa; b) dalla dichiarazione della ditta (OMISSIS), che affermava di aver fornito il materiale occorrente per la costruzione del fabbricato de quo, nonche’ dal grafico allegato all’istanza di condono presentata da (OMISSIS), con prova del pagamento dei relativi oneri. Il giudice del gravame ha altresi’ richiamato, a riprova dell’infondatezza dell’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredita’, sollevata dagli appellanti, la dichiarazione di successione del fratello (OMISSIS), nella quale (OMISSIS) indicava espressamente gli appellati quali eredi di quest’ultimo, e prima il fratello (OMISSIS) quale erede del padre (OMISSIS).
Il convincimento espresso al riguardo dal giudice di appello si sottrae al sindacato di questa Corte, essendo sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici, con cui e’ stato spiegato, in particolare, che la certificazione rilasciata dal Comune in ordine al mancato pagamento di canoni locativi non appariva inidonea a smentire le risultanze della prova testimoniale, atteso che lo stesso Ente aveva evidenziato l’incompletezza della ricerca effettuata, per la complessita’ della stessa e per gli scarsi elementi forniti dal richiedente.
Cio’ posto, si rileva che le deduzioni svolte dai ricorrenti incidentali per sostenere la piena valenza probatoria della certificazione rilasciata dal Comune appaiono chiaramente finalizzate ad ottenere un diverso apprezzamento della risultanze probatorie, in contrasto con i limiti di cognizione del giudizio di legittimita’.
Altrettanto e’ a dirsi riguardo alle doglianze inerenti alla dichiarazione della ditta (OMISSIS) e al grafico, che, all’evidenza, sono stati valorizzati dalla Corte di Appello quali elementi di prova di comportamenti implicanti la volonta’ di accettare l’eredita’.
Prive di rilievo, infine, si palesano le censure mosse in ordine alla dichiarazione di successione, trattandosi di atto che il giudice del gravame ha preso in considerazione a corredo degli altri elementi innanzi indicati, di per se’ ritenuti dimostrativi della tacita accettazione dell’eredita’.
8) Il terzo motivo del ricorso principale e’ fondato.
Giova rammentare che, in tema di divisione ereditaria, a norma dell’articolo 718 c.c., ciascun coerede puo’ chiedere la sua parte in natura dei beni mobili e immobili dell’eredita, salve le disposizioni degli articoli successivi. Tra tali disposizioni si colloca l’articolo 720 c.c., che disciplina l’ipotesi in cui l’eredita’ comprenda beni immobili non comodamente divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene e la divisione dell’intero non possa effettuarsi senza il loro frazionamento: in tali ipotesi detti immobili devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nelle porzioni di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche alle porzioni di piu’ coeredi ove questi ne richiedano congiuntamente l’attribuzione (Cass. 19-11-2011 n. 25332).
In proposito, questa Corte ha precisato che la non comoda divisibilita’ di un immobile, integrando un’eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, puo’ ritenersi legittimamente predicabile solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dalla irrealizzabilita’ del frazionamento dell’immobile, o dalla sua realizzabilita’ a pena di notevole deprezzamento, o dalla impossibilita’ di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitu’, pesi o limitazioni eccessivi (Cass. 21-8-2012 n. 14577; Cass. 28-5-2007 n. 12406). Inoltre, il concetto di comoda divisibilita’ di un immobile presupposto dall’articolo 720 c.c., postula, sotto l’aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento, che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto l’aspetto economico-funzionale, che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (Cass. 21-8-2012 n. 14577; Cass. 29-5-2007 n. 2498; Cass. 30-7-2004 n. 14540; Cass. 7-.2-2002 n. 1738).
Nella fattispecie in esame, il giudice di appello non si e’ attenuto agli enunciati principi, in quanto ha assegnato l’intero compendio ereditario al convenuto, quale maggiore quotista, che ne aveva fatto richiesta, senza dar conto della impossibilita’ di procedere al frazionamento dei beni e indicare, quindi, le ragioni che non consentivano di soddisfare il diritto di ciascun condividente ad ottenere la propria quota in natura.
La Corte di Appello e’ altresi’ incorsa nel vizio di motivazione denunciato con il motivo in esame, in quanto, pur avendo fatto riferimento alla stima contenuta nell’elaborato peritale del 14/2/2002 a firma dell’architetto (OMISSIS), ha attribuito al compendio ereditario il valore complessivo di euro 28.378,75, senza tener conto del valore delle opere murarie eseguite per la costruzione della casa, che, come si evince dai passaggi della menzionata relazione trascritti – in omaggio al principio di autosufficienza – a pag. 10 del ricorso principale, e’ stato stimato dal C.T.U. in euro 33.604,50.
9) In definitiva, va accolto il terzo motivo del ricorso principale, mentre gli altri motivi di tale ricorso e il ricorso incidentale vanno rigettati.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia, la quale procedera’ a nuovo esame, attenendosi agli enunciati principi di diritto, e provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso principale; rigetta gli altri motivi e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia.
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