Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 12 ottobre 2012, n. 17472
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio 2012 dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 224/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/05/2012 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS), proprietario di immobili siti in (OMISSIS), conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Venezia, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari di fondi confinanti, per sentirli condannare all’arretramento, fra l’altro e per quel che ancora rileva in questa sede di legittimita’, di due manufatti, l’uno adibito a dispensa, lavanderia e cucina, l’altro a garage, in quanto costruiti a distanza inferiore a 5 metri dal confine e 10 dal fabbricato di sua proprieta’, in violazione degli articoli 869, 872 e 873 c.c. e dell’articolo 13, lettera c) e d) delle N.T.A. (norme tecniche d’attuazione) del piano regolatore di (OMISSIS).
I convenuti nel resistere in giudizio proponevano domanda riconvenzionale di condanna dell’attore all’arretramento di un’autorimessa realizzata in corrispondenza del confine sud-est della loro proprieta’.
Il Tribunale rigettava entrambe le domande, sul presupposto che la violazione delle distanze delle costruzioni dal confine, prescritte da norme degli strumenti urbanistici, potesse comportare la tutela in forma specifica solo se le distanze stesse risultassero stabilite in maniera assoluta ed inderogabile.
Tale decisione, gravata in via principale dall’attore, e in via incidentale dai convenuti, era riformata dalla Corte d’appello di Venezia, che con sentenza n. 224/10 condannava (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) all’arretramento dei due manufatti innanzi menzionati e alle spese dei due gradi di merito.
Ritenute integrative del c.c. le disposizioni regolamentari relative alla determinazione della distanza tra fabbricati in rapporto all’altezza, fissando con qualsiasi criterio o modalita’ la misura dello spazio da osservare tra le costruzioni, la Corte lagunare osservava che la deroga stabilita dal regolamento locale, che consentiva la costruzione sul confine, era limitata a tale tassativa ipotesi, lasciando intatta, invece, la prescrizione della distanza di 5 metri dal confine con la proprieta’ vicina.
Pertanto, avendo accertato il c.t.u. che i manufatti dei convenuti distavano dal confine con la proprieta’ dell’attore m. 2,90 e m. 3,42, la domanda di quest’ultimo doveva ritenersi senz’altro fondata. Cio’ posto, non era accoglibile l’eccezione, sollevata dai convenuti, di usucapione del diritto a mantenere a distanza non legale quanto meno il locale adibito a dispensa/lavanderia, atteso che da un lato essi non avevano fornito alcuna prova al riguardo, e dall’altro che il c.t.u. aveva potuto accertare che tale edificazione era avvenuta soltanto di recente, negli anni 1992-1993.
Quanto all’impugnazione incidentale, rilevava che dalla consulenza tecnica era emerso che il box auto di proprieta’ attorea era stato realizzato a ridosso del muro di confine lato est, per cui atteso che l’articolo 13 delle N.T.A. del piano regolatore del comune di (OMISSIS) consentiva nella zona B1, in cui si trovavano gli immobili in questione, la costruzione “in accomunamento, aderenza o su confine”, tale manufatto doveva ritenersi legittimo, in quanto la deroga doveva ritenersi valevole sia per la distanza dal confine che per quella tra fabbricati.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono con tre motivi d’annullamento (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Resiste con controricorso (OMISSIS).
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo i ricorrenti deducono la legittimita’ sopravvenuta della situazione di fatto oggetto della pronuncia impugnata, in base alle nuove disposizioni regolamentari in materia.
Richiamato l’indirizzo di Cass. n. 7207/03, secondo cui, raggiunte nuove disposizioni di legge dopo la pubblicazione della sentenza impugnata e prima della notificazione del ricorso per cassazione, si determina un’ingiustizia oggettiva della decisione, che legittima l’annullamento della sentenza quando tale mutamento sia specificamente dedotto come motivo d’impugnazione e attenga a questioni gia’ dibattute nelle fasi di merito e la cui soluzione non sia preclusa dal giudicato; e premesso che la Corte d’appello ha applicato l’articolo 13 delle norme generali delle zone omogenee residenziali B, in cui ricadono gli immobili oggetto di causa; tutto cio’ premesso, parte ricorrente osserva che per effetto dell’entrata in vigore della variante al piano regolatore generale del 18.1.2010, in coordinamento con quanto previsto dal regolamento edilizio approvato con Delib. consiglio comunale di (OMISSIS) 10 dicembre 2008, n. 172 entrato in vigore il 30.1.2009, ed in particolare in base all’articolo 87.13 delle nuove N.T.A., la distanza minima dai confini e’ fissata in 5 m. fatti salvi gli ampliamenti per adeguamenti tecnologici e/o gli ampliamenti per le parti di parete non finestrata che possono mantenere i distacchi del codice civile, e dunque m. 1,5 dal confine e m. 3 dai fabbricati. Precisa, quindi, che il manufatto adibito a dispensa, lavanderia e cucina, ha mutato nel tempo l’originaria sua destinazione, per consentire l’adeguamento dell’edificio principale, avente destinazione alberghiera, alle nuove disposizioni di sicurezza e prevenzione incendi, di guisa che esso rientra nella nozione di volume tecnico; e conclude nel senso che entrambi i manufatti di proprieta’ ricorrente, essendo incontestatamente a distanza di m. 2,90 dal confine, devono ritenersi legittimi.
1.1. – Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha avuto modo di affermare, di recente, che in tema di distanze legali tra fabbricati, integra la nozione di “volume tecnico”, non computabile nella volumetria della costruzione, solo l’opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanta destinata a contenere impianti serventi – quali quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore – di una costruzione principale per esigenze tecnico funzionali dell’abitazione e che non possono essere ubicati nella stessa (Cass. n. 2566/11).
1.1.1. – Nella specie, entrambi i locali di proprieta’ ricorrente, ossia tanto quello adibito a “dispensa, lavanderia e cucina”, quanto il garage, cosi’ come accertati e qualificati nella sentenza impugnata, non possono ricondursi alla nozione di volumi tecnici o comunque accessori ai sensi dell’articolo 53 delle N.T.A. del P.R.G., essendo ad essi estranea una funzione puramente tecnologica e di servizio.
L’asserito mutamento di destinazione del locale “dispensa, lavanderia e cucina”, non risulta, invece, accertato dalla sentenza impugnata, ne’ puo’ essere dedotto in questa sede, essendo preclusa ogni indagine di fatto. Non senza considerare che resta esclusa la localizzazione dei ridetti manufatti nella sottozona D3.4 cui si riferisce l’articolo 87.13 invocato dai ricorrenti, atteso che il c.t.u. ha localizzato i vani in questione, invece, in zona B1, come risulta motivazione della sentenza impugnata, in parte qua non aggredita da alcuna censura.
2. – Con il secondo motivo parte ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e/o il vizio di motivazione della sentenza. Sostiene, al riguardo, che l’articolo 13 delle N.T.A. del piano regolatore del comune di (OMISSIS), applicato dalla Corte d’appello, era vigente all’epoca dell’instaurazione del giudizio, ma non anche al momento dell’edificazione, risalente al 1976, allorche’ era applicabile solo l’articolo 873 c.c.. Cio’ premesso, lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto non provata tale circostanza di fatto, attribuendo prevalenza all’accertamento del c.t.u. e senza dare ingresso alle prove testimoniali dedotte al fine di dimostrare l’epoca di edificazione del manufatto dispensa, lavanderia e cucina.
Parte ricorrente contesta, inoltre, la sentenza impugnata anche perche’ non ha motivato in ordine alla legittimita’ del garage di proprieta’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che sebbene realizzato negli anni 90 era stato costruito “in sintonia” con quello antistante di (OMISSIS). Il posizionamento del garage di quest’ultimo a ridosso della linea di confine, ma non sulla linea di confine, come risulta confermato dal c.t.u., ha necessariamente condizionato la collocazione di quello degli odierni ricorrenti, i quali si sono trovati nella necessita’ di evitare intercapedini pericolose, data la presenza lungo la linea di confine di un muro di recinzione, che ostava alla costruzione del garage in aderenza o in accomunamento. Nonostante le argomentazioni difensive svolte al riguardo, la sentenza impugnata nulla motiva in merito, limitandosi ad affermare che il garage degli odierni ricorrenti si trova a distanza inferiore a 5 metri dal confine e che, pertanto, e’ illegittimamente posizionato.
2.1. – Il motivo e’ infondato in ordine alla prima, e inammissibile quanto alla seconda censura.
2.1.1. – Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova puo’ essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 5377/11, 4369/09,11457/07 e 3075/06).
Nella specie, la sentenza impugnata ha accertato, sulla base della relazione del c.t.u., che la costruzione del locale adibito a lavanderia, dispensa e cucina risale agli anni 1992-1993. Tale accertamento non puo’ ritenersi certamente confutabile mediante un ipotetico esito positivo della prova testimoniale dedotta dalla parte odierna ricorrente, a conferma dell’epoca, anteriore alla pubblicazione delle N.T.A. del P.R.G., cui risalirebbero taluni rilievi fotografici aventi ad oggetto persone, piu’ che luoghi (v. pagg. 19 e 20 del ricorso), in ordine ai quali nulla di preciso e’ possibile trarre dal capitolato.
2.1.2. – In ordine alla seconda censura del motivo, giova ricordare che il vizio di motivazione, denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, puo’ concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche, giacche’ – ove il giudice del merito abbia correttamente deciso le questioni di diritto sottoposte al suo esame, sia pure senza fornire alcuna motivazione o fornendo una motivazione inadeguata, illogica o contraddittoria – la Corte di Cassazione, nell’esercizio del potere correttivo attribuitole dall’articolo 384 c.p.c., comma 2, deve limitarsi a sostituire, integrare o emendare la motivazione della sentenza impugnata (Cass. S.U. n. 28054/08).
Nello specifico, parte ricorrente riferisce il dedotto vizio motivazionale non ad un fatto controverso e decisivo, ma ad un giudizio avente ad oggetto la legittimita’ o meno del posizionamento del garage degli odierni ricorrenti rispetto a quello antistante di proprieta’ di (OMISSIS), giudizio che in quanto tale riguarda l’applicazione delle N.T.A. del P.R.G. sulla base di un accertamento di fatto, relativo all’ubicazione dei rispettivi manufatti delle parti, che in realta’ non e’ controverso.
3. – Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e/o vizio di motivazione in ordine alla domanda riconvenzionale di arretramento del box auto di (OMISSIS), e cio’ sotto due profili.
In ordine al primo, parte ricorrente deduce che la sentenza impugnata, da un lato (a pag. 8), richiamando la relazione del c.t.u., ha accertato che detto immobile “e’ stato realizzato a ridosso della muretta di confine lato est proprieta’ (vale a dire: dello stesso (OMISSIS)) in mezzeria della quale e’ stato materializzato il confine con rete metallica”, e dall’altro (a pag. 9), ha concluso che “il manufatto in questione e’ stato eretto proprio a confine tra le due proprieta’”. Ma la costruzione a ridosso del confine non equivale a costruzione sul confine, sicche’ la motivazione della sentenza impugnata si appalesa sul punto contraddittoria.
Quanto al secondo aspetto, sostiene parte ricorrente che la Corte veneziana, partendo dall’errato presupposto che il box auto dell’attore debba considerarsi eretto sul confine, afferma che la deroga alle norme sulle distanze dai confini implica necessariamente anche una deroga alle norme sulla distanza tra fabbricati. Cio’ non e’, in quanto il manufatto in questione, non essendo sul confine, resta soggetto alle N.T.A. che prescrivono una distanza minima tra i fabbricati di m. 10.
3.1. – Il motivo e’ fondato.
In tema di distanze nelle costruzioni, qualora gli strumenti urbanistici stabiliscano determinate distanze dal confine e nulla aggiungano sulla possibilita’ di costruire “in aderenza” od “in appoggio”, la preclusione di dette facolta’ non consente l’operativita’ del principio della prevenzione; nel caso in cui, invece, tali facolta’ siano previste, si versa in ipotesi del tutto analoga a quella disciplinata dall’articolo 873 c.c. e segg., con la conseguenza che e’ consentito al preveniente costruire sul confine, ponendo il vicino, che intenda a sua volta edificare, nell’alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza (eventualmente esercitando le opzioni previste dall’articolo 875 c.c. e articolo 877 c.c., comma 2), ovvero di arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dallo strumento urbanistico (Cass. nn. 8465/10, 11899/02, 13286/00 e 12103/98). Di qui la funzione e la rilevanza della deroga, diretta a consentire l’esercizio delle predette facolta’ che, diversamente, sarebbero precluse dalla regola ordinaria sulle distanze dal confine e tra fabbricati.
3.1.1 – Nella specie, la sentenza impugnata ha accertato che il box auto di proprieta’ di (OMISSIS), e’ ubicato, al pari degli altri immobili in questione, in zona B1 del P.R.G., ove e’ consentita la costruzione “in accomunamento, aderenza o su confine”, e che tale costruzione risulta eretta “a ridosso della muretta di confine lato est proprieta’ (vale a dire: dello stesso (OMISSIS)) in mezzeria della quale e’ stato materializzato il confine con rete metallica”. E da tale accertamento la Corte territoriale ha desunto che detto manufatto sarebbe legittimo in quanto realizzato “proprio a confine tra le due proprieta’”.
Tale conclusione e’ intrinsecamente contraddittoria, perche’ ammette due costruzioni sul confine dal medesimo lato, l’ima a ridosso dell’altra. Se, infatti, il garage dell’attore e’ stato realizzato a ridosso del muro di confine, significa che solo quest’ultimo e’ sul confine (o meglio, a cavallo del confine, come si desume dal fatto che quest’ultimo e’ stata accertato in corrispondenza della mezzeria del muro), e dunque non puo’ trovarsi su di esso anche il garage, il quale necessariamente ne rimane distaccato. Da cio’ consegue che detto immobile soggiace alla regola ordinaria dettata dalle medesime N.T.A. del P.R.G. per la distanza minima dal confine e tra fabbricati, esclusa la deroga falsamente applicata dalla Corte territoriale.
4. – S’impone, dunque, la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al predetto motivo, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvedere anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, respinti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvedera’ anche sulle spese di cassazione.
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