Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 19 gennaio 2017, n. 1363

Ben puo’ il giudice del merito, senza con cio’ incorrere in alcun vizio logico, rigettare la proposta domanda ex articolo 844 c.c., per la cospirante convergenza di una duplice ragione giustificativa, sia perche’ i rumori e le immissioni non raggiungono il limite della intollerabilita’, sia perche’ manca la prova sulla esistenza del patito danno

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 19 gennaio 2017, n. 1363

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto nello studio dell’Avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 123/2013 in data 29 gennaio 2013;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 30 novembre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. (OMISSIS);

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso, condanna aggravata alle spese e statuizione sul contributo unificato.

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato il 21 novembre 2009, (OMISSIS), proprietario di un appartamento sito nello stabile condominiale di (OMISSIS) e residente nello stesso, conveniva in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo la cessazione delle attivita’ rumorose provenienti dall’appartamento dei convenuti, sito nel medesimo condominio, e il conseguente risarcimento del danno.

Si costituivano i convenuti, resistendo.

Il Giudice di pace di Pescara, con sentenza in data 1 marzo 2011, accoglieva la domanda e condannava i convenuti al risarcimento dei danni ex articoli 844 e 2043 cod. civ., quantificati in Euro 1.000.

Il Giudice rilevava che i testi avevano riferito dell’esistenza di rumori dovuti ai lavori di ristrutturazione nell’appartamento di proprieta’ dei convenuti, protrattisi dal giugno 2008 al settembre 2009; quanto al danno lamentato, lo riteneva provato, sul rilievo che in materia di immissioni sonore, di vibrazioni e di scuotimenti atti a turbare il bene della tranquillita’ nel godimento degli immobili adibiti ad uso di abitazione, il danno e’ in re ipsa e va valutato con prudente apprezzamento, tenuto conto delle particolarita’ riferentisi alla situazione concreta, al regolamento condominiale e a quello comunale.

2. – Il Tribunale di Pescara, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 29 gennaio 2013, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni e ha condannato il (OMISSIS) al pagamento delle spese del doppio grado.

Il Tribunale ha ritenuto che, quantunque dimostrata la sussistenza di un’attivita’ rumorosa, non ne e’ stata provata l’effettiva intollerabilita’ e, soprattutto, non e’ stato dimostrato un danno risarcibile.

In ordine al primo rilievo, il Tribunale ha ritenuto implausibile che i lavori di demolizione – i soli implicanti l’uso di strumenti particolarmente rumorosi – si siano protratti per il lasso temporale (oltre un anno) indicato dal (OMISSIS), tanto piu’ che nessuno dei restanti condomini se ne era lamentato; ed in tal senso ha ritenuto non del tutto convincenti le prove testimoniali valorizzate dal giudice di primo grado.

In ogni caso, e quanto al secondo e piu’ decisivo profilo, il Tribunale ha osservato che il pregiudizio lamentato era stato allegato in modo assai generico dal (OMISSIS) (il quale aveva accennato in citazione ad effetti negativi sulla salute e sulla vita di relazione) ed a tale indistinta allegazione non aveva poi fatto seguito alcuna precisazione, tanto meno sul piano probatorio, dovendosi escludere la sussistenza di un danno non patrimoniale risarcibile in re ipsa. Nel caso di specie – ha affermato conclusivamente il Tribunale – non solo gravita’ e serieta’ del danno non trovano riscontro concreto, ma e’ carente la stessa deduzione specifica di una incidenza delle immissioni rumorose sulla vita di relazione del (OMISSIS) tale da determinare un danno serio e grave.

3. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale il (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 luglio 2013, sulla base di tre motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

In prossimita’ dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 844 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ difetto assoluto di motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere il Tribunale erroneamente disatteso il principio dispositivo sotteso alla stessa norma, avendo obliterato il regolamento condominiale e con esso la concreta disciplina convenzionale dei rapporti fra condomini, disciplina la cui osservanza avrebbe dovuto essere ritenuta prevalente rispetto al divieto codicistico e a suoi parametri di individuazione. In particolare, il ricorrente si duole della ritenuta insussistenza di immissioni superiori alla normale soglia di tollerabilita’, pur in presenza di un’accertata violazione del regolamento condominiale che prescriveva il divieto di attivita’ rumorose dalle 14.00 alle 16.00.

1.1. – Il motivo e’ inammissibile.

La censura non tiene conto del fatto che il giudice del merito, con congruo e ponderato esame delle risultanze processuali, ha escluso che il dato probatorio testimoniale sia univoco nell’acclarare che vi siano state, nell’occasione dei lavori in questione, immissioni rumorose, anche negli orari pomeridiani dedicati al riposo delle persone, tali da eccedere la normale tollerabilita’.

Anche la’ dove denuncia una violazione e falsa applicazione di norme di legge, il ricorrente denuncia in effetti un malgoverno delle risultanze probatorie. Sennonche’, nella specie e’ applicabile, in considerazione della data di pubblicazione della sentenza gravata, il nuovo dettato dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Proprio a seguito della riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., ed al fine di chiarire la corretta esegesi della novella, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte che, con la sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, hanno statuito che la disposizione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, ed e’ solo in tali ristretti limiti che puo’ essere denunziata la violazione di legge, sotto il profilo della violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Nella fattispecie, atteso il tenore della sentenza impugnata, deve escludersi che ricorra un’ipotesi di anomalia motivazionale riconducibile ad una delle ipotesi che, come sopra esposto, in base alla novella consentono alla Corte di sindacare la motivazione.

Il motivo di ricorso neppure considera che il Tribunale ha ritenuto tardivi i richiami, avvenuti soltanto in comparsa conclusionale, alla violazione degli articoli 18 del regolamento condominiale e 35 del regolamento comunale, tali richiami non rintracciandosi nell’atto introduttivo e neppure in atti successivi: e su questo punto non c’e’ specifica impugnazione.

2. – Il secondo mezzo lamenta “intima contraddittorieta’ della motivazione reiettiva rilevante ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, in merito alla richiesta risarcitoria, pur disattesa, nella misura in cui il Tribunale ha speso invano argomenti senza finalita’ alcuna, perche’ inseriti in un contesto probatorio ritenuto insufficiente e quindi disatteso (mancata prova della intollerabilita’ dei rumori ai sensi dell’articolo 844 c.c.)”.

2.1. – Non sussiste la lamentata contraddittorieta’, perche’ ben puo’ il giudice del merito, senza con cio’ incorrere in alcun vizio logico, rigettare la proposta domanda ex articolo 844 c.c., per la cospirante convergenza di una duplice ragione giustificativa, sia perche’ i rumori e le immissioni non raggiungono il limite della intollerabilita’, sia perche’ manca la prova sulla esistenza del patito danno.

3. – Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2059 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere il Tribunale erroneamente escluso la risarcibilita’ del danno esistenziale in esito a lesioni di beni della vita di rilevanza costituzionalita’ quali la tranquillita’, la quiete ed il riposo quotidiano delle persone.

3.1. – Il motivo e’ inammissibile.

Invero, essendo stato dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, con cui e’ stata censurata la statuizione che ha escluso la prova del superamento della normale tollerabilita’ dei rumori, e rigettato il secondo motivo, attinente alla dedotta contraddittorieta’ della motivazione, il ricorrente e’ privo di interesse allo scrutinio del presente motivo, con cui ci si duole che non sia stato riconosciuto un danno esistenziale risarcibile.

Infatti, quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimita’, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi (nella specie: mancanza di prova dell’intollerabilita’ delle immissioni e mancata deduzione specifica di una incidenza di rumori sulla vita di relazione tale da determinare un danno serio e grave), ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perche’ possa giungersi alla cassazione della stessa e’ indispensabile non solo che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate; ne consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta (Cass., Sez. 3, 24 maggio 2006, n. 12372).

4. – Il ricorso e’ rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Diversamente da quanto sollecitato dal pubblico ministero, non vi e’ luogo a condanna a titolo di responsabilita’ aggravata, non constando che il ricorrente abbia agito con dolo o con colpa grave o con abuso dello strumento impugnatorio.

5. – Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 1.500 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

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