Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 6 novembre 2014, n. 23695
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24199-2010 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS);
– Intimato –
Nonche’ da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 2369/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/09/2014 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, l’inammissibilita’, in subordine, il rigetto del ricorso incidentale.
Nel costituirsi, il (OMISSIS) contestava la fondatezza della domanda, asserendo di essere il legittimo proprietario della zona in contestazione e, comunque, di averla usucapita. Il convenuto, inoltre, chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell’attrice alla demolizione della sua costruzione, ubicata sul suolo di sua proprieta’, alla restituzione del suolo illegittimamente occupato ed al risarcimento dei danni, nonche’ il riconoscimento del legittimo posizionamento, nel 1987, dello spiovente e della pluviale oggetto della domanda attrice.
Con sentenza in data 7-2-2003 il Tribunale di Benevento rigettava la domanda attorea; in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, ordinava l’abbattimento del fabbricato della (OMISSIS) nella sola parte costruita nel 1981, ordinando altresi’ il rilascio del relativo suolo in favore del (OMISSIS); rigettava la richiesta di risarcimento danni, perche’ non provata.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la (OMISSIS).
Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), chiedendo il rigetto dell’appello.
A seguito del decesso di (OMISSIS), l’appellante chiamava in causa il suo unico figlio ed erede (OMISSIS), gia’ costituito quale erede del padre (OMISSIS).
Con sentenza in data 14-7-2009 la Corte di Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, confermando nel resto l’impugnata sentenza. La Corte territoriale rilevava che il confine tra le due proprieta’ era quello determinato dal piano di frazionamento del 28-3-1959 del geom. (OMISSIS), con il quale l’originaria particella 39 del foglio 4 del Comune di (OMISSIS) era stata frazionata nelle particelle 39a, da intestarsi a (OMISSIS), e 39b, di are due, da intestarsi a (OMISSIS) di (OMISSIS); frazionamento che doveva ritenersi implicitamente richiamato nell’atto del (OMISSIS), con il quale, a distanza di appena un mese, (OMISSIS) (dante causa dell’attrice) aveva alienato a (OMISSIS) la suddetta area di are due, identificata attraverso il riferimento ai dati catastali (particella 39b del foglio 4). Secondo il giudice del gravame, pertanto, il richiamo al piano di frazionamento del geom. (OMISSIS) escludeva il possibile riferimento alle planimetrie catastali, che costituiscono, ai sensi dell’articolo 950 c.c., comma 2, criterio sussidiario nella determinazione del confine; con la conseguenza che, dovendosi individuare il confine a filo della costruzione realizzata dalla (OMISSIS) nel 1962, la zona di terreno in contestazione apparteneva a (OMISSIS). La Corte di Appello, inoltre, riteneva non fornita dall’attrice la prova di un possesso ultraventennale, idoneo all’acquisto per usucapione dell’area in questione. Il giudice di appello, al contrario, in accoglimento del terzo motivo di impugnazione, riteneva inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto solo alla terza udienza del giudizio di primo grado, avendo l’attrice, all’udienza di precisazione delle conclusioni, eccepito la tardivita’ di tale domanda.
Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.
(OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), ha resistito con controricorso, con il quale ha altresi’ proposto ricorso incidentale, affidato a un unico motivo.
La ricorrente principale ha resistito al ricorso incidentale con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive ex articolo 378 c.p.c..
L’eccezione e’ infondata, non essendo stato il ricorso per cassazione preceduto da alcuna notifica della sentenza di appello, ed essendosi la (OMISSIS) avvalsa, per la proposizione dell’impugnazione, del termine lungo di cui all’articolo 327 c.p.c..
2) Del pari priva di fondamento e’ l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso principale formulata dal controricorrente nella memoria ex articolo 378 c.p.c., basata sul rilievo secondo cui tale atto non sarebbe stato notificato a (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS).
Come e’ stato gia’ affermato da questa Corte, la qualita’ ereditaria non vale ad attribuire ad una persona una doppia soggettivita’. L’erede succede nelle situazioni giuridiche del defunto, che a lui si trasmettono, e ne diviene centro d’imputazione giuridica, restando tuttavia un unico soggetto di diritti, onde comunque e’ rituale la notificazione a lui di una sola copia dell’atto d’impugnazione quando, essendo gia’ in causa in proprio, vi rimanga anche in qualita’ di erede di un’altra parte deceduta nelle more del giudizio (Cass. Sez. Un. 17-12-1998 n. 12625; Cass., 8-9-1995 n. 94711). Il principio e’ stato ritenuto valido, per identita’ di ratto, anche quando la persona sia convenuta in giudizio avendo gia’ acquisito la qualita’ ereditaria, perche’ unica resta la parte sostanziale chiamata nel processo, essendo quindi irrilevante il difetto di una indicazione espressa di tale qualita’ (Cass. 18-2-2000 n. 18204).
Analoghe considerazioni, ad avviso del Collegio, valgono nell’ipotesi in cui una medesima persona fisica cumuli in se’ la qualita’ di erede di piu’ soggetti, in quanto anche in tal caso l’erede, pur succedendo nelle situazioni giuridiche delle singole persone defunte che a lui si trasmettono e divenendone centro d’imputazione giuridica, rimane, sul piano sostanziale, un unico soggetto di diritti; con la conseguenza che deve ritenersi rituale la notificazione dell’atto d’impugnazione al medesimo effettuata in unica copia, o senza l’indicazione espressa della doppia qualita’ di erede.
Nella specie, pertanto, avendo (OMISSIS) cumulato in se’, sin dal giudizio di appello, la veste di erede di (OMISSIS) e (OMISSIS), non occorreva una duplice notifica del ricorso per cassazione, ne’ l’espressa menzione di tale qualita’.
3) Sempre in via preliminare si osserva che nella menzionata memoria ex articolo 378 c.p.c. il difensore del ricorrente incidentale ha dato atto dell’avvenuto decesso di (OMISSIS) in data (OMISSIS) (e, quindi, in epoca successiva alla notifica del ricorso per cassazione), ed ha chiesto, conseguentemente, dichiararsi l’interruzione del processo.
Tale istanza non puo’ essere accolta, atteso che nel giudizio di cassazione, che e’ dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsti dall’articolo 299 c.p.c. e segg. Ne consegue che, una volta instauratosi il giudizio con la notifica del ricorso, la morte del controricorrente non produce interruzione del processo (tra le tante v. Cass. 18-4-2002 n. 5626; Cass. 5-6-2003 n. 9024; Cass. 8-9-2003 n. 5626).
4) Nella stessa memoria il difensore del controricorrente ha invitato il consigliere relatore ad astenersi, essendo stato gia’ relatore in una precedente sentenza (n. 1186/2014) avente ad oggetto (per quella che viene definita dal controricorrente una incredibile coincidenza ) altra costruzione in (OMISSIS), che ha visto impegnato il medesimo difensore. Al riguardo, nella memoria si fa presente che tale sentenza, ritenibile lesiva dei diritti del ricorrente, nonche’ della professionalita’ dei difensori e’ stata impugnata presso la Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
La Corte rileva che l’impugnazione di una sentenza di cui, in un precedente giudizio – vertente tra parti diverse ed avente un oggetto diverso -, sia stato relatore un componente del Collegio, non integra a carico del medesimo alcuna delle ipotesi di astensione obbligatoria prevista dall’articolo 51 c.p.c.; ne’ il consigliere relatore ha ravvisato la sussistenza di eventuali gravi ragioni di convenienza per richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi.
5) Passando all’esame dei proposti ricorsi, si rileva che con il primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 950, 1346, 1350, 1362, 1366, 1470 e 1537. Deduce che nell’atto (OMISSIS) del (OMISSIS) non vi e’ alcun accenno al frazionamento del geom. (OMISSIS), ne’ si rinvengono altri elementi idonei a consentire l’esatta ubicazione della zonetta di terreno compravenduta, nell’ambito della maggiore consistenza della restante porzione del fondo della venditrice. Sostiene, pertanto, che il predetto frazionamento, non essendo stato controfirmato dalle parti ne’ allegato all’atto (OMISSIS) o nello stesso richiamato espressamente, non puo’ assumere valore negoziale ai fini della individuazione dell’immobile compravenduto.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che la Corte di Appello, nell’affermare che il preciso riferimento alla particella 39/b equivale ad un richiamo implicito del piano di frazionamento , ha omesso di esaminare i molteplici elementi probatori (posizionamento dei rispettivi fabbricati da parte di (OMISSIS) nel 1962 e di (OMISSIS) nel 1967; atto di J) compravendita per notaio (OMISSIS) del (OMISSIS); atto di donazione del (OMISSIS)) che portavano ad escludere che la volonta’ delle parti fosse quella di vincolarsi alle misure e quote riportate nel tipo di frazionamento (OMISSIS) e non gia’ a quanto risultante dalla mappa catastale e dallo stato dei luoghi. Fa presente che, ai sensi dell’articolo 1362 c.c., nel determinare la comune intenzione delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto; comportamento che, nella specie, alla stregua di tutte le risultanze processuali, conferma la volonta’ dei contraenti di ubicare la zonetta di terreno oggetto del trasferimento a m. 53 dallo spigolo del fabbricato identificato con il mappale 40, e non a m. 40, come erroneamente riportato nel tipo di frazionamento (OMISSIS).
Con il terzo motivo la (OMISSIS) si duole della violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1142, 1158, 2697 e 2727 c.c.. Sostiene che la Corte di Appello, nell’affermare che la circostanza secondo la quale la (OMISSIS) nel 1962 aveva fatto realizzare un battuto di cemento con relativa scalinata per accedere al lato posteriore al suo fabbricato, non era di per se’ idonea a dimostrare l’avvenuta usucapione, in quanto non bastevole a provare il requisito della continuita’ del possesso, non ha tenuto conto del fatto che, essendovi sia la dimostrazione di un possesso attuale che di quello in un tempo piu’ remoto, ai sensi dell’articolo 1142 c.c. sussiste la presunzione iuris tantum del possesso intermedio; con la conseguenza che era il convenuto a dover dimostrare che il possesso dell’attrice era mancato nel periodo intermedio.
Con il quarto motivo, infine, la ricorrente principale lamenta l’insufficiente motivazione in ordine all’affermazione secondo cui, anche a prescindere dal requisito della continuita’, il termine ventennale doveva considerarsi interrotto per effetto del ricorso proposto nel 1981 da (OMISSIS) dinanzi al Pretore di Cerreto Sannita. Deduce che il giudice del gravame non ha tenuto conto del fatto che il possesso della (OMISSIS) e della sua dante causa risaliva al (OMISSIS), per cui alla data di proposizione del ricorso da parte del (OMISSIS) era gia’ maturato il termine per l’usucapione.
6) Con l’unico motivo il ricorrente incidentale lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione, l’omesso esame circa un fatto decisivo e la violazione degli articoli 112 e 167 c.p.c., in relazione alla ritenuta inammissibilita’ della domanda riconvenzionale. Deduce che la Corte di Appello, nel ritenere tale domanda tardiva, non ha considerato che l’attrice aveva accettato il contraddittorio sulla stessa, come comprovato dal verbale di udienza del 28-4-1988 e dai successivi verbali di causa.
7) Il primo motivo di ricorso principale e’ infondato.
La Corte di Appello ha desunto gli elementi utili ai fini dell’individuazione del confine tra gli immobili delle parti dal rogito notarile del (OMISSIS), con il quale (OMISSIS), originaria proprietaria dell’intero fondo, alieno’ a (OMISSIS) la particella 39/b di are due, venuta ad esistenza a seguito del tipo di frazionamento catastale redatto dal geom. (OMISSIS) in data 28-3-1959; frazionamento che, benche’ non allegato all’atto di vendita del (OMISSIS), il giudice del gravame ha ritenuto che fosse stato richiamato implicitamente, ma in modo preciso e puntuale, dai contraenti.
A tali conclusioni la sentenza impugnata e’ pervenuta sulla base di una motivazione immune da vizi logici, che muove dal rilievo secondo cui la particella 39/b non esisteva prima della vendita del (OMISSIS), e fu creata proprio a seguito del predetto piano di frazionamento ed in ragione dell’alienazione de qua; il che ha indotto la Corte territoriale a ritenere, anche in considerazione del breve lasso di tempo intercorso tra l’avvenuto frazionamento e l’atto di compravendita al quale il medesimo era strumentale, che le parti, nel riportare nell’atto di compravendita la particella 39/b quale elemento di identificazione del bene immobile venduto, abbiano inteso effettuare la vendita sulla base del predetto piano, al quale, quindi, rimasero inequivocabilmente vincolate.
Cosi’ statuendo, la sentenza gravata non si e’ discostata dal principio enunciato dalla giurisprudenza, secondo cui il tipo di frazionamento, se espressamente richiamato nel titolo, concorre all’individuazione dell’immobile senza bisogno di particolari espressioni ne’ di apposita sottoscrizione; trattandosi di documento redatto proprio allo scopo di individuare una determinata area, e’ sufficiente il semplice richiamo che ad esso venga fatto nel titolo, per ritenere che le parti, anche senza sottoscrivere il documento ne’ indicare nel titolo la finalita’ del richiamo, abbiano inteso far riferimento a quel determinato bene (Cass. 7-2-2008 n. 2857; Cass. 26-1-1998 n. 711).
Il giudice di appello, infatti, ha interpretato il contratto di compravendita del (OMISSIS) e, fornendo una lettura plausibile e ragionevole degli accordi in esso racchiusi, ha maturato il convincimento secondo cui l’indicazione della particella 39/b, venuta ad esistenza solo a seguito del frazionamento del 28-3-1959, costituisse un inequivocabile riferimento a tale atto, ed equivalesse ad espresso richiamo dello stesso da parte di entrambi i contraenti.
La valutazione espressa al riguardo dalla Corte territoriale, essendo sorretta da una motivazione immune da vizi logici e giuridici, si sottrae al sindacato di questa Corte, in quanto, come e’ noto, in tema di interpretazione del contratto, l’accertamento della volonta’ degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Correttamente, pertanto, il giudice del gravame ha escluso la necessita’ di ricorrere, ai fini della determinazione della linea di confine, al criterio sussidiario e residuale delle mappe catastali, avendo proceduto a tale operazione sulla base di elementi desunti dal titolo negoziale intercorso tra la dante causa dell’attrice e il convenuto, di cui ha ritenuto che il tipo di frazionamento (OMISSIS) costituisse parte integrante.
Secondo l’orientamento di questa Corte, infatti, in tema di azione di regolamento di confini, per l’individuazione della linea di separazione fra fondi limitrofi la base primaria dell’indagine del giudice di merito e’ costituita dall’esame e dalla valutazione dei titoli d’acquisto delle rispettive proprieta’; solo la mancanza o l’insufficienza di indicazioni sul confine rilevabile dai titoli, ovvero la loro mancata produzione, giustifica il ricorso ad altri mezzi di prova, ivi comprese le risultanze delle mappe catastali (Cass. 9-10-2006 n. 21686; Cass. 15-11-2007 n, 23720; Cass. 6-5-2013 n. 10501).
8) Il secondo motivo difetta di specificita’ ed autosufficienza, non indicando gli atti processuali dai quali si dovrebbe desumere la prova del posizionamento dei rispettivi fabbricati ad opera delle parti nel 1962 e nel 1967, ne’ specificando se e quando sia stato prodotto in giudizio l’atto di compravendita del (OMISSIS) (che non risulta menzionato nella sentenza impugnata).
Quanto all’atto di donazione del 1972, inoltre, le censure mosse non si confrontano con le argomentazioni svolte dalla Corte di Appello, la quale ha ritenuto di nessun rilievo il tipo di frazionamento allegato a tale atto, trattandosi di frazionamento strumentale ad un atto di donazione avente un oggetto diverso, stipulato tra diverse parti e, soprattutto, successivo a quello del 1959, recepito di fatto nell’atto di vendita del (OMISSIS).
In ogni caso, le doglianze mosse, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, si risolvono in sostanziali censure di merito in ordine alla interpretazione della comune volonta’ delle parti, inammissibili in questa sede.
9) Il terzo e il quarto motivo del ricorso principale meritano, per la loro intima connessione, una trattazione congiunta.
La Corte di Appello ha disatteso la tesi dell’attrice dell’acquisto per usucapione della proprieta’ della zona in contestazione, rilevando in primo luogo che mancava la prova di un possesso continuato, essendo stato dimostrato solo il possesso esercitato dalla (OMISSIS) nel 1962 mediante la realizzazione di un battuto di cemento con relativa scalinata per accedere al lato posteriore del suo fabbricato. In ogni caso, secondo il giudice del gravame, anche a prescindere dal requisito della continuita’, il termine ventennale di usucapione doveva ritenersi interrotto in virtu’ di un ricorso proposto nel maggio del 1981 da (OMISSIS) dinanzi al Pretore di Cerreto Sannita, con il quale era stata chiesta la condanna della (OMISSIS) all’abbattimento delle opere costruite ed alla restituzione del suolo occupato.
La decisione impugnata, pertanto, si fonda, sul punto, su due argomentazioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico.
Secondo un principio affermato dalla giurisprudenza, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su piu’ ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, e’ necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinche’ si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che e’ sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perche’ il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (v. per tutte Cass. S.U. 8-8-2005 n. 16602).
Nella specie, il quarto motivo di ricorso, avente ad oggetto la seconda ratio decidendi, non e’ meritevole di accoglimento.
Le deduzioni svolte, infatti, si risolvono in mere censure di merito in ordine alla data di inizio del possesso ad usucapianem, che la Corte di Appello ha indicato nel 1962 e che il ricorrente, invocando una rilettura delle emergenze processuali, non consentita in sede di legittimita’, intenderebbe, invece, far risalire al 1959. Il tutto, oltretutto, senza tener conto di quanto specificamente affermato a pag. 13 della sentenza impugnata, in cui si e’ dato atto della genericita’ e conseguente inammissibilita’ del capitolo a) della prova dedotta dall’attrice, diretta a dimostrare la diversa epoca d’inizio del possesso.
Il rigetto del motivo in esame comporta, alla luce dei principi di diritto innanzi richiamati, l’inammissibilita’ del terzo motivo di ricorso, avente ad oggetto la prima delle argomentazioni poste a base della pronuncia di rigetto della domanda di usucapione.
10) Il ricorso incidentale e’ inammissibile, non contenendo una sufficiente esposizione dei fatti di causa, necessaria anche per il ricorso incidentale (SU. 13-2-1998 n. 1513).
Come e’ stato precisato da questa Corte, per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di Cassazione, nei limiti del giudizio di legittimita’, una valutazione giuridica diversa da quella, asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito (Cass. Sez. Un. 4-8-2010 n. 18049; Cass. 30-5-2007 n. 12688; Cass. 4-4-2006 n. 7825).
Nella specie, il ricorso incidentale non contiene un’esauriente esposizione della vicenda processuale, non evincendosi dalla sua lettura sufficienti indicazioni riguardo al contenuto della domanda principale e riconvenzionale, alle statuizioni adottate dal giudice di primo grado, ai motivi di gravame, alle ragioni poste a base della decisione di appello.
11) Per le ragioni esposte il ricorso principale deve essere rigettato, mentre quello incidentale deve essere dichiarato inammissibile.
Segue, in ragione della reciproca soccombenza delle parti, la totale compensazione delle spese dalle stesse sostenute nel presente grado di giudizio.
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