Reato di truffa per il primario che svolge attività libero professionale durante l’orario di servizio.

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 9 febbraio 2017, n. 6280

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DAVIGO Piercamill – Presidente

Dott. VERGA G. – rel. Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AZIENDA SANITARIA ASL (OMISSIS);

nei confronti di:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 26/10/2015 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di IVREA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNA VERGA;

sentite le conclusioni del PG MARILIA DI NARDO che ha chiesto l’annullamento con rinvio;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS) sost. prcess. Dell’Avv. (OMISSIS) per la p. civile ricorrente Azienda Sanitaria ASL (OMISSIS) che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento;

Udito il difensore Avv. (Ndr: testo originale non comprensibile) per (OMISSIS) che conclude per il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 26.10.2015 il Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Ivrea, all’esito dell’udienza preliminare, dichiarava non luogo a procedere nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato di truffa aggravata in relazione ai nri. 1 e 2 dell’imputazione perche’ il fatto non costituisce reato.

Riteneva il giudicante che dal punto di vista oggettivo risultava integrata la fattispecie contestata ma che dagli atti risultava evidente l’assenza del dolo perche’ con riguardo alla contestazione di cui al n.ro 1 la parte offesa ASL era a conoscenza del fatto che il ricorrente, primario del reparto di otorinolaringoiatra, svolgeva attivita’ libero professionale durante l’orario di servizio e che lo stesso imputato era ben conscio che l’azienda aveva consapevolezza di cio’. Riteneva pertanto che la mancata timbratura dell’uscita nel momento nel quale il prevenuto si allontanava dall’ospedale per recarsi presso il centro (OMISSIS) non era sorretta dalla coscienza e volonta’ di indurre in errore l’azienda ospedaliera atteso che l’imputato sapeva che la sua mancanza all’interno dell’ospedale era stata segnalata dalle prenotazioni comunicate alla stessa ASL.

Analoghe considerazioni venivano svolte con riferimento alla condotta contestata al punto 2. La presenza del prevenuto presso centri commerciali, o carrozzeria auto, censurabile dal punto di vista del rapporto di lavoro, costituiva pero’ condotta non sorretta dal dolo tenuto conto della sporadicita’ degli episodi.

Ricorre per Cassazione la parte offesa ASL costituitasi parte civile rilevando che il giudice dell’udienza preliminare non aveva rispettato la propria funzione di filtro che impone il compimento solo di un giudizio prognostico di natura processuale e non di merito. Secondo il ricorrente il giudice di Ivrea non avrebbe dovuto ne’ potuto pronunciare la sentenza di proscioglimento in quanto le fonti di prova a carico dell’imputato si prestavano a soluzioni alternative o aperte o comunque potevano essere diversamente rivalutate. Evidenzia anche una mancanza di motivazione del giudizio prognostico di superfluita’ del dibattimento essendosi limitato il giudicante a fornire una valutazione dell’operato dell’imputato nei termini tipici del giudizio di merito. Rileva anche una contraddittorieta’ della motivazione perche’ risulta assai difficile ritenere che il prevenuto non fosse assolutamente consapevole del fatto che allontanandosi dal luogo di lavoro senza segnalare l’uscita dal servizio avrebbe indotto in errore l’ente pubblico circa la sua presenza in ospedale. Cosi’ come appariva difficile supporre che il ricorrente che aveva la qualifica di dirigente non si fosse rappresentato l’automatico riconoscimento della corrispondente retribuzione per ore lavorative mai effettuate. Veniva altresi’ evidenziato che se si ritenesse che l’azienda fosse a conoscenza della condotta illecita del primario non era ragionevole da parte dell’azienda la puntuale corresponsione della retribuzione sulla scorta di ore lavorative mai effettuate. Secondo l’azienda ricorrente l’imputato avrebbe profittato della mancanza di controlli e del mancato coordinamento tra i diversi uffici ottenendo cosi’ una retribuzione non dovuta ed irrogata sulla scorta della rilevazione automatica. Situazione consentita dalla totale assenza di controlli, dalla mancata trasmissione di report giornalieri e dalle asimmetrie informative tra i diversi uffici. Veniva altresi’ evidenziato che tutti i temi affrontati in sentenza erano suscettibili di diversa valutazione da parte del giudice del dibattimento mediante l’escussione dei testi specificamente indicati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato.

Prima di affrontare le ragioni poste a fondamento dell’impugnazione proposta e’ necessario svolgere alcune considerazioni sulla natura e sull’inquadramento sistematico della sentenza di non luogo a procedere pronunziata all’esito dell’udienza preliminare.

Pur di fronte ad un profondo mutamento della struttura e della disciplina dell’udienza preliminare (soprattutto con l’ampliamento dei poteri istruttori del giudice a seguito della L. 16 dicembre 1999, n. 479, articolo 23, comma 1, che modifica l’articolo 425 c.p.p.), deve pero’ affermarsi che non muta sostanzialmente la regola di giudizio finale dell’udienza preliminare. La sentenza di non luogo a procedere deve ancora essere pronunziata in presenza dei medesimi presupposti previsti dopo l’entrata in vigore della L. n. 105 del 1993.

In altre parole anche all’esito delle modificazioni portate dalla Legge Carotti l’udienza preliminare non ha subito una modifica della sua originaria natura che era e resta di natura processuale e non di merito. Se e’ vero infatti che le modifiche portate dalla legge citata hanno conferito all’udienza preliminare aspetti piu’ significativi relativi al merito dell’azione penale – in particolare per l’ampliamento dei poteri officiosi relativi alla prova (il vecchio testo della rubrica dell’articolo 422 c.p.p., parlava di sommarie informazioni, adesso si parla di integrazione probatoria), e’ altrettanto vero che identico e’ rimasto lo scopo cui l’udienza preliminare e’ preordinata: evitare i dibattimenti inutili, non accertare se l’imputato e’ colpevole o innocente.

Non e’ sicuramente irrilevante se, all’udienza preliminare, emergono elementi di prova che, in dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all’assoluzione dell’imputato ma il proscioglimento deve essere, dal giudice dell’udienza preliminare, pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova gia’ acquisiti.

In sintesi il quadro probatorio e valutativo delineatosi all’udienza preliminare deve essere con un giudizio di ragionevolezza ritenuto immutabile.

Si puo’ affermare che il giudice dell’udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere solo in quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilita’ che il dibattimento possa pervenire ad una diversa soluzione, in altre parole ancora quando il dibattimento appare superfluo.

Non contrasta con questa interpretazione il tenore dell’articolo 425 c.p.p., comma 3, che prevede la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere. “anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”.

Nella norma – che riecheggia la regola di giudizio prevista dall’articolo 530 c.p.p. – si trova infatti conferma di quanto indicato. Il parametro ancora una volta non e’ l’innocenza dell’imputato, ma l’impossibilita’ di sostenere l’accusa in giudizio. L’insufficienza e la contraddittorieta’ degli elementi devono quindi avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio.

La situazione non deve poter essere considerata suscettibile di chiarimenti o sviluppi nel giudizio. Questo giudizio prognostico vale sia per l’ipotesi dell’insufficienza che per quella della contraddittorieta’. Entrambe queste caratteristiche legittimano la pronunzia di una sentenza di non luogo a procedere solo se non appariranno superabili nel giudizio.

In conclusione, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio, per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non e’ consentita quando l’insufficienza o contraddittorieta’ degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento.

Si puo’ affermare in aderenza anche a quanto affermato in dottrina che “sfuggono all’epilogo risolutivo i casi nei quali, pur rilevando incertezze, la parziale consistenza del panorama d’accusa e’ suscettibile di essere migliorata al dibattimento”. Correttamente quindi deve essere escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui tali fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte.

Quello indicato e’ del resto l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte che, dopo la riforma del 1999, ha ribadito i principi indicati (si vedano fra le tante: Cass. N. 47169 del 2007 Rv. 238251, N. 33921 del 2012 Rv. 253127, N. 39401 del 2013 Rv. 256848, N. 48831 del 2013 Rv. 257645, N. 41162 del 2014 Rv. 262109, N. 15942 del 2016 Rv. 266443 n. 32574 del 2016) del resto, in precedenza, fatti propri anche dalla Corte costituzionale (v. sentenza 15.03.1996 n. 71 che cosi’ si esprime su questo punto: “l’apprezzamento del merito che il giudice e’ chiamato a compiere all’esito della udienza preliminare non si sviluppa, infatti, secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o di innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare se, nel caso di specie, risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento: la sentenza di non luogo a procedere, dunque, era e resta, anche dopo le modifiche subite dall’articolo 425 c.p.p., una sentenza di tipo “processuale”, destinata null’altro che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal Pubblico Ministero”).

L’esame della sentenza impugnata dimostra che il giudice di merito non si e’ attenuto ai principi indicati.

La regola di giudizio utilizzata e’ stata quella del dibattimento e non quella dell’udienza preliminare. E non si tratta solo di una questione formale ma di un errore di impostazione logico giuridica reso evidente dalla circostanza che il provvedimento impugnato pur partendo dal presupposto che dal punto di vista oggettivo la truffa risultava integrata, cosi’ come contestata, avendo la ASL pagato prestazioni non dovute, ha affermato l’assenza dell’elemento soggettivo sul presupposto, con riguardo alla contestazione di cui al n. 1, che le prenotazioni effettuate extramoenia erano comunicate alla azienda sanitaria che quindi avrebbe dovuto sapere che l’imputato svolgeva attivita’ libero professionale durante l’orario di lavoro con la conseguenza che la mancata timbratura dell’uscita nel momento in cui il prevenuto si allontanava dall’ospedale per recarsi presso il centro (OMISSIS) non era sorretto dalla coscienza e volonta’ di indurre in errore l’azienda ospedaliera nel provvedere ai pagamenti aggiungendo che tale interpretazione era avvalorata dal fatto che l’imputato vantava un monte ore eccedenti l’orario di lavoro accumulato negli anni e, con riguardo al n. 2, sul presupposto della sporadicita’ degli episodi rilevati nel corso dei servizi di appostamento a fronte del monte ore in eccesso.

Non puo’ cosi’ rilevarsi come lo stesso lessico utilizzato dal giudice dell’udienza preliminare dimostra l’erroneita’ dell’approccio alla soluzione adottata nella sentenza impugnata che non tiene conto degli ulteriori elementi a disposizione evidenziati nel ricorso della parte civile, quali:la totale assenza di controlli, la mancata trasmissione di report giornalieri e le asimmetrie informative tra i diversi uffici, un diverso conteggio delle ore in eccedenza, il comportamento del prevenuto in sede disciplinare, elementi che potevano essere oggetto di un approfondimento dibattimentale anche attraverso l’esame dei numerosi testi ed erano in grado di incidere sull’accertamento dell’elemento soggettivo del reato.

Non pare, dunque, che il “risultato di prova” complessivo possa considerarsi tale da non legittimare un giudizio di cognizione, considerato che la prospettazione accusatoria puo’ trovare dall’istruttoria e dal contraddittorio dibattimentale ragionevole sostegno con riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo.

Consegue alle considerazioni svolte l’annullamento della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Ivrea per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Ivrea per l’ulteriore corso

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