Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 7 luglio 2015, n. 28804
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIANDANESE Franco – Presidente
Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere
Dott. ALMA Marco M. – rel. Consigliere
Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1971/14 in data 20/6/2014 della Corte di Appello di Ancona;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GALLI Massimo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore della parte civile (OMISSIS) S.p.a., Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso. Ha depositato conclusioni scritte e nota spese delle quali ha chiesto la liquidazione.
RITENUTO IN FATTO
I fatti risalgono in epoca compresa tra il giorno (OMISSIS) ed il giorno (OMISSIS).
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo:
1. Articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) – Erronea valutazione delle prove – carenza di prove – mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata.
Rileva la difesa del ricorrente che non e’ stata provata in alcun modo l’intenzionalita’ dell’agire dell’imputato ne’ il (OMISSIS) – fatta eccezione per un solo episodio risalente al (OMISSIS) – e’ mai stato identificato nelle diverse occasioni nelle quali si sono verificati i fatti con la conseguenza che sussiste dal punto di vista logico la possibilita’ che il veicolo in questione sia stato utilizzato da altri soggetti diversi dal proprietario.
2. Articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) – Erronea applicazione della legge penale.
Sostiene la difesa del ricorrente che i fatti in contestazione debbono essere inquadrati non nella violazione dell’articolo 641 c.p. quanto piuttosto in quella dell’articolo 176 C.d.S., comma 17, che qualifica le condotte come quelle in esame come mero illecito amministrativo difettando quel quid pluris richiesto dalla norma per la qualificazione della condotta come reato. La Corte di Appello, nonostante che la questione de qua, fosse stata dedotta con l’atto di gravame non ha motivato sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Trattasi, infatti, di questione gia’ posta in sede di gravame innanzi alla Corte di Appello e da questa risolta con motivazione congrua, non manifestamente illogica e tantomeno contraddittoria.
La Corte distrettuale ha evidenziato come la sistematicita’ della condotta tenuta in un breve lasso temporale e’ chiaramente sintomatica della volonta’ di servirsi della rete autostradale senza preoccuparsi dell’onere di corrispondere i pedaggi e, dunque, con la evidente intenzione di contrarre le relative obbligazioni nella originaria convinzione di non adempierle.
Quanto, poi, all’accertamento del fatto che fosse stato proprio il (OMISSIS) l’autore di tutte le violazioni cio’ si e’ fondato su di una prova indiziaria costituita dalla valutazione congiunta di una serie di elementi quali:
a) il fatto che il veicolo utilizzato per la commissione di tutti i fatti-reato era allo stesso intestato;
b) tutte le violazioni sono state compiute in un ristretto arco di tempo ed hanno sostanzialmente riguardato il medesimo percorso autostradale;
c) il (OMISSIS) fu in effetti controllato dalla Polizia Stradale in occasione di uno dei transiti abusivi;
d) l’imputato non ha fornito alcuna spiegazione alternativa, ne’ ha fornito alcuna indicazione utile a consentire di supporre che egli non fosse stato alla guida del proprio veicolo al momento in cui furono consumate le violazioni di legge. Sotto quest’ultimo profilo rileva l’odierno Collegio che anche l’omessa indicazione di qualsivoglia elemento finalizzato ad una valutazione di fondamento della tesi alternativa secondo la quale il (OMISSIS) non era al volante del veicolo in occasione delle violazioni e’ logicamente spiegabile con una condotta in mala fede dell’imputato. Sebbene, infatti, non si richieda all’imputato di “provare” l’assenza della detenzione del veicolo al momento in cui furono compiuti i fatti, cio’ non toglie che l’assenza di una attendibile spiegazione circa il fatto che egli non fosse alla guida del veicolo con il quale furono commessi i reati pur in presenza degli altri indizi sopra evidenziati, assolvendo cosi’ non ad onere probatorio, bensi’ ad un onere di allegazione di elementi, che potevano costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque potevano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento, costituisce certamente un elemento che – unitamente agli altri di cui si e’ detto – ben poteva essere valutato dai Giudici territoriali ai fini dell’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato.
Quanto al dolo del contestato reato di cui all’articolo 641 c.p. lo stesso e’ ictu oculi evidente ed emerge chiaramente dalla reiterazione delle condotte tenute palesemente indicative della volonta’ di contrarre una serie di identiche obbligazioni con la societa’ (OMISSIS) con la finalita’ di non pagarle.
2. Manifestamente infondato e’, poi, anche il secondo motivo di ricorso.
La Corte di Appello ha preso in considerazione la questione giuridica prospettata dalla difesa e l’ha risolta in modo conforme a diritto.
Questa Corte Suprema ha, infatti, gia’ avuto modo di chiarire al riguardo, con un assunto condiviso anche dall’odierno Collegio, che “la disposizione di cui all’articolo 176 C.d.S., comma 17, secondo la quale e’ soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale, non ha depenalizzato il reato di insolvenza fraudolenta che continua pertanto a configurarsi tutte le volte in cui al semplice inadempimento di tale obbligazione si aggiungano gli elementi costitutivi del predetto delitto, e cioe’ la dissimulazione dello stato di insolvenza e l’intenzione di non adempiere. (Nell’occasione la Corte ha altresi’ precisato che anche il silenzio serbato al momento dell’ingresso in autostrada e’ idoneo alla dissimulazione dello stato di insolvenza, riscontrabile pertanto nel comportamento di chi, presentandosi al casello a bordo di un’autovettura – bene che fa presumere la capacita’ di assolvere l’obbligo del pagamento del pedaggio in chi lo possiede – prenda in consegna il talloncino aderendo, in tal modo, all’offerta contrattuale proveniente dal gestore del servizio autostradale; ed ha ancora specificato che, quanto all’accertamento in concreto dell’esistenza della situazione di insolvenza, e’ sufficiente il riferimento alla dichiarata impossibilita’ del debitore di adempiere l’obbligazione assunta) (Cass. Sez. 2, sent. n. 10247 del 23/09/1996, dep. 28/11/1996, Rv. 206286).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro 1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.
La declaratoria di inammissibilita’ del ricorso comporta il passaggio in giudicato della sentenza della Corte di Appello oggetto di impugnazione, sentenza che pertanto diviene irrevocabile al momento della scadenza del termine per la proposizione dell’impugnazione avverso la stessa, momento nel quale i fatti-reato in contestazione all’imputato non erano ancora estinti per prescrizione.
Dalla decisione cosi’ adottata discendono, altresi’, le correlative statuizioni di seguito espresse in ordine alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile, la cui liquidazione viene operata secondo l’importo in dispositivo meglio enunciato tenuto conto del livello di complessita’ della vicenda processuale e del valore economico della stessa.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende, nonche’ alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio a favore della parte civile (OMISSIS) S.p.a. che liquida in euro 2.000,00 oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
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