Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 16 settembre 2016, n. 38501

La circostanza attenuante del fatto di speciale tenuità prevista dalla legge 633/1941 (con il nuovo articolo 171-ter, comma 3) è incompatibile con la fattispecie di reato prevista dallo stesso articolo, al comma 2, lettera a). Infatti, quest’ultima norma prevede una pena più grave quando il numero dei supporti abusivamente detenuti per il commercio è superiore alle cinquanta unità

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 16 settembre 2016, n. 38501

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMORESANO Silvio – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04-06-2014 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Vito Di Nicola;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente al capo a) ed al capo b) perche’ estinti per prescrizione, e con rinvio per la determinazione della pena;
udito per il ricorrente l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Catania ha confermato quella del Tribunale che, a seguito di giudizio abbreviato, lo aveva condannato, concesse le attenuanti generiche e con la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di mesi 3 di reclusione ed Euro 400,00 di multa per il reato di cui alla L. 22 aprile 1941, n. 633, articolo 171 ter, lettera c) per aver posto in commercio un rilevante numero di copie di supporti riproducenti opere cinematografiche ed audiovisive abusivamente duplicate e prive di contrassegno Siae.
2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza il ricorrente solleva due motivi di impugnazione, qui enunciati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione della legge penale e il vizio di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in ordine alla sussistenza del reato di cui alla L. n. 633 del 1941, articolo 171 ter, lettera c).
Sostiene come non fosse stato accertato se i dvd oggetto di contestazione contenessero o meno opere cinematografiche o audiovisive ovvero se si trattasse di dischetti semplicemente vuoti oppure privi di contenuto, non essendo rilevante l’ammissione dell’imputato posto che l’intendimento di esso era solo quello di ammettere di operare quale venditore abusivo (privo di licenza) e cio’ comunque non risolverebbe la questione relativa al mancato accertamento del contenuto dei supporti, sul rilievo che un conto e’ vendere abusivamente dei dischetti vuoti e l’altro vendere supporti effettivamente contenenti riproduzioni di opere cinematografiche o opere musicali.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione della legge penale e il vizio di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione alla L. n. 633 del 1941, articolo 171 ter, comma 3.
Osserva che il disconoscimento della diminuente invocata con i motivi di gravame sarebbe immotivato ed illegittimo sull’esatto rilievo che l’istituto sarebbe incompatibile con l’aggravante “del numero superiore a cinquanta delle copie”, laddove sarebbe di tutta evidenza l’erroneita’ della decisione sul punto, atteso che la circostanza aggravante del superamento di cinquanta copie non e’ stata formalmente contestata. In ogni caso, tenuto conto delle concrete modalita’ di attuazione della condotta, dell’occasionalita’ della stessa, del valore economico esiguo dei supporti sequestrati, nei motivi a delinquere del ricorrente (in condizioni economiche disperate), dell’ottima condotta mantenuta da quest’ultimo nell’immediatezza del fatto non pare dubbio che il fatto fosse da qualificarsi di particolare tenuita’ nella sua complessiva evoluzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.
2. Quanto al primo motivo, i Giudici del merito, con accertamento di fatto logicamente ed adeguatamente motivato e pertanto insuscettibile di sindacato in sede di legittimita’, hanno ritenuto che il ricorrente avesse posto in vendita il materiale illecitamente detenuto e costituito da un rilevante numero di copie (150) di supporti magnetici riproducenti opere cinematografiche ed audiovisive abusivamente duplicate.
A tale conclusione, la Corte d’appello, in conformita’ al medesimo approdo cui e’ giunto il tribunale, e’ pervenuta sulla base delle ammissioni dell’imputato, sulla base del fatto che questi aveva esposto ai passanti su una “bancarella” la merce posta in commercio, sulla base della contraffazione delle copertine identificative delle singole opere abusivamente riprodotte e sulla base delle modalita’ della condotta.
Il ricorrente ha obiettato di non aver confessato il fatto ma esclusivamente di aver ammesso di operare quale venditore abusivo ed ha contestato che fosse stato eseguito un accertamento sul contenuto dei supporti informatici per stabilire se gli stessi contenessero opere cinematografiche o audiovisive abusivamente riprodotte.
Quanto al primo rilievo, va osservato che esso e’ meramente assertivo e non rispetta il requisito dell’autosufficienza, posto che entrambe le sentenze del merito hanno fatto leva sulla piena ammissione dell’addebito eseguita dall’imputato, corroborata dalle modalita’ di accertamento del fatto e di estrinsecazione alla condotta (supporti informatici posti in vendita su una bancarella, copertine identificative contraffatte, mancanza del contrassegno Siae, rilevante numero dei supporti detenuti per la vendita).
Tale ultimo aspetto rende, peraltro, inconsistente anche il secondo rilievo, dovendosi considerare che il Giudici del merito hanno fatto leva anche sugli accertamenti espletati dagli organi di polizia giudiziaria, i quali hanno in proposito concluso per l’abusiva duplicazione dei DVD posti in commercio dal ricorrente. E’ vero che, come si evince dal testo della sentenza impugnata, i militari operanti non hanno specificato le ragioni in base alle quali sono pervenuti alla conclusione di ritenere la merce abusivamente riprodotta, ma e’ anche vero che l’imputato, avendo scelto il rito abbreviato, ha accettato che tale acquisizione fosse utilizzabile come prova nel processo e i Giudici del merito ne hanno tenuto conto unitamente agli ulteriori elementi (ammissioni dell’imputato; modalita’ della condotta; numero dei supporti; contraffazione delle copertine; mancanza del contrassegno Siae, elemento, quest’ultimo, valorizzato non in se’ ma dal punto di vista meramente indiziario; situazione di tempo e di luogo della messa in commercio dei DVD) per giungere alla conclusione di ritenere, con logica ed adeguata motivazione, la responsabilita’ dell’imputato al di la’ di ogni ragionevole dubbio.
Il primo motivo e’ pertanto manifestamente infondato.
3. Anche il secondo motivo e’ inammissibile per manifesta infondatezza.
Sebbene i Giudici del merito non ne abbiano tenuto conto ai fini della qualificazione giuridica, non vi e’ dubbio che, in punto di fatto, sia stato contestato all’imputato il fatto di aver illecitamente ed abusivamente riprodotto oltre 50 copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi, tanto sul rilievo che nel capo di imputazione e’ stata letteralmente indicata la detenzione di 150 DVD.
La giurisprudenza di legittimita’ e’ orientata nel senso di ritenere che la fattispecie di cui alla L. n. 633 del 1941, articolo 171 ter, comma 2, lettera a), non configura una circostanza aggravante dei fatti di cui al comma 1 dello stesso articolo, ma integra una figura autonoma di reato, essendo identificata con elementi materiali e psicologici del tutto diversi e comunque non sovrapponibili con quelli previsti nelle lettere da a) a h) del predetto comma 1 (Sez. 3, n. 13844 del 12/02/2008, Di Martino, Rv. 239691).
In ogni caso, la circostanza attenuante del fatto di speciale tenuita’ prevista dalla L. n. 633 del 1941, articolo 171 ter, comma 3, e’ incompatibile con la fattispecie di reato prevista dalla L. n. 633 del 1941, articolo 171 ter, comma 2, lettera a), ivi contemplandosi infatti una pena piu’ grave quando il numero dei supporti abusivamente detenuti per il commercio e’ superiore alle cinquanta unita’ (Sez. 3, n. 9688 del 24/02/2011, Cheikouna, Rv. 249650).
Ne consegue che non ha alcun fondamento la doglianza con la quale il ricorrente ha reclamato l’applicabilita’ della circostanza attenuante prevista dalla L. n. 633 del 1941, articolo 171 ter, comma 3, in base alla quale la pena e’ diminuita se il fatto e’ di particolare tenuita’ perche’ il superamento di cinquanta esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi approfondisce il tipo di illecito, connotandolo con aspetti di accentuata gravita’, logicamente incompatibili con l’attenuante della speciale tenuita’ del fatto.
Ne’ il Collegio ravvisa gli estremi per una verifica circa l’applicabilita’ della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., introdotta con il Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 18 marzo 2015 ed entrato in vigore il successivo 2 aprile 2015) e la cui operativita’ non e’ preclusa anche quando la legge prevede la particolare tenuita’ del danno o del pericolo come circostanza attenuante (articolo 131 bis c.p., u.c.).
E’ vero che l’istituto della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, previsto dall’articolo 131 bis c.p., avendo natura sostanziale, e’ applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione, in applicazione dell’articolo 2 c.p., comma 4, e articolo 129 c.p.p., e’ deducibile e rilevabile d’ufficio ex articolo 609 c.p.p., comma 2 anche nel caso di ricorso inammissibile (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266593) e, tuttavia, essa non e’ rilevabile nel giudizio di legittimita’, a norma dell’articolo 609 c.p.p., comma 2, ove non ricorrano le condizioni per l’applicabilita’ dell’istituto (Sez. 3, n. 21474 del 22/04/2015, Fantoni, Rv. 263693).
Nel compiere tale valutazione, la Corte di cassazione deve fondare la propria decisione sul testo della sentenza impugnata e sugli atti processuali non sottratti alla cognizione del giudice di legittimita’ e, laddove rilevi elementi indicativi della gravita’ dei fatti addebitati all’imputato, incompatibili con un giudizio di particolare tenuita’ degli stessi, non deve procedere all’annullamento della sentenza impugnata.
Nel caso di specie, premesso che nei motivi di appello la particolare tenuita’ del fatto era fondata esclusivamente sul modico valore economico dei supporti illecitamente detenuti (elemento, da solo, del tutto insufficiente per radicare l’applicabilita’ della causa di non punibilita’ ex articolo 131 bis c.p.), la recidiva reiterata contestata e il triplo dei supporti detenuti, rispetto all’ipotesi di reato meno grave ritenuta in sentenza, escludono che il fatto possa ritenersi di particolare tenuita’ e pertanto essere sussunto nell’ambito della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., il che esime la Corte di cassazione di investire il Giudice del merito circa la verifica in ordine alla sua sussistenza.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

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