Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 16 settembre 2016, n. 38664

Il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (articolo 474 del Codice penale) è ravvisabile anche solo con l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione con riferimento non solo al momento dell’acquisto, ma anche alla successiva utilizzazione. Ciò è motivato dal fatto che ai fini della configurabilità del reato di commercio di prodotti con segni falsi è sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione, a nulla rilevando che il marchio, se notorio, risulti o meno registrato. Infatti, basta l’illiceità della condotta

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 16 settembre 2016, n. 38664

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUMU Giacomo – Presidente
Dott. TADDEI Margherita – Consigliere
Dott. IMPERIALI Luciano – rel. Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4776/2015 della Corte d’appello di Napoli il 4/6/2015;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del Consigliere Dott. Lucia Aielli;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Tocci Stefano, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) che riportandosi ai motivi ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

PREMESSO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 4/6/2015 la Corte d’Appello di Napoli in riforma della sentenza di primo grado del giudice monocratico del Tribunale di Napoli del 5/6/2009, dichiarava estinti per prescrizione i reati di cui ai capi a) e b) dell’originaria imputazione (articoli 474 e 517 c.p.), rideterminando la pena per il residuo delitto di ricettazione di cui al capo c), in mesi sei di reclusione ed Euro 200,00 di multa.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS) per mezzo del suo difensore il quale eccepisce la violazione di legge processuale e la omessa o contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta falsita’ del prodotto oleario sequestrato, basata solo sulle dichiarazioni della P.G., piuttosto che su accertamenti peritali, posto che quelli in atti afferivano ad altro procedimento; deduce inoltre che la Corte di merito pur avendo ritenuto, sulla base delle dichiarazioni degli operanti, delle caratteristiche delle etichette e del prezzo di mercato del prodotto, che il falso era grossolano, avrebbe dovuto procedere all’assoluzione dell’imputato per il reato di cui all’articolo 474 c.p. e, conseguentemente, anche all’assoluzione dal reato di ricettazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile in quanto generico ed aspecifico.
2. La mancanza di specificita’ del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la genericita’ come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata con quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ conducente a mente dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’ (Sez. 4 256/1997, rv. 21057; Sez. 2 11951/2014 rv. 259425).
3. Nel caso di specie i motivi proposti si risolvono nella ripetizione di quelli gia’ dedotti in appello motivatamente esaminati e disattesi dalla Corte di merito.
4. In particolare quest’ultima ha ribadito, conformemente al primo giudice ed in linea con al giurisprudenza di legittimita’, che il reato di cui all’articolo 474 c.p. poteva dirsi perfettamente integrato alla luce degli accertamenti in ordine alla falsita’ del marchio, riferiti dai verbalizzanti.
5. Le valutazioni effettuate dalla Polizia giudiziaria, in particolare dai Carabinieri del Nucleo antisofisticazioni, in ordine alla falsita’ del marchio, sono state correttamente apprezzate dal giudice di merito e poste a fondamento della pronuncia di condanna trattandosi di testimonianze provenienti da soggetti ai quali, a causa della speciale condizione di soggetti qualificati, per le conoscenze che derivano loro dalla abituale e specifica attivita’, non puo’ essere precluso di esprimere apprezzamenti, essendo questi inscindibili dalla deposizione sui fatti stessi (Sez. 2, n. 44326 del 16712/2010 rv. 249180; Sez. 3, n. 29891 del 13/5/2015 rv. 264444).
6. Quanto poi alla integrazione del reato di falso ed alla inidoneita’ del prodotto a trarre in inganno la pubblica fede per la macroscopicita’ della contraffazione, la Corte d’appello, correttamente, ha ritenuto, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, che la contraffazione rilevata dai verbalizzanti, dotati di particolari conoscenze, non appariva affatto grossolana ovvero inidonea trarre in inganno una persona di media esperienza e diligenza, circa la provenienza degli oggetti in commercio, posto che il reato tutela la fede pubblica intesa come affidamento della collettivita’ nei marchi e segni distintivi e quindi l’interesse non solo dello specifico compratore occasionale, ma della generalita’ dei possibili destinatari dei prodotto oltre che delle imprese titolari dei marchi e dei segni contraffatti a mantenere certa la funzione distintiva e la garanzia di provenienza dei beni in commercio (Sez. 2, n. 44297 del 5/12/2005; Sez. 5, n. 31451 del 21/9/2006; Sez. 5, n. 33324 del 11/8/2008, rv. 232769).
7. In ultimo con riferimento alla violazione di legge (articolo 474 c.p.) per il mancato accertamento circa l’effettiva registrazione del marchio asseritamente contraffatto, la Corte di merito, in linea con la giurisprudenza di legittimita’ che il Collegio condivide, ha ritenuto che ai fini della integrazione del reato, fosse sufficiente l’idoneita’ della falsificazione a ingenerare confusione con riferimento non solo al momento dell’acquisto, ma anche alla successiva utilizzazione, poiche’ ai fini della configurabilita’ del reato di commercio di prodotti con segni falsi e’ sufficiente e necessaria, l’idoneita’ della falsificazione a ingenerare confusione, a nulla rilevando che il marchio, se notorio, risulti, o non, registrato, data l’illiceita’ (Sez. 5, n. 40170 del 15/10/2009 rv. 244750).
8. All’inammissibilita’ del ricorso consegue per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500,00.
P.Q.M.

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