Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 9 febbraio 2017, n. 6265

Il profitto dei delitti contro il patrimonio può concretarsi in ogni utilità, anche solo morale, ed in ogni soddisfazione o godimento che l’agente ritenga di poter conseguire, anche in via mediata, dalla propria azione. Evidentemente, poiché il diritto penale sanziona tipiche modalità di lesione del bene giuridico, nel caso della rapina sarà necessaria la prova dell’avvenuto impossessamento della cosa mobile altrui con violenza o minaccia, mediante sottrazione ai danni del detentore

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 9 febbraio 2017, n. 6265

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DAVIGO Piercamill – Presidente

Dott. VERGA G. – rel. Consigliere

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 19/11/2015 della CORTE APPELLO di CATANZARO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/11/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIOVANNA VERGA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. MARILIA DI NARDO che ha concluso per l’inammissibilita’;

Udito il difensore avv. (OMISSIS), che si riporta ai motivi e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

Ricorre per cassazione personalmente (OMISSIS) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che in data 19.11.2015, ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale che il 13.1.2015, all’esito del giudizio abbreviato, lo ha condannato per i reati di rapina semplice, lesioni, esclusa l’aggravante dello sfregio permanente, tentata violenza privata e ingiuria.

Deduce il ricorrente:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilita’ per il delitto di rapina per mancanza dell’elemento soggettivo. Rileva che tra i due vi era un rapporto sentimentale e che la causa della lite che ha portato ai fatti in argomento era da rinvenirsi in una “giusta gelosia”.

Lo scopo dell’impossessamento del cellulare era quello di impedire alla donna di ricevere telefonate dai clienti corteggiatori e dunque di impedire che la stessa si prostituisse. Ribadiva che i pochi spiccioli rinvenuti gli erano stati dati dalla persona offesa per acquistare del vino

2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilita’ per il delitto di lesioni. Sostiene che le minime lesioni prodotte non hanno determinato nella persona offesa alcuna alterazione del viso ne’ tanto meno alcuna sfigurazione estetica considerato che l’aspetto in zona nasale un po’ schiacciato era gia’ sussistente. Sostiene anche che non puo’ essere considerata arma un mestolo da cucina.

3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilita’ per il delitto di tentata violenza e minaccia per assenza di violenza e minaccia nel comportamento tenuto considerato che la donna e’ immediatamente uscita di casa.

4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p. quali l’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale e l’avere agito in stato determinato dalla provocazione di un fatto ingiusto e dal comportamento altrui, considerato l’intento nobile di non far prostituire la donna.

5. lamenta la mancata irrogazione della pena nei minimi edittali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Deve preliminarmente rilevarsi che il reato di ingiuria di cui al capo c) e’ stato depenalizzato con il Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 con la conseguenza che la sentenza impugnata limitatamente a detto reato deve essere annullata senza rinvio perche’ il fatto non e’ piu’ previsto dalla legge come reato.

Con il primo e il quarto motivo di ricorso (OMISSIS) ha riproposto le tesi difensive gia’ sostenute in sede di merito e disattese dal Tribunale prima e dalla Corte d’appello poi.

Al riguardo giova ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte e’ stato enunciato, e piu’ volte ribadito, il condivisibile principio di diritto secondo cui “e’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni gia’ discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificita’ del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericita’, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ conducente, a mente dell’articolo 591, comma 1, lettera c), all’inammissibilita’” (in termini, Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000 Ud. – dep. 03/05/2000 – Rv. 216473; CONF: Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708)

E deve inoltre evidenziarsi che il primo giudice aveva affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualita’ dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi piu’ significativi dell’iter argomentativo seguito dal primo giudice e di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell’appellante: e’ principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione (“ex plurimis”, Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 Ud. – dep. 23/04/1994 – Rv. 197497).

Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti la sussistenza del reato di rapina il cui profitto puo’ concretarsi in ogni utilita’, anche solo morale, nonche’ in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purche’ questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene. (in termini Cass N. 12800 del 2009 Rv. 243953, N. 49265 del 2012 Rv. 253848; n. 11467 del 2015) e del reato di tentata violenza privata essendo indubbio che le minacce erano dirette a limitare la capacita’ di autodeterminazione della donna in ordine alla denuncia di quanto accadutale.

Cosi’ come e’ stato dato atto della non concedibilita’ della circostanza attenuante di avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale, per la cui sussistenza non e’ sufficiente la convinzione dell’agente di perseguire un fine moralmente apprezzabile, ma e’ necessaria l’obiettiva rispondenza del motivo a valori effettivamente apprezzabili dal punto di vista etico, che siano riconosciuti come preminenti dalla coscienza della collettivita’ e che nulla abbiano in comune, con il movente egoistico dell’autore del reato e dell’attenuante della provocazione che richiede lo “stato d’ira, il “fatto ingiusto altrui”,che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarieta’ a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettivita’ in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilita’ personale e un rapporto di causalita’ psicologica e non di mera occasionalita’ tra l’offesa e la reazione, situazione che non si e’ verificata nel caso in esame.

Con riguardo al secondo motivo di ricorso deve rilevarsi che l’esistenza delle lesioni e’ accertata dal referto medico indicato nello stesso capo di imputazione che attesta trauma cranio facciale con vasta ferita e perdita di sostanza in regione fronto-nasale.

Frattura delle ossa proprie del naso. Ferito lacero contusa terzo dito mano destra con prognosi di 20 gg. Vi e’ invece omessa motivazione con riguardo alla doglianza dell’aggravante dell’uso dell’arma non esclusa dal primo giudice e oggetto di motivo d’appello. L’imputato aveva infatti censurato che un mestolo da cucina potesse ritenersi arma impropria. La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro in relazione alla ritenuta sussistenza di detta aggravante ed in ordine alla determinazione della pena.

Il motivo sub 5 relativo all’entita’ della pena risulta assorbito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di ingiuria perche’ il fatto non e’ piu’ previsto dalla legge come reato e con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 585 c.p. e alla determinazione della pena; dichiara inammissibile il ricorso nel resto

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